Top Story

“post mortem” e “Santana Money Gang”: quale dei due è il requiem di un genere?

Il quarto progetto de i cani e il joint album di Sfera Ebbasta e Shiva hanno una cosa in comune: il potere dei loro autori che, in quanto “inventori”, sono gli unici in grado di sancire la rinascita o la fine di un genere

  • Il16 Aprile 2025
“post mortem” e “Santana Money Gang”: quale dei due è il requiem di un genere?

Sfera Ebbasta e Shiva, foto di Andrea Bianchera

Nell’ultima settimana il pubblico italiano si è spaccato più o meno in due. Da una parte gli over 27 forgiati da birre spillate nei circoli ARCI, frustrazione generazionale, precariato, disillusione e inni come Hipsteria e Lexotan che non smettono di ascoltare post mortem, il nuovo album de i cani uscito a sorpresa giovedì. Dall’altra gli under 25 (o probabilmente anche meno, data la difficoltà a cogliere le citazioni – fini a se stesse – ai Club Dogo scambiate invece per scopiazzate a Neima Ezza o Astro) cresciuti col mito della lean e di enormi chain che hanno fatto schizzare SANTANA MONEY GANG, il joint album di Sfera Ebbasta e Shiva, in cima alla Top 50 di Spotify, che mantiene saldamente. Con ben 10 milioni di ascolti solo nelle prime 24 ore di release.

Qualora ci fosse bisogno di specificarlo, a livello di numeri sulle piattaforme il nuovo album del cantautore romano non ha neanche lontanamente concorso con “il mostro finale” – così come i due lo definiscono in SNTMNG – dei trapper milanesi (e possiamo dire con un certo margine di certezza che non avesse nemmeno intenzione di farlo). Eppure ascoltando entrambi i progetti la sensazione è che tra i due, il vero requiem di un genere non sia affatto post mortem.

Cos’hanno in comune “post mortem” e “SANTANA MONEY GANG”?

Ma perché parlare in uno stesso articolo di due dischi così evidentemente diversi, che si rivolgono a due target divergenti e che hanno obiettivi e ragioni antitetiche? In effetti post mortem e SANTANA MONEY GANG si posizionano su due estremi diametralmente opposti. Ma a voler ben vedere tra il quarto progetto de i cani e il joint album di Sfera Ebbasta e Shiva ci sono più punti di contatto di quanto pensiamo. C’entrano infatti un ritorno attesissimo, un passaggio di testimone dal dominio dell’indie a quello della trap avvenuto nel 2016, il ruolo pionieristico che i cani e Sfera Ebbasta hanno avuto nel proprio genere di riferimento. E infine il fatto di essere musica fatta per restare (rispettivamente nelle vite delle persone e in classifica o su TikTok).

Lo “Sparire” de I Cani e l’ascesa di Sfera Ebbasta

È il 2016: dopo aver “inventato” l’indie nel 2011 con quella pietra miliare che è Il sorprendente album d’esordio de I Cani, Niccolò Contessa pubblica il suo ultimo album, Aurora (la cui ultima traccia – Sparire – diventa presagio di quello che sarebbe accaduto nei nove anni successivi), aprendo la strada a quello che verrà poi chiamato it-pop e – allo stesso tempo – passando il testimone a un altro precursore – Sfera Ebbasta, appunto – che da quell’anno in poi insieme a Charlie Charles farà della trap il genere dominante.

Infatti, se dopo l’addio (anzi, l’arrivederci) alle scene di Contessa l’influenza dell’indie durerà tre anni o poco più (raggiungendo il suo momento di massimo splendore proprio quando i cani decidono di defilarsi dalle scene), l’ascesa del genere di Atlanta sembra inarrestabile. Tutti vogliono fare la trap e tutti vogliono farla come Sfera, che col tempo diventa il trend setter più copiato e l’uomo nel mirino più odiato dai moralisti. Il suo mito cresce vertiginosamente, come poche altre volte nel rap italiano. Ma ora il sentimento diffuso è che quello stesso mito stia in qualche modo vacillando.

La trap riesce ancora a stare al passo col mondo che avanza?

Durante gli ultimi concerti nei palazzetti Sfera a detta di molti è apparso poco coinvolto. A sostenere lo show sono infatti perlopiù le hit decennali e intramontabili che fanno il 99% del lavoro. E che probabilmente sortirebbero nel pubblico lo stesso effetto a prescindere dalla presenza o meno del trapper di Ciny. Tanto innovatore quanto monolitico e immutabile nel suo essere artista. Certo, il suo pubblico si rigenera in continuazione e i numeri sono sempre impareggiabili per chiunque (e questo dettaglio non trascurabile qualcosa vorrà pur dire). Ma quanto è sufficiente adagiarsi sul repertorio in una fase – i prossimi anni – in cui il bivio è diventare definitivamente leggenda sul lungo periodo o essere ricordato “solo” come un game changer che ha segnato un decennio?

La combo con Shiva poi, che in SANTANA MONEY GANG gli è nettamente superiore per fame e – lo sappiamo, sembra incredibile – argomenti e stimoli, non gli giova. Anzi. Il suo racconto risulta troppo spesso stantio, poco evoluto, plasticoso (così come le sonorità dell’intero progetto, che non presenta alcun tipo di intuizione o sperimentazione. Niente a che vedere con dischi veramente di rottura come XDVR, Sfera Ebbasta e Rockstar), ai limiti dell’anacronistico per i tempi nefasti che corrono in cui le persone, anche le più giovani, hanno sempre più voglia di narrazioni reali in cui potersi riconoscere. Per rintracciare gli ultimi barlumi di slanci emotivi di Sfera Ebbasta, infatti, dobbiamo tornare indietro a X2VR e a brani come Momenti no e 15 piani.

Niccolò Contessa non è più quello de “Il sorprendente album d’esordio de I Cani”, ed è giusto così

Viene dunque naturale chiedersi se l’appiattimento di Sfera sia una sineddoche per indicare l’appiattimento della trap. Che ormai riesce a trarre un po’ di linfa vitale solo dai ragazzi di seconda generazione (le cui influenze sono sempre meno italiane e americane e sempre più europee) e dai giovani che ancora non hanno raggiunto tutto lo scibile e dunque riescono a non fossilizzarsi sull’edonismo sfrenato.

Lo stesso non si può dire per i cani e post mortem. Se “l’accusa” mossa a Sfera Ebbasta è quella di essere sempre uguale a se stesso da 9 anni a questa parte, quella sferrata a Contessa dal pubblico di affezionati è – al contrario – di non essere più quello de il sorprendente album d’esordio de I Cani (un ribaltamento piuttosto interessante se pensiamo che il pubblico del rap è quello tendenzialmente più restio ai cambiamenti degli artisti). E grazie a Dio.

“post mortem” è un disco che continua a parlare a una generazione

Quanto sarebbe stato fuori tempo massimo tornare dopo nove anni (e dunque con nove anni di vita e di esperienze in più) con un album che parlasse ancora di Vasco Brondi che ci prova con la ragazza di qualcuno appoggiato al muro del Circolo degli Artisti, chi lascia prima chi nelle Coppie, “i dischi, i videogiochi e basta”? E infatti Contessa se ne esce con un disco complesso, stratificato, che non assomiglia a nulla che avesse già fatto, che continua sì a parlare a una generazione, di cui però ha saputo cogliere e interpretare la crescita, e che dà l’estremo angosciato saluto a una società al collasso.

Insomma, un disco perfettamente in linea con lo spazio tempo in cui si trova e che riesce davvero a empatizzare con gli ascoltatori. Una skills che la trap sembra aver perso da un po’ e che deve ritrovare se vuole continuare a mantenere una rilevanza, e non solo sulle piattaforme o su TikTok.

Alla fine però, una cosa in comune post mortem e SANTANA MONEY GANG ce l’hanno. Entrambi sono album creati da artisti che hanno un grande potere: essere gli unici, in quanto genitori, in grado di sancire la rinascita o la fine di un genere. La scelta adesso è in mano a loro. A noi resta solo da capire se vestirci per una festa o per un funerale.

Share: