Nasce l’hub Moysa: il sogno di chiunque ami la musica è ora realtà
Shablo e Fabrizio Ferraguzzo hanno dato vita a un centro polifunzionale a Milano, in zona Navigli: sei studi di registrazione, sale prove per concerti, un ristorante e un club esclusivo. Il livello? Altissimo. Ci hanno mostrato e spiegato tutto in anteprima
Un sogno per discografici, artisti, creativi. In fondo anche per chiunque sia appassionato di musica. Questo è Moysa, il nuovo hub, centro polifunzionale (studi di registrazione, sale prove per concerti e ascolti, uno studio di posa, il ristorante Alegre e un Club esclusivo) che nasce in via Watt 32, a Milano. Nato per volontà di due pesi massimi assoluti della scena: Fabrizio Ferraguzzo (producer, direttore artistico, manager dei Måneskin, tra gli altri) e Shablo (producer, musicista, manager di Sfera Ebbasta e Blanco, per dirne solo due).
In quanti del settore lo hanno detto e ci hanno minimamente provato? Tanti (per non dire tutti). Un luogo dove i dettagli (ovviamente in primis la resa acustica, ma anche quelli estetici) sono curati nei minimi particolari (l’architetto principale coinvolto è stato Luca Piatti, Susanna Gioia con Laf Studio responsabili del design di interni, Dario Paini ingegnere responsabile dell’acustica) e che in Italia non ha eguali. E non ci risulta nemmeno nel resto d’Europa. Forse nel mondo.
Abbiamo la possibilità di visitarlo, insieme ai padroni di casa, mercoledì pomeriggio, due giorni prima della festa di ieri (con tutti gli artisti che si possano immaginare: dai citati Måneskin e Blanco a Gianluca Grignani, Irama, Annalisa, Venerus, Rkomi) e dell’apertura ufficiale di oggi, venerdì 12 maggio.
I lavori di costruzione e sistemazione del personale sono ancora febbrili, anche l’insegna viene posta proprio mentre siamo lì. Era un ex magazzino di tappeti, poi recuperato da creator di video per YouTube, infine completamente raso al suolo per ricostruirlo.
A segnalare subito il fatto che si tratta di uno spazio che vuole essere aperto a tutti i tipi di arte c’è un blocco di marmo all’ingresso, riservato a Jago. Scultore classe ‘87 di Anagni, altro amante del dettaglio e della resa di forte impatto. Famoso per aver inviato la prima scultura nello spazio e per aver creato il Figlio Velato, destinato al Rione Sanità di Napoli con cui ha attivamente collaborato.
E poi subito ad accogliere ci sono boiserie alle pareti che ricreano l’atmosfera di un hotel d’antan anni ’30 o di una nave da crociera. Arredamenti in velluto in stile anni ’70. Uno studio dai toni del beige soprannominato giardino Zen.
«Pensiamo che sia fondamentale sentirsi bene in un luogo per poter creare musica», raccontano Shablo e Fabrizio. E in effetti la sensazione di piacevolezza iniziale è vicina all’incredulità.
Al piano di sopra troviamo un giardino di palme, quasi una serra, con in mezzo poltroncine di velluto. Il pensiero in Centro America o a Miami per questo club esclusivo dove potranno accedere gli artisti o i tesserati. Un luogo che appare subito come estremamente costoso, «diversi milioni di euro, ma non abbiamo ancora fatto i calcoli finali», spiegano entrambi.
«È un progetto ambizioso ma in fondo anche un processo naturale» spiega Ferraguzzo. «Ci siamo voluti prendere un altro impegno nelle nostre carriere già belle che avviate».
L’intervista a Shablo e Fabrizio Ferraguzzo
Lo avete portato a termine, direi.
Shablo: Ne parlavamo tre anni fa. Ci siamo chiesti che cosa potessimo fare insieme. Ci siamo resi conto che, pur avendo dei percorsi e dei profili diversi, i nostri obiettivi erano molto simili. Entrambi eravamo nel management senza però avere compiuto un percorso specifico.
Poi è arrivato il Covid che ha fermato tutte le nostre idee. Abbiamo voluto dar vita a un progetto totalmente nuovo per Milano. Di studi ce ne sono tanti ma non così. Questa è più una Soho House dove gli artisti e i creativi sono più che ben accetti. Vorremmo creare un luogo di networking».
Potrebbe anche aprirsi all’estero?
Fabrizio Ferraguzzo: Certo! Ci piacerebbe che da qualunque parte del mondo gli artisti chiedendosi dove poter andare a creare musica dicessero da noi. Arista Records US ha già visto gli studi e sono rimasti entusiasti.
Invece che cosa vi ha ispirato nei vostri viaggi?
S&F: Ci sono situazioni simili ma nessuna uguale a questa. Qui tra le altre cose vogliamo creare anche una Academy di formazione per diverse figure professionali nella musica.
Vi può spaventare l’idea che i fan possano prendere d’assalto gli studi visti gli artisti che avete?
S&F: Assolutamente no. Vorremmo che la gente vedesse anche tecnici del suono, videomaker, addetti ai booking, session di scrittura degli autori, tutta la gente che lavora dietro le quinte. Un’occasione per vedere non solo gli artisti. E poi ci piacerebbe che tutta questa zona (in fondo ad Alzaia Naviglio Grande, ndr) diventasse un polo musicale.
Gli uffici di Thaurus (la realtà fondata da Shablo, Ciro Buccolieri, Mario D’Angelantonio, ndr) sono qui vicini: come sei rimasto con loro, Shablo?
S: Continua il mio lavoro con Thaurus e ci sarà un’integrazione loro, anche se i loro uffici rimangono qui accanto. Moysa potrebbe diventare altro ma l’importante è questo: noi vogliamo lavorare con tutti, non dividerci. Ovviamente abbiamo moltissimi rapporti nel mondo della discografia.
Quanto spazio volete dedicare agli artisti emergenti?
S:Magari in un futuro sì, fa parte della nostra natura lavorativa anche. Adesso è uno spazio nato più per gli artisti già affermati. Chi deve ancora emergere è giusto che faccia la sua gavetta, nei garage magari, come abbiamo fatto noi.
Forse è un posto che si può capire dopo anni di esperienza, a un diciottenne forse non interessa nemmeno. Anche Blanco se vogliamo è un emergente, da un certo punto di vista. Va bene tutto il successo (meritato) che ha ma sta ancora crescendo, ha solo 20 anni.
Moysa è Musa in che lingua?
S&F: È un neologismo per indicare la musa. L’idea appunto è di creare una casa dove trovare l’ispirazione. Uno non può rimanere fermo in attesa, se lavora tutti i giorni con passione, quando è ispirato è pronto a creare.
Vi ha spaventato questo cospicuo investimento?
S&F: Il mercato è talmente in crescita che ci sembrava ne valesse assolutamente la pena. Possiamo far nascere moltissime realtà: editoriali, di formazione, management, label. Quindi no, non abbiamo avuto troppi dubbi.
Il centro Moysa in dettaglio
Recording studios
Gli studi di registrazione di Moysa si sviluppano in due blocchi, uno composto dalla Main Control Room, dalla Recording Room e dalla Vocal Booth, l’altro composto da tre regie di produzione.
Le sei sale studio possono lavorare in sinergia, a blocchi, oppure indipendentemente l’una dall’altra: reti audio all’avanguardia, preamplificatori a controllo remoto ed una rete video estremamente versatile permettono di adattare il setup e la configurazione degli studi Moysa ad una moltitudine di progetti diversi, per venire incontro alle necessità dei più esigenti team di produzione moderni.
Main control room
La Main Control Room è il cuore pulsante degli studi Moysa: equipaggiata con consolle ed outboard di alto livello, unitamente ad un sistema di monitoring Dolby Atmos® certificato, è pensata per un workflow moderno di composizione, tracking, mixaggio e mastering sia in formato stereo sia in formato audio spaziale.
Dalla cura per il design acustico ai dettagli di arredamento, passando per il lighting design ed il setup tecnico, ogni dettaglio è pensato per permettere l’immersione totale nel processo creativo.
Recording room e vocal booth
La recording room principale è una sala polifunzionale unica nel suo genere: con una superficie di oltre 60 mq e un’altezza di 5 mt, si presta come sala tracking o come sala prove concerti, nonché come location per presentazioni, eventi e format video.
Questa versatilità è garantita sia dall’ampio spazio calpestabile, sia dall’acustica aperta ma controllata, ottimizzata per registrazioni e prove, sia da un versatile sistema lighting a soffitto, a cui si aggiunge un sistema di proiezione con telo da 200”, per un’esperienza immersiva di livello superiore.
A completare l’area recording troviamo una vocal booth, caratterizzata da un design d’impatto ma minimale, e da un’acustica estremamente controllata che la rende adatta sia alla registrazione di voci, ma anche di strumenti o di batterie qualora si fosse alla ricerca di un carattere complementare a quello della Recording Room.
Production rooms
Caratterizzate ognuna da un design unico, le tre regie di produzione musicale vantano un set up ottimizzato per le tecniche di produzione più all’avanguardia. In un ambiente dalla progettazione acustica premium e dall’impatto estetico ricercato, gli artisti troveranno gli spazi perfetti per produrre la loro musica: l’equipaggiamento fornito, essenziale ma di altissimo livello, è adatto alle fasi compositive come a quelle di registrazione e post-produzione.
Concepite come sale all-in-one per la produzione musicale, le Production Rooms possono anche essere utilizzate come regie per registrazione multitraccia sia dalla Vocal Booth che dalla Recording Room, espandendo le possibilità creative.
Sala video
Moysa è dotata di un ampio spazio di 100 mq dedicato alle arti visive e predisposto alla realizzazione di shooting fotografici e video.