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“Selected Ambient Works Volume II” di Aphex Twin rimane un elisir per lo spirito

A marzo 1994 usciva il primo capolavoro di Richard D. James, che diede un taglio netto con i suoi lavori precedenti: riscopriamo questo magnifico album

Autore Tommaso Toma
  • Il27 Marzo 2024
“Selected Ambient Works Volume II” di Aphex Twin rimane un elisir per lo spirito

Aphex Twin (fonte: ufficio stampa)

Erano passati più di tre lustri da quando Brian Eno aveva fatto uscire il suo primo album ambient, Music for Airports. Nei primi anni ‘90 la musica ambient stava assumendo un’altra connotazione, la si chiamava “chillout”, termine che ebbe un’origine spazio-temporale precisa: Londra, 1989 nella White Room del club Heaven. Lì Jimmy Cauty dei KLF e Alex Paterson, il “dottore” degli Orb, mescolavano in consolle musica che andava dai vinili di Brian Eno alla musica psichedelica degli anni ’70, passando addirittura da un certo etno-folk fine anni ’60, per creare un’area nei club dove i ragazzi potevano rilassarsi tra un down chimico e uno sforzo eccessivo nel ballare musica a 140 bpm.

La nascita del fenomeno chillout

Il delicato e onirico mondo della musica selezionata nelle chillout areas (che nascevano a inizi anni ’90 in tutta Europa; in Italia le chiamavano “zone di decompressione” e i pionieri furono al Cocoricò Nicoletta Magalotti e Davide Love Calò) era una reazione all’omologazione che da un certo punto di vista la dance stava assumendo, tra le spinte di una techno sempre più aggressiva e di una house music che aveva eliminato le scorie acid.

I DJ più creativi e anticonformisti come Mixmaster Morris, Coldcut, Kevin Foakes non cercavano nuove traiettorie sonore da proporre a una nuovissima generazione di clubber e raver che era esplosa dopo la seconda Summer of love.

Ma proprio tra il 1993 e il 1994 la parola “ambient” ritrovò una sua collocazione nel panorama musicale. Virgin Records lanciò una serie di compilation intitolata A Brief History of Ambient, dichiarando l’estate del 1993 “la stagione dell’ambient”. Moby, il producer americano dal passato hardcore, aveva invece fatto uscire il suo secondo album in studio dal titolo Ambient, un disco che alla fine non è propriamente legato al genere, più un lavoro di techno pacata, tranne alcuni episodi propriamente ambient (J Breas, Bad Days, 80). Moby coglie però perfettamente lo Zeitgeist, la moda delle “zone di decompressione” nelle discoteche, citando la musica minimale di Philp Glass (che stava tornando di moda) e certe ambientazioni bucoliche evocate anche dai DJ ibizenchi al Café del Mar.

L’arrivo sulla scena di Aphex Twin

A sparigliare le carte era però arrivato sulla scena un giovane della Cornovaglia, un autentico outsider che aveva frequentato il Kingston Polytechnic a sud ovest di Londra ed era noto per la sua capacità di “stuzzicare” i suoi sintetizzatori analogici. Collezionava alias come oggi un bambino farebbe con le carte Pokémon: Polygon Window, Caustic Window, Power-Pill, the Dice Man, GAK, Blue Calx, Q -Chastic, AFX, e poi il suo preferito, Aphex Twin.

Con questo nome aveva pubblicato un album, Selected Ambient Works 85-92, che fu il suo debutto integrale. Era tutto fuorché un disco di ambient, anche se conteneva la celestiale Xtal o la malinconica Ageispolis. Prodromi del bellissimo, inarrivabile capolavoro che nel 2024 compie 30 anni: Selected Ambient Works Volume II (R&S, 1994). James, che era andato in giro a suonare proprio con Moby qualche tempo prima, a differenza di Brian Eno, il maestro della musica ambient, predilige le armoniche e applica delle risonanze che sono meno statiche di quelle austere di Eno.

Fino a quel disco, Aphex Twin aveva giocato con il Didgeridoo nell’omonimo brano del 1992 che utilizza per l’appunto quello strumento australiano, aveva flirtato con la house nell’EP Analogue Bubblebath e conil breakbeat e le drum machine in Pulsewidth.

Come scriveva David Toop nel suo libro Ocean of Sound del 1996, il suono di Aphex Twin sembra indirizzarci “verso una persona seria che non è mai stata presa sul serio o verso un burlone che è stato preso sul serio per troppo tempo”.

Selected Ambient Works Volume II vinile

Selected Ambient Works Volume II, un lungo sogno ad occhi aperti 

Proprio in una delle rare interviste con David Toop, Aphex Twin svelò di aver avuto l’ispirazione giusta durante alcuni stati REM. Ovviamente in molti pensammo che questa risposta fosse uno scherzo. In realtà in Selected Ambient Works Volume II, nelle sue 23 tracce (o 24, 25, 26, a seconda del formato e dell’edizione), per lo più senza titolo, si ha spesso la sensazione di fluttuare in una sorta di liquido amniotico, di cercare un punto di equilibrio spostando da un estremo all’altro, da momenti di pura estasi ad altri che sottendono uno stato di attesa.

Per moltissimi fan, me compreso, uno dei brani capolavoro è #3 (conosciuto dai fan come Rhubarb). Ma anche #4 (o Hankie), con i suoi suoni metallici circolari e il canto delle balene. #23 (anche Tassels), è stato registrato su un EMS Synthi, uno dei primi sintetizzatori che Aphex Twin ebbe tra le mani.

Selected Ambient Works Volume II di Aphex Twin èun disco per tutti i tempi, per tutti gli stati d’animo. Questo spiega perché ha avuto un impatto culturale così profondo, facendo da colonna sonora a film e videogiochi e ispirando un intero libro. La sua impronta sulla musica elettronica è vasta e in continua crescita, da Björk a Burial. Un disco meravigliosamente attuale che in epoca di guerre, di esplosioni e spari, ci regala ancora una bolla sonora accogliente e antistress. Riascoltatelo o scopritelo, ne vale lo sforzo.

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