L’audio spaziale di Apple Music spiegato da Pinaxa
Il grande sound engineer è intervenuto nel corso di un incontro aperto al pubblico nella splendida cornice dell’Apple Store di Piazza Liberty durante la Milano Music Week 2023
Come funziona esattamente l’audio spaziale? Qual è la differenza rispetto a mono e stereo? Cosa determina la sensazione di tridimensionalità del suono? A queste domande e ad altre riguardanti la nuova frontiera delle tecniche di registrazione e riproduzione della musica, ovvero l’audio spaziale, ha cercato di rispondere un appuntamento della Milano Music Week 2023 con il grande sound engineer Pino “Pinaxa” Pischetola avvenuto venerdì 24 novembre presso l’Apple Store di Piazza Liberty.
Pinaxa ha ormai dimestichezza con l’audio spaziale. Per esempio ha realizzato la versione Dolby Atmos de La Voce del Padrone di Franco Battiato in occasione del quarantennale dell’album, così come quella di Souvenir, l’ultimo album di Emma (anche lei presente all’incontro: «Nel cambiamento ho sempre visto qualcosa di positivo», dice. «Quando mi dicono “sei cambiata” io non mi offendo, anzi. Se le cose non cambiassero non saremmo qui a parlare di Dolby Atmos e audio spaziale. I cambiamenti sono fondamentali per il lavoro e la crescita personale di tutti»). Entrambi i lavori in audio spaziale sono disponibili su Apple Music.
Tuttavia, osserva Pinaxa all’incontro di Apple Music, quello dell’audio spaziale è un mondo ancora tutto da esplorare: «In questo momento ci troviamo un po’ nella stessa fase del 1965, quando si cominciava a sperimentare con i dischi in stereofonia».
L’arrivo della tecnologia Dolby Atmos
La tecnologia Dolby Atmos arriva dal cinema, dove è usata dal 2012. Nel 2019 ci sono stati i primi esperimenti di musica in audio spaziale. «Mi hanno invitato a una fiera in America dove mi hanno fatto ascoltare Rocket Man di Elton John in audio spaziale», racconta Pinaxa. «Immediatamente mi sono detto: “Qui c’è qualcosa di nuovo e di potente che non avevo mai sentito prima”».
Continua: «Nei primi mesi della fase di lockdown ho pensato che dovessimo inventarci qualcosa di nuovo, e mi è tornato in mente quell’ascolto fatto al NAMM l’anno prima. La Universal mi propose di lavorare al quarantennale de La Voce del Padrone. Così ho riprogettato totalmente il mio studio per fare una sala in Dolby Atmos. Le reazioni furono molto positive: questo mi ha dato la spinta per andare avanti».
Come funziona l’audio spaziale
I mezzi per ascoltare la musica, a livello di formato di riproduzione, fino a poco tempo fa erano due: mono e stereo. Fino a metà degli anni ’60, quasi tutti i dischi venivano registrati, mixati e stampati in mono. «Vuol dire che tutto quanto esce da un solo altoparlante, che sia un giradischi o la radio della macchina», spiega Pinaxa. «Verso la metà degli anni ’60 cominciò a diffondersi lo stereo, cioè l’idea di mettere due altoparlanti, uno a sinistra e uno a destra. Se voglio far sentire un suono più a sinistra o più a destra potrò farlo, se lo voglio far sentire in mezzo lo farò uscire da entrambi».
Anche quando arrivò la tecnologia stereo, ricorda Pinaxa, molti avanzarono dubbi sulle reali possibilità di diffusione di massa. Peraltro i esperimenti di dischi in stereofonia oggi paiono bizzarri: magari hanno le voci solo da una parte e la batteria tutta dall’altra. Poi, verso i primi anni ’70, lo stereo è diventato lo standard della registrazione: chi lavorava in studio e faceva i dischi li pensava già in stereofonia.
«A parte piccoli esperimenti con l’audio surround o quadrifonico, la vera grande evoluzione c’è stata con l’audio spaziale», dice Pinaxa. «Sfruttando la tecnologia Dolby Atmos, l’audio spaziale consente di non mettere più tutto il materiale sonoro nella dimensione frontale destra-sinistra: possiamo metterlo ovunque intorno a noi».
Spiega meglio: «La musica non viene più definita in modo discreto su due canali (destro e sinistro) ma ogni suono diventa quello che chiamiamo un “oggetto”. Immaginiamo una stanza tridimensionale: noi possiamo stabilire se un suono debba andare dietro in alto a sinistra. Il sistema di riproduzione ci darà la sensazione di avere il suono in quel punto».
I tre modi per ascoltare l’audio spaziale
Ci sono tre modi per ascoltare il Dolby Atmos. Il primo è quello in studio, con un impianto home theater con più casse in diverse posizioni. Il secondo è quello della “virtualizzazione”. «Dove non ci sono tutti gli altoparlanti, con sistemi di trattamenti di fase comunque possiamo dare una sensazione di ampiezza su tutti i device», dice Pinaxa. «Anche su un iPhone un brano in Dolby Atmos suona molto più ampio. Se lo disabilitiamo si ha la sensazione che il suono si rimpicciolisca».
Il terzo modo è quello dell’ascolto in cuffia, che sfrutta la tecnica binaurale. «Per natura l’uomo ha la capacità di capire da che parte arrivano i suoni, probabilmente è una cosa ancestrale», continua Pinaxa. «Questo perché il cervello ascolta sempre con due orecchie e riesce a calcolare la minima differenza di tempo con cui il suono arriva alle due orecchie. L’altro fattore è di timbro: il suono arriverà più “scuro” all’orecchio più lontano, perché la testa lo copre. Sfruttando questo principio, simulando elettronicamente con dei micro-ritardi la riproduzione, riusciamo a simulare la sensazione di essere avvolti dal suono».
Il numero di canali dell’audio spaziale
Quando si registra musica, si fa in modo multitraccia. Ogni parte di ogni strumento viene registrata su un canale a parte. Come funziona questo approccio nel caso dell’audio spaziale? «Quando si passa al Dolby Atmos non si fa altro che creare degli “stem”», spiega Pinaxa. «Le singole tracce processate come nel mixaggio stereo vengono passate una per una. Poi posso distribuirle in questo spazio che è la nostra stanza virtuale. Ci sono a disposizione 128 canali. Una volta posizionate le tracce, quando creo il mio master tutte le informazioni di posizionamento verranno scritte e poi si crea il master. È un workflow nuovo che prevede una fase in più ma è molto stimolante».