Sónar, giorno due: non avrai altro Dio al di fuori di Aphex Twin
Protagonista indiscusso del secondo e penultimo giorno di festival, ha regalato al pubblico di Barcellona uno dei set migliori mai portati. Il racconto
Aphex Twin è quel tipo di artista in grado di paralizzare del tutto il sistema di trasporti di una città non propriamente piccola come Barcellona. Appena finito il set di Ryoji Ikeda, di cui parleremo più sotto, interi reggimenti di fanteria clubber hanno preso d’assalto taxi, bus, scooter elettrici e qualsiasi cosa avesse delle ruote per catapultarsi dal Sónar de Día alla Fira Gran Via. Cioè lo spazio fieristico che ospita il Sónar By Night.
Fortuna che tra la fine di Ikeda e l’inizio di AFX c’era più di un’ora di gap. Un intervallo più che sufficiente per uscire, disperarsi per la ressa, cercare di risolvere l’impasse e percorrere con mezzi di fortuna i 15 minuti di macchina tra il punto A e il punto B. La fatica comunque è stata abbondantemente ripagata. Dio si è mostrato ed è stato benevolo coi suoi discepoli.
E per benevolo, intendo che è stato uno dei live più belli di Aphex Twin che io mi ricordi. Al Primavera qualche anno fa l’avevo trovato un po’ spaesato nelle scelte: ieri sera al Sónar ha tirato fuori delle perle allucinanti. Sormontato da un gigantesco cubo LED che trasmetteva i consueti deliri visual di Weirdcore, Richie ha suonato una quantità barocca di edit. A cominciare da Love on a Real Train dei Tangerine Dream o Faith in Strangers di Andy Stott.
La sua sagoma quasi scompariva dietro a quella che pareva la plancia di comando di un incrociatore imperiale. Boati a ripetizione dalla folla, beat anfetaminici, fasci di laser che illuminavano a giorno l’immensa sala di corpi sudati e ammassati uno sopra l’altro. Se non è un’apparizione biblica questa, allora non ho capito nulla di religione (molto probabile).
Qualche ora prima, Ryoji Ikeda aveva stordito il Sónar de Día con un live che si può definire con la seguente parola: perfetto. Al suo solito, il maestro giapponese ha optato per uno schermo gigante alle sue spalle, in modo tale da lasciare solo la sua silhouette nera in contrasto. Mentre le sue animazioni computerizzate dal gusto iper-tech-scientifico narravano le gesta di una civiltà ormai sempre più fottuta dai computer, pericolosissimi droni e bassi in distorsione fendevano l’aria della sala. Tra colpi di cassa che sembravano urti randomici di un’astronave capitata per sbaglio in un fascio di asteroidi. Sì, sto leggendo Asimov ultimamente.
Al Sónar anche Lorenzo Senni
Menzione d’onore per Lorenzo Senni, che ormai da queste parti conosciamo bene. Il suo è stato un live importante, perché si colloca a cavallo tra un ultimo disco ormai del 2020 e un prossimo che immaginiamo uscirà tra non molto. Senza i suoi calci all’aria, saltelli e mosse di karate tra un arpeggione e l’altro sono sempre il valore aggiunto dei suoi set.
Ma il Sónar non è soltanto grandi maestri ormai in giro da più di 20 anni. La quota di musica davvero divertente l’hanno coperta illustri presenze come Shygirl, sempre una garanzia di qualità anche grazie a una presenza scenica devastante, di puro entertainment in chiave girlboss. Anche Cakes Da Killa incredibile, con uno show che è praticamente una ballroom dove un corpo di ballo pazzesco si lancia in virtuosismi di vogueing di cui non hai mai abbastanza. Tipo che lo farei tutti i giorni.
Come ampiamente previsto, il secondo e penultimo giorno di Sónar (il primo ve lo abbiamo raccontato qui) è stato un roller coaster emozionale. Migliore antidoto possibile alla noia atavica della condizione esistenziale. Per riassumere: Richard D. James ti voglio bene.