Enzo Mazza (FIMI): «Attenzione, per la musica il 2021 sarà peggio del 2020»
Secondo il CEO della Federazione Industria Musicale Italiana, le difficoltà economiche delle aziende che operano nel settore della musica sarebbero tutt’altro che passate. Per questo l’anno che abbiamo davanti sarà cruciale
«Ve lo dico: il 2021 sarà molto peggio del 2020». È la fosca previsione fatta da Enzo Mazza, CEO di FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) nel corso del webinar “Il rilancio delle industrie dello spettacolo passa dal Recovery Fund: proposte per la ripartenza dopo la pandemia”, organizzato da Assomusica e trasmesso in streaming oggi, venerdì 29 gennaio.
La previsione di Enzo Mazza
Secondo Mazza, i problemi economici che le aziende dell’industria musicale devono affrontare sono tutt’altro che passati. «Pensiamo ai diritti d’autore, che hanno tempistiche diverse da quelle tradizionali. L’impatto principale del mancato versamento di diritti nel 2020 sarà nel ’21. Quindi ci sono aziende che avranno conseguenze devastanti. Inoltre il mondo dello spettacolo dal vivo chiaramente non potrà riprendere prima di molto tempo. Nelle call internazionali ci viene detto chiaramente che i grandi tour mondiali non partiranno prima del 2022».
Altro nodo da sciogliere è quello legato alle professionalità del comparto live. I tecnici degli spettacoli dal vivo stanno iniziando a spostarsi verso settori in grado di garantire l’attività lavorativa. Con potenziale grande danno per promoter e artisti. «Stiamo perdendo professionalità fondamentali che non si possono ricostruire in tempi brevi», ha osservato il CEO di FIMI. «Se andranno disperse, ci troveremo con una filiera devastata da questo aspetto occupazionale. Quindi bisogna fare in modo di “trattenere” queste persone, sostenendole: noi l’abbiamo fatto con i fondi Scena Unita e Spotify Covid-19 Sosteniamo la Musica».
I modi per contenere la crisi dell’industria musicale sarebbero essenzialmente due: «Mantenere ancora interventi di emergenza, che saranno necessari per tutto l’anno; e iniziative sul fronte del tax credit o altre operazioni per fare in modo che le imprese possano continuare a fare investimenti sul settore».
L’ancora di salvataggio del digitale
Una delle poche note positive dell’attuale congiuntura è legata alla trasformazione digitale, alla quale l’industria musicale è arrivata prima e meglio di altri settori produttivi. Non è un caso che lo streaming abbia manifestato una poderosa crescita proprio durante il primo lockdown. Il segmento è passato da una quota di mercato del 70% alla fine del 2019 a oltre l’82% a metà 2020.
La “conversione” di nuove fasce di pubblico al consumo digitale rappresenta un’opportunità non solo per il mercato della musica registrata ma anche per gli spettacoli dal vivo. «Anche per mondi come l’opera e la musica classica, che in questo momento si possono conquistare nuovi “clienti” che alla ripresa dell’attività dal vivo saranno una risorsa preziosa», ha osservato Mazza.
Sempre sul tema delle opportunità del digitale è intervenuta nel corso del seminario anche Cristina Loglio, Senior Advisor delle politiche europee per la cultura. «Il rilancio europeo è attualmente di circa 2000 miliardi di euro, di cui 1037 per l’attività ordinaria (fra cui Europa Creativa e Horizon) e 750 sono il Recovery Fund», ha spiegato. «Quest’ultimo è pensato sostanzialmente con due finalità: sostenere l’economia attraverso il digitale e l’ambiente. C’è moltissimo, nel settore dello spettacolo, che si può mettere la “giacca” del digitale».
Le proposte per avvicinarsi alla riapertura delle attività live
Parlando del fondo, Carlo Fontana, presidente di AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo), ha dichiarato: «Il Recovery Fund certamente pone alcuni traguardi che vanno messi bene a fuoco. Ma ci servono gli strumenti per arrivarci. Prima di tutto, ci si dica quando si pensa che si potrà tornare all’attività, ovviamente con tutte le limitazioni del caso. Poi, fino al momento della riapertura, occorre fare una serie di azioni preparatorie, come una campagna di promozione (penso per esempio alla RAI) e un discorso sulle vaccinazioni (forse certe categorie di musicisti dovrebbero rientrare fra quelle programmate). Terzo punto, un incentivo forte potrebbe venire dalla proposta sulla fiscalizzazione del biglietto per cinema, teatri e concerti, un po’ come avviene in farmacia. Avrebbe un forte significato simbolico, perché direbbe che la cultura e lo spettacolo sono parificati alla sanità: esiste una salute del corpo e anche una salute della mente».