Super Bowl: guarda l’Halftime Show da urlo di The Weeknd
La 55esima edizione del Super Bowl è stata illuminata dalla straordinaria performance di Abel, che ha portato il meglio del suo repertorio
A metà del suo set da headliner al Super Bowl LV, con le note di apertura del suo successo I Feel It Coming in sottofondo e i fuochi d’artificio che stanno per illuminare la notte di Tampa, The Weeknd è uscito per un secondo dal personaggio concedendosi una piccola risata e quello che sembra essere un occhiolino alla telecamera. Lo so, sembrava dire. È pazzesco, vero?
Lo è certamente, se ripensiamo al fatto che un decennio fa Abel Tesfaye aveva appena iniziato a registrare mixtape R&B a nord del confine statunitense, con testi (e groove) ancora troppo sporchi per la radio, figuriamoci per un pubblico di 100 milioni di spettatori. All’epoca The Weeknd era volutamente anonimo, ma ora il suo volto (quando non è nascosto dietro le bende) è universalmente riconosciuto quasi quanto le sue canzoni, che includono molti dei più grandi successi degli ultimi 10 anni. Un viaggio sensazionale fino all’apice, non c’è che dire.
Abel come Adam Levine?
Uno di quelli che Abel era più che disposto a rivivere per gli spettatori del Super Bowl, durante un set di 14 minuti in cui ha messo in mostra alcuni momenti salienti del proprio convincente catalogo musicale da hitmaker.
La corsa per il Raymond James Stadium con la sua ormai celebre giacca di paillettes rossa, con le luci da un milione di watt dei video musicali di After Hours che lo guidavano ad ogni svolta, probabilmente costituivano un’anteprima piuttosto buona di tutto quello che The Weeknd rappresenta: uno dei i massimi entertainer della sua generazione.
Con le sue prime due canzoni – dopo che un’intro di Call out My Name lo ha accolto sul palco con un coro di demoni robotici – ha suonato Starboy, il cui pre-ritornello include Abel che ammira la sua ragazza per la sua capacità di sniffare grandi quantità di cocaina, e The Hills, un film horror a sfondo sessuale con il cantante che interpreta allegramente lo slasher. Persino Can’t Feel My Face, il banger pop-funk, suonava più claustrofobico che mai mentre veniva eseguito in un labirinto di luci dietro le quinte, con l’artista alla fine sopraffatto da un banda di doppelganger fasciati.
Ma non importa quanto fosse strana la canzone o la messa in scena, l’energia da showman di The Weeknd non è mai venuta meno, e l’artista si è sempre comportato come se non ci fosse una vera differenza tra lui e Adam Levine che eseguiva a torso nudo Sugar due anni fa. Considerando che tutte e tre quelle canzoni di Weeknd erano anche finite al N. 1 della Billboard Hot 100, forse non c’è davvero.
One man show al Super Bowl
Volendo trovare un difetto alla performance – al di fuori di occasionali problemi di suono – potrebbe essere la mancanza di momenti davvero sorprendenti. Tesfaye ha detto di non aver invitato nessun ospite per il suo Halftime Show perché «non c’era spazio per adattarlo alla narrazione». Dato che l’esibizione era incentrata principalmente sulla sua evoluzione in superstar solista, non c’è da stupirsi. Ma il fatto di non avere nessuno degli artisti che hanno interpretato ruoli secondari di varie dimensioni nella sua ascesa ha forse privato il mini-set un gradito sussulto intermedio. C’è un lungo elenco di artisti – da Drake a Lana Del Rey, da Daft Punk a Kenny G – papabili per un’apparizione. Un’energia diversa dalla monomania per il trademark The Weeknd avrebbe potuto fare molto per il Super Bowl.
I fan di lunga data sono stati affascinati a dovere, con un breve tuffo nella title track di House of Balloons, quote di Siouxsie and the Banshees. Suonata al tempo di una banda musicale con Abel affiancato da un piccolo esercito di “cloni” fasciati come lui, The Weeknd, la canzone ha gradualmente accelerato fino a sfociare in Blinding Lights, esplodendo in un gran finale a cavallo tra Another Brick in the Wall, The Real Slim Shady e un pogo generale. Al Super Bowl si è assistito ad un incredibile trionfo per The Weeknd. E come tutti i suoi 10 anni di carriera, il passaggio è stato più fluido di quanto ti aspetteresti.