Top Story

Come affiancare davvero un artista: i consigli del vocal coach Pachy

Abbiamo chiesto allo specialista della voce che in questi ultimi anni ha collaborato con artisti del calibro di Olly, Elodie ed Irama, come funziona il lavoro a stretto contatto con i cantanti

  • Il17 Maggio 2025
Come affiancare davvero un artista: i consigli del vocal coach Pachy

Foto di Isoladicarta

Un artista di successo è quasi sempre circondato da un ottimo staff. Non si tratta però di sole abilità tecniche. Oltre alle ovvie competenze che ogni addetto ai lavori dovrebbe possedere nel ruolo che lo porta a stretto contatto con il cantante, dal lavoro creativo a quello tecnico, discografico, manageriale e così via, sono fondamentali anche quelle umane. È necessario avere delle qualità specifiche nel campo comportamentale. Mi permetto di esprimere questo concetto sulla base di un’esperienza del tutto empirica, ma significativa. Il numero di artisti con cui ho lavorato negli ultimi anni è davvero elevato e questo mi ha permesso di entrare in stretto contatto con molti staff, in occasioni e contesti disparati. Ho assistito alla preparazione di Sanremo, ai tour, alla produzione degli album e anche a progetti più estemporanei.

Chi osserva dall’esterno è facile preda dei pregiudizi. Non conoscendo bene i meccanismi interni, quello dell’artista, può sembrare un universo fatto esclusivamente di privilegi. Al contrario, per come si è evoluto oggi questo mestiere, vivendolo dall’interno, è palese la pressione gigantesca che bisogna sopportare. Come si sopporta tutto questo? Se da un lato l’artista deve per forza di cose lavorare duramente su se stesso, il più delle volte non basta. Lo staff ha un ruolo decisivo e può letteralmente fare il bello e il cattivo tempo nel determinare il suo successo o insuccesso. Troppo spesso, purtroppo, le persone ricoprono ruoli per cui sono poco preparate. Capisco che il lavoro si impari anche sul campo ma, se utilizzando un paragone sportivo, non si può pensare di affrontare un campionato di Serie A senza essere pronti tecnicamente, mentalmente e professionalmente.

Un lavoro a tutto tondo

L’artista è la priorità. Quando lavori in questo mondo è lui il centro di tutto. Tutti hanno il sacrosanto diritto di volersi affermare nel proprio ambito (ed è inutile essere ipocriti su questo), ma quando si affianca qualcuno bisogna sempre ricordare che si è tre passi indietro. Il tuo ruolo è contribuire in piccola o grande parte al suo successo. In molte occasioni, invece, ho visto persone perdere completamente la bussola e dimenticare il proprio ruolo. Ogni elemento di uno staff, o ogni professionista, deve conoscere perfettamente la posizione che ricopre e quali sono i territori nei quali può e deve muoversi.

Pesco di nuovo dalla mia esperienza personale che è l’unico metro di giudizio che possiedo. Il mio ruolo è quello di affiancare l’artista in diverse occasioni e di lavorare sia sulla sua voce che sulla gestione dello stress che sono inevitabilmente collegati. Se manca il secondo, ne risente pure la prima. Molto spesso si crea un bel rapporto, anche di grande fiducia. E in quei casi, quando sento il supporto del team dell’artista, il risultato è davvero incredibile.

Al contrario, quando nasce una sorta di competizione lavorativa – o addirittura affettiva – quando non dovrebbe, vista la diversità dei ruoli, può capitare che emerga un certo tipo di atteggiamento da una o più persone del team. Una volontà (spesso inconscia) di allontanare l’artista e di impedirgli di continuare a lavorare con te. Perché? Per la paura che si senta più legato o riconoscente nei tuoi confronti, anziché verso chi lo ha inserito o lavora nello stesso ambito.

La capacità empatica diventa quindi imprescindibile. Almeno dovrebbero possederla in minima parte tutti. Per quanto questo ambiente sia in fin dei conti un business, non possiamo dimenticarci che ruota attorno a materiale umano. L’artista si mette costantemente a nudo, è sotto pressione e sottoposto a giudizio continuo. I social giocano un ruolo determinante. I numeri utilizzati come unico parametro sviliscono l’unicità e l’artisticità, rendendo ansioso chi fa questo mestiere. Viviamo in un mondo che parla sempre meno di bellezza, e sempre e solo di numeri.

Ed è lì che entra in gioco la visione del team: la necessità di trattare l’artista come persona e proteggerlo dalle dinamiche da algoritmo. Ascoltare quello che dice. Accogliere le sue emozioni. Non essere yes men disinteressati. Non essere avidi della luce riflessa che il lavorare con lui ti dona. Perché non bisogna mai dimenticarsi che la musica non è solo intrattenimento. La musica è ciò che salva tante persone. E gli artisti vanno tutelati, preservati e accompagnati.

Articolo di Pachy

Share: