Taylor Swift ha scritto la storia dei concerti a San Siro
Ieri sera (13 luglio) la popstar numero uno al mondo è approdata a Milano col suo The Eras Tour: tre ore e mezza di spettacolo impeccabile, con una mole di produzione mai vista prima
Era giugno 2023 quando furono annunciate le due date a San Siro del The Eras Tour di Taylor Swift. Un anno intero di hype, condito dagli ormai familiari approfondimenti sulla “Swiftonomics”, dagli articoli su bizzarrie e record registrati all’estero, dai prezzi folli dei biglietti raggiunti negli Stati Uniti, dalle prime evidenze di una migrazione verso Milano da mezzo mondo per vedere il live, dalle fan accampate davanti allo stadio svariati giorni prima.
Il senso di un evento unico
Taylor Swift è arrivata a San Siro con la stessa inesorabilità e potenza travolgente di un temporale estivo. Ma a differenza delle bombe d’acqua che da mesi funestano Milano, la cantautrice dei record ha fatto piovere sullo stadio tre ore e mezza di pop music nella sua massima espressione. Era da tredici anni che Swift non passava dall’Italia e l’attesa è stata ampiamente ripagata, con uno show che – ci sono pochi dubbi al riguardo – verrà ricordato fra i grandi capitoli della storia della musica dal vivo a San Siro, da Bob Marley (1980) e Bruce Springsteen (1985) in poi.
Il senso di assistere a un evento unico nel suo genere è ben chiaro ancora prima di mettere piede dentro lo stadio. La spianata d’asfalto che circonda San Siro è letteralmente riempita di camion della produzione, tutti uguali e ordinatamente parcheggiati uno accanto all’altro dietro apposite transenne. Se ne contano molte decine. È una visione che suscita stupore, una sorta di timore reverenziale e un’idea di grandeur che si fa fisica, tangibile. Mai visto nulla del genere a Milano prima d’ora.
L’opening dei Paramore
L’entrata a San Siro è scorrevole e tutt’altro che caotica. Si ha un primo assaggio della straordinaria varietà del pubblico, in gran parte femminile, con una buona quota LGBT+, con look che vanno dal candore di abiti simil-sposa a un tripudio di paillettes e svolazzi colorati. Soprattutto si sente una Babele di lingue e di accenti: erre francesi, umlaut scandinave, cadenze della East Coast degli Stati Uniti, parlate indiane. C’è letteralmente mezzo mondo.
L’antipasto del concerto è servito con l’energico live dei Paramore, che comincia puntuale alle 18.45. Hailey Williams – capelli biondo platino e maglietta dei Blondie – pare divertirsi un mondo davanti a un San Siro già quasi pieno, che ricambia con affetto la sua grinta. In scaletta, tutte le sfumature della band, dal rock uptempo di Misery Business alla ballad acustica da manuale The Only Exception. Emersi con l’ondata emo rock di metà anni Duemila, i Paramore sono oggi una band matura con una storia solida e – mentre altre band coeve attraversano crisi d’identità più o meno marcate – hanno dimostrato di resistere brillantemente alla prova del tempo. Ad avercene di “gruppi spalla” così.
L’inizio del live di Taylor Swift a San Siro
Poco prima delle 20, l’arrivo tanto atteso è opportunamente anticipato da un countdown sul maxischermo. Al termine del conteggio si apre un varco da cui escono i ballerini uno ad uno con ampi mantelli dalle sfumature di malva e arancione che si librano in aria come enormi petali o ali di farfalla. Al termine di questa sorta di sfilata sulla passerella centrale, si raccolgono al centro, abbassano le “ali” e quando le riaprono appare Taylor Swift, che attacca con Miss Americana & The Heartbreak Prince (dall’album Lover del 2019).
Ci vuole poco tempo a capire il motivo di tutti quei tir parcheggiati fuori dallo stadio: il livello di produzione del The Eras Tour è impressionante. Non sarebbe azzardato paragonarlo ai tour storici dei Pink Floyd o ai picchi più alti del pop anni ’80, da Michael Jackson a Prince.
La band è relativamente compatta (chitarre, tastiera, basso, batteria), anche in senso spaziale (relegata com’è ai margini del palco per la maggior parte del tempo). La differenza la fa innanzitutto l’allestimento del palco, con la lunga passerella che si allarga al centro e alla fine e le sue pedane che si alzano e si abbassano, capaci di innalzare Taylor o di farla scomparire e riapparire in un altro punto del palco. E poi scenografie, visual, materiali di scena, cambi d’abito… Ogni cinque o sei canzoni infatti cambia tutto, e ogni cambio di scena avviene con la rapidità e l’impeccabilità di un meccanismo di orologeria di precisione. Lo show è una poderosa macchina logistica in cui nulla è lasciato al caso.
Le diverse “ere” di Taylor
Per chi non lo sapesse, “The Eras Tour” si chiama così proprio perché ripercorre una ad una – in ordine non necessariamente cronologico – le varie “ere” della carriera di Swift. Un’impostazione che da un lato ha un che di pretenzioso (non parliamo né di mezzo secolo di carriera né di cambi radicali in stile Bowie), ma che dall’altro è funzionale a dare un ordine alle tante anime della musica di Taylor Swift: dal folk degli esordi al super pop di Speak Now e 1989, dalle produzioni massimaliste e audaci di Reputation al ripiego “indie” di Folklore ed Evermore.
Ciascuna “era” è accompagnata da scenografie e visual che ne ricreano il mood. Lover è tutto glitter e colori sgargianti; Reputation è provocazione e sensualità, colori scuri e serpenti minacciosi, una dimensione più vicina all’hip hop, come del resto lo stesso stile di produzione di quell’album, da molti criticato; per gli album gemelli Folklore ed Evermore compare sul palco una casetta di legno con tetto erboso in stile capanna nel bosco. E così via.
Un’emozione che continua a pulsare
Le critiche alle sue evoluzioni stilistiche sono più una cosa – appunto – da critici: il popolo dei Swifties non vede barriere e canta e ondeggia con lo stesso trasporto su tutti i brani in scaletta. A parte la grande festa pop con brani come Shake It Off e Cruel Summer, il massimo dell’intensità è raggiunto con i pezzi più intimi e minimali. San Siro accoglie con un boato l’integrale versione-fiume (dieci minuti) di All Too Well, mentre Taylor non riesce neanche a cominciare Champagne Problems al pianoforte che uno scoppio improvviso di euforia collettiva la costringe a fermarsi per diversi minuti. Si guarda intorno a bocca aperta e sembra realmente senza parole mentre i decibel del pubblico si fanno sempre più alti.
Il pubblico italiano ci tiene a ricambiare l’energia del live e a renderlo una tappa memorabile del The Eras Tour anche per Swift stessa. Lei è consapevole della lunga assenza dal nostro paese (il precedente live fu al Forum di Assago per il tour di Speak Now) e promette: «Non passeranno altri tredici anni per la prossima volta». Anche perché “la prossima volta” è proprio stasera, con la seconda data a San Siro.
I braccialetti luminosi consegnati all’ingresso hanno reso il pubblico parte integrante dello spettacolo, facendo delle tribune di San Siro una sorta di enorme ledwall cangiante. Mentre scriviamo queste righe, continuano a pulsare davanti a noi cambiando colore. Sembrano andare avanti in loop all’infinito, come l’ultimo solco di un vinile o un lunghissimo fade out di una canzone.