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Sinead O’Connor è morta: la sua importanza nella musica

La cantane irlandese è mancata. Al di là del singolo di Prince che la rese famosa, Nothing Compares To You, ricostruiamo il suo valore nella scena, a partire da un ricordo personale

Autore Tommaso Toma
  • Il27 Luglio 2023
Sinead O’Connor è morta: la sua importanza nella musica

Sinead O'Connor, la cantante a Villa Arconati, foto di Stefano Masselli

Sinead O’Connor è mancata ieri a 56 anni. “È con grande tristezza che annunciamo la scomparsa della nostra amata Sinead. La sua famiglia e i suoi amici sono sconvolti e hanno chiesto di mantenere la privacy in questo momento così difficile”, ha dichiarato la famiglia alla BBC. Noi partiamo da un ricordo personale per cercare di ricostruire la sua importanza nella musica.

L’incontro con Sinead O’Connor

Il mio incontro con Sinéad fu del tutto particolare, non poteva essere altrimenti con un personaggio come lei. Era il 2007 in un albergo di lusso milanese, per la promozione di un suo nuovo lavoro, Theology. L’ufficio stampa mi avvertì: “Mi raccomando entra nella sua suite e non ti spaventare, è tutto buio, la O’Connor vuole tutte le tende chiuse”. La prima cosa che notai, appena varcata la porta, era un forte odore di ganja. Seguendo la voce baritonale di un uomo dall’accento giamaicano, arrivai davanti a un’enorme poltrona di velluto dove lei era seduta. Mi sentivo un po’ come se fossi nella scena del monologo finale di Apocalypse Now. Lei era praticamente calva come il colonnello Kurtz ma a stemperare l’atmosfera contribuiva la ganja passiva e gli occhi sorridenti di Sinéad. Finimmo a canticchiare insieme Rivers Of Babylon. Fu l’unica volta in vita mia che cantai in compagnia di una popstar.

Il meraviglioso album di debutto di Sinead O’Connor

Con quella sua testa calva, gli occhi penetranti e il portamento feroce, la O’Connor aveva fatto la sua irruzione nella scena musicale vent’anni prima di questo mio primo e unico incontro con lei.

Tutto aveva un significato, guardando la Sinéad degli esordi. Alla fine degli anni ’80, nella musica rock dominava un certo machismo e la scena hair metal ispirava le chiome dei giovani. Il suo album di debutto del 1987, The Lion and the Cobra, fu registrato mentre era incinta a 20 anni del suo primo figlio e al posto di presentarsi come una rassicurante neo mamma sfoggiò sin dalla prima foto promozionale la sua attitudine rabbiosamente punk, che però lasciava spazio per un tocco di struggente romanticismo.

Ma al di là di questo aspetto che era un mix tra una terrorista della Baader Meinhof e Giovanna D’Arco, a colpire fu il suo registro vocale. In The Lion And The Cobra Sinéad canta improvvisi acrobatici acuti che sono in sintonia con le sue liriche profondamente intense. Sono canti rock, pieni di una strana sacralità, ci senti dentro il DNA irlandese, le ballate celtiche e quegli esempi di esperimenti canori che succedevano all’epoca ma solo negli ambienti più colti (da Meredith Monk a Laurie Anderson). In quell’album c’ è il rock trascinante di Mandinka, il seducente hip-hop di I Want Your (Hands on Me), intense ballate come Jackie. La sua voce poi si distende anche in marziali filastrocche come in Just Like You Said, e in Troy c’è sullo sfondo persino un’orchestra sinfonica! In quell’album c’era tutto il suo presente e il suo futuro, perché sentivi sin dentro la tua pelle le sue intime confessioni di dolore, vulnerabilità e solitudine.

Il successo negli States e la cover di Prince

Eppure ci si divertiva all’epoca, i remix di Mandinka e I Want Your Hands (On Me), divennero punti fermi per molti DJ. Dopo quell’album arrivò anche il successo negli States ma con un album dove i violenti psicodrammi del debutto scomparirono del tutto, con il successivo, vellutato I Do Not Want What I Haven’t Got (Chrysalis, 1990), un album da cocktail in rooftop di lusso. Rimane però un’altro capolavoro in mano dell’irlandese, una cover offerta dal più grande artista nero dell’epoca, Prince, Nothing Compares 2 U. Interpretazione magnifica che fu accompagnata da un video emotivamente intenso. Ma in quelle immagini Sinéad sembra a disagio. Ancora una volta un segno anticipatore di tutto quello che sarebbe successo dopo.

Il rifiuto dello star system di Sinead O’Connor

La O’Connor si rifiutò infatti di flirtare e ammiccare ai giochetti proposti dall’industria musicale. Difendendo in modo controverso le tattiche a volte sanguinose dell’esercito repubblicano irlandese nelle interviste, scagliandosi contro le cheerleader di lunga data degli U2 e rifiutandosi di esibirsi al Saturday Night Live nel maggio 1990 insieme a il comico Andrew Dice Clay.

Si guadagnò l’ira di Frank Sinatra pochi mesi dopo quando si rifiutò di esibirsi in un locale del New Jersey, quando scoprì che l’inno nazionale sarebbe stato suonato prima di salire sul palco. La mossa indusse alcune stazioni radio a ritirare la sua musica e portò Sinatra a minacciare di “prenderla a calci nel culo”.
La polemica continuò due anni dopo, quando O’Connor comparve di nuovo nel programma SNL, dove cantò una versione a cappella di War di Bob Marley e, con sorpresa per i produttori, fissò la telecamera alla fine della canzone e strappò una foto di Papa Giovanni Paolo II. Lì proferì le celeberrime parole “combatti il vero nemico” come protesta contro l’insabbiamento da parte della chiesa cattolica degli abusi sui minori da parte del clero. O’Connor avrebbe poi affermato di aver subito abusi da bambina.

Quel gesto la segnò per sempre, quella sorta di lettera scarlatta che le venne cucita addosso non si sarebbe mai più tolta. Divenne per i più “quella che strappò la foto del Papa”.

A me piace ricordarla come quella che mi fece cantare Rivers Of Babylon dentro una nuvola di ganja.

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