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Ladies and Gentlemen, vi presento Rosie

L’album di debutto da solista di ROSÉ è un lavoro sofferto e intimo in cui la star delle BLACKPINK mette in mostra il suo lato più fragile. Tra ballate e papabili hit emerge Rosie: una ragazza di 27 anni molto più Bridget che Samantha Jones

Autore Samuele Valori
  • Il5 Dicembre 2024
Ladies and Gentlemen, vi presento Rosie

Foto di Kenneth Cappello

Siamo abituati ad immaginare che per loro sia sempre tutto perfetto e in ordine, come se l’esteriorità sia una rappresentazione fedele di ciò che si smuove dentro. Nel luminoso universo delle BLACKPINK ogni elemento trasmette sicurezza, forza e anche una buona dose di sfacciataggine. Quando i riflettori si spengono subentra la vita di tutti i giorni, fatta di gioie, amori finiti male e serate passate con gli amici a sfidarsi a giochi alcolici. Non appena parte il pianoforte di number one girl ci si rende subito conto che a cantare non è ROSÉ, ma la ragazza di ventisette anni che tutti coloro che la conoscono chiamano affettuosamente Rosie. Per la prima volta la star mostra il suo lato più intimo iniziando proprio dal suo rapporto complicato con la fama e i social media.

«Mi sono resa conto di quanto fossi vulnerabile e dipendente da questo mondo e di quanto desiderassi sentirmi amata e compresa. Odiavo questo aspetto di me stessa» ha rivelato in un’intervista la cantante. Il suo primo album solista, il primo pubblicato da una componente della girl band più ascoltata e seguita al mondo, è il frutto di un duro lavoro, non solo di scrittura e composizione, ma soprattutto a livello personale. Se da un lato è stata affiancata da un fuoriclasse come Bruno Mars, dall’altro per forza di cose ha dovuto fare tutto da sola. Il compito più difficile, ovvero scavare dentro se stessi, non può farlo nessun altro che te.

3 a.m.

Chi è ROSÉ? Ascoltando rosie i fan scopriranno un’artista e una persona molto più vicina a loro. Lei, parlando del suo album, ha consigliato di sentirlo alle tre del mattino, in camera da soli, possibilmente con dei dolcetti da mettere sotto i denti. In 3am viene immediato allora immaginarsi l’artista neo zelandese – coreana mentre canta a squarciagola il ritornello sul divano. Un pop chitarristico esaltante che si protrae per tutto il disco mentre la cantante si sfoga. L’amore, soprattutto quello finito male, è il tema ricorrente. Una sorta di trama secondaria nel macro-filone narrativo.

Nella malinconia sintetizzata di two years, uno dei brani migliori di rosie, ROSÉ si ricollega al singolo GONE del 2021. La relazione di cui parlava allora è finita, ma per due anni quell’amore non muore mai. «It’s been two years and you’re still not gone / Doesn’t make sense that I can’t move on» ripete nei quasi tre minuti. Quella che sembra a tutti gli effetti una trilogia si conclude a metà disco con gameboy, brano nel quale vengono spiegati i motivi della fine della relazione. Una canzone che spacca il disco a metà, caratterizzata da un arpeggio di chitarra ridondante e una melodia accattivante seppure derivativa. Funziona molto meglio not the same che nella veste totalmente acustica riesce a trasmettere meglio l’emotività delle parole con una delle migliori prove vocali dell’intero album.

La svolta avviene con l’irresistibile toxic till the end, non a caso scelta come terzo singolo con tanto di videoclip con Evan Mock (Gossip Girl) diretto da Ramez Silyan (Everybody’s Everything). Tra fuzz, chitarre e tastiere elettroniche sognanti emerge il suo lato rabbioso fino al risolutivo e geniale verso: «Ladies and gentlemen, I present to you: The X».

ROSÉ, la regina della festa

Nella sezione centrale di rosie inizia il party e ROSÉ è protagonista assoluta. La hit pop-rock di successo apt. con Bruno Mars è costruita alla perfezione e posizionata al momento giusto della tracklist. Il gioco alcolico coreano di gruppo, che consiste nel costruire una torre sovrapponendo le mani, segue il brano più R&B ed elegante del disco, oltre che il più breve (purtroppo). In drinks or coffee la voce dell’artista gioca con la sensualità su un ritmo sincopato che ricorda le prove migliori di Billie Eilish.

Come ogni queen che si rispetti, ROSÉ ha il potere di scegliere come e quando far finire la festa e nella seconda parte dell’album decide di lasciare spazio solo alla sua voce. In call it the end torna a parlare dei suoi dubbi, quelli più comuni in cui tutti i suoi fan possono riconoscersi. Le soluzioni possibili per rendere tutto questi in musica sono due: pianoforte o chitarra. In questo caso la scelta ricade sul primo. Il piano è presente anche nella ballatona stay a little longer che stavolta, pur essendo derivativa (impossibile non percepire qualche sfumatura alla Adele), risulta freschissima. Merito del crescendo, della voce sofferta ma comunque giovane di ROSÉ e soprattutto dell’ingresso di chitarra elettrica con un breve assolo nel ponte. È il brano più lungo del disco e non ci sorprenderemmo se sarà uno dei prossimi singoli.

La medesima percentuale di possibilità ce l’ha anche la penultima too bad for us. La cosa che sorprende è che, nonostante l’album prenda a mano a mano sempre più la direzione della ballad, le papabili hit sono diverse. La produzione è studiata, ma ciò che rende ogni brano necessario sono i testi. Un aspetto per il quale fin troppo spesso il K-pop è criticato. ROSÉ qua fa un lavoro encomiabile creando un filo narrativo non privo di colpi di scena.

Rosie

«Now the roses don’t grow here» è uno dei versi più tristi e centrali di too bad for us oltre che di tutto il disco. Proprio sul finale, dopo uno dei momenti più bui e malinconici di rosie, ROSÉ ci regala un finale totalmente opposto. Di colpo degli accordi di chitarra generano un groove calamitante e parte dance all night. È mattina, il sole sveglia l’artista insieme ai two little birds (semicit al classicone di Bob Marley?) che la liberano da tutte le ossessioni. Si sente la mano di Bruno Mars e il buonumore improvviso ha un effetto rigenerante.

Un modo diverso di chiudere un disco sofferto, non c’è dubbio. ROSÉ ha fatto un regalo ai suoi fan. Il più grande che potesse fare. Aprendosi e mostrandosi sorprendentemente fragile con un pop, una scrittura e una voce invece solidissimi, si è avvicinata a chi finora l’ha sempre vista come una star irraggiungibile. E invece ha sorpreso tutti e si è riscoperta Bridget Jones. Ladies and Gentlemen, I present to you: rosie.

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