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Il premio Oscar a Daniel Blumberg è la vittoria della dedizione artistica senza compromessi

La colonna sonora di “The Brutalist” di Brady Corbet è un bellissimo esempio di coraggio e costanza: ripercorriamo la storia dell’artista con una reazione a caldo dell’amica Marta Salogni

Autore Tommaso Toma
  • Il3 Marzo 2025
Il premio Oscar a Daniel Blumberg è la vittoria della dedizione artistica senza compromessi

Daniel Blumberg, foto di Brady Corbet

Daniel Blumberg, che stanotte ha trionfato agli Oscar 2025 (qui la lista dei vincitori) per la miglior colonna sonora per The Brutalist di Brady Corbet, rappresenta lo spirito libero che un artista dovrebbe portare sempre con sé. Gli inglesi direbbero: uncompromisingly free. La sua cifra stilistica è improntata alla creatività più espressiva e al dialogo costante, anche con le altre arti. E la vittoria della statuetta più prestigiosa del cinema è, se lo si vede da una certa prospettiva, solo uno step – magnificamente piacevole – della propria ricerca.

Daniel Blumberg, dagli esordi indie agli Oscar

Daniel, classe ’90, esordisce ancora ai tempi del college con una band che rispecchia nel sound tutto lo zeitgeist della scena indie metà anni Zero, fatto di melodie catchy e un cantato frenetico, secondo la lezione degli Arctic Monkeys. Il primo singolo The next untouchable, che uscì a inizio del 2007, fruttò subito alla band un contratto con la XL, l’etichetta dei White Stripes. Diremmo un inizio con il botto. Poi però, dopo un solo un album, lo scioglimento. La realizzazione del sogno adolescenziale di diventare indie star era, con ogni probabilità, avvenuta troppo presto. Non va neanche troppo bene la seconda avventura con gli Yuck. Il loro l’esordio del 2011 è un lavoro dignitoso, ma troppo derivativo, tra citazioni dei Pavement e Dinosaur Jr., la band rasenta il quasi anonimato, con un piccolo seguito inossidabile che crede fermamente nei principi dell’etica indie.

Il fermento creativo del Café Oto di Londra e i disegni “a punta d’argento”

Ma la creatività di Daniel Blumberg non si cristallizza su quel mondo musicale. Entra in contatto con la comunità di artisti che frequentano un luogo fondamentale a Londra per la sperimentazione e l’improvvisazione: il Café Oto, un luogo delizioso, a dir poco romantico e bohemien, dove si osa totalmente. In questo contesto creativo Daniel trova la sua nuova strada e si diverte anche creando musica firmandola addirittura The Blumbergs, coinvolgendo membri della famiglia e amici, come la produttrice (e nostra premiata ai Billboard Women In Music), Marta Salogni. Finalmente escono anche i primi lavori da solista dal 2018 per la Mute Records di Daniel Miller, da sempre molto sensibile al coraggio artistico.

Con Minus, l’album di debutto da solista, Daniel Blumberg si pone tra le voci contemporanee più uniche della Gran Bretagna e ambisce al titolo di modern classic. (Piccolissima curiosità che svela un futuro scenario per Daniel: il video che accompagna Minus è girato da David Jancsó, montatore di Brady Corbet).

Ma il nostro non si muove solo sul perimetro musicale, e si nutre anche di altre forme di espressività creativa, come per esempio il disegno, che da sempre Blumberg realizza con una peculiare tecnica detta “a punta d’argento”, un antico metodo usato dai disegnatori e del quale uno dei grandi maestri fu Albrecht Dürer. Una tecnica imparata ai tempi della frequentazione della The Royal Drawing School di Londra che Daniel ha fatto totalmente sua. Le opere sono spesso piccole dimensioni con un taglio quasi fanciullesco e riflettono la sua continua riflessione nel sé di Blumberg come artista, musicista e persona. I suoi disegni fungono dunque spesso da diario visivo, diagrammi della sua vita. La pratica del disegno è un’ossessione per Blumberg, ci lavora quasi ininterrottamente e spesso sono presenti nelle copertine dei suoi lavori da solista.

Le colonne sonore

Prima di arrivare all’Oscar per la composizione del film The Brutalist di Brady Corbert, l’unica colonna sonora di Daniel Blumberg per un lungometraggio è The World to Come di Mona Fastvold, che gli è valsa immediatamente un premio Ivor Novello. E proprio con Fastvold, sua compagna nella vita, Corbet scrive The Brutalist. Il film è dedicato alla memoria di Scott Walker, che ha composto le musiche dei precedenti film di Corbet. E il legame con Walker lo si trova nelle sonorizzazioni di Blumberg. Se ascoltate il movimento apocalittico e denso di The Storm nella colonna sonora di The World to Come, noterete che sono gli stessi timbri che usava il tardo Scott Walker nei suoi lavori.

Ma nella colonna sonora composta per The Brutalist l’artista inglese compie qualcosa di diverso a tratti anche didascalico – come fare riferimento alla golden age del jazz – per descrivere New York. Non mancano i passaggi scuri, densi e abrasivi per trasmettere il tormento interiore di Tóth. Alcuni critici hanno anche paragonato questo lavoro di Blumberg a quello di Mica Levi, un’altra giovane compositrice d’avanguardia britannica che ha spesso lavorato con un altro talento del cinema come Jonathan Glazer.

Le parole di Marta Salogni

L’abbiamo nominata prima, e sapendo della stima reciproca e dell’amicizia che lega Marta a Daniel, l’abbiamo contattata per farci dare una sua reazione a caldo, che riportiamo per voi. “Sono contentissima di vedere tutti i riconoscimenti che Daniel sta ricevendo per il suo lavoro. Daniel è un artista vero, dedicato all’arte sua e all’arte in cui crede, fino in fondo. La sua dedizione traspare così in maniera naturale, dalla sua musica, parole, ma anche dalle sue decisioni e azioni come artista”.

“Per me è stato sempre di grande ispirazione, sia come persona che come artista”, continua Salogni. “Non manca mai di nominare i suoi collaboratori e condividere i propri successi, mettendo alla luce una comunità di musicisti che spinge verso i limiti la sperimentazione e cerca di definire nuove avanguardie. È una boccata d’aria fresca vedere riconosciuto a livello mondiale un lavoro come il suo, lavoro veramente fatto di dedizione e passione e impegno, senza compromessi. Un trionfo, come giustissimo che sia”.

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