Siouxsie: l’odalisca delle tenebre ammalia ancora (anche senza troppa voce)
Ieri (domenica 7 maggio) si è tenuta al Teatro degli Arcimboldi di Milano l’unica data italiana della grande cantante, dopo un’assenza dai palchi da lustri
Nessuna foto, nessun video. È la premessa di una serata che ha segnato il ritorno sul palco di Siouxsie, che si è materializzata sulle note di Nighshift dopo più di un decennio e con un look favoloso: una tunica/tuta in argento, come si confà a un’autentica ice queen.
Accompagnata da un quartetto che non comprende nessuno dei suoi sodali di un tempo – il marito-batterista Budgie o il bassista Steve Severin, che fu l’unico a sopravvivere alla storica diaspora del 1979 – ma che ha reso di nuovo magnifico il sound delle vecchie canzoni goth della band.
Una scaletta di grandi classici dei Siouxsie and the Banshees
Doveroso ricordare i nomi di questi musicisti a noi semisconosciuti: Chris Turtell alla chitarra, davvero bravo a riprodurre gli arpeggi che un tempo furono creati da grandissimi talenti come John McKay, John McGeoch, Robert Smith e il sublime John Carruthers; e poi Joe Short al basso, Robert Brian alla batteria e Steve Evans alla seconda chitarra e synth.
Già dalla seconda scelta in scaletta, Arabian Knights, capiamo che la voce di Siouxsie Sioux non è più quella di una volta. Se nel 2008 a Villa Arconati la nostra sapeva ancora toccare le tonalità alte del suo repertorio, qui agli Arcimboldi si comprende che forse un motivo della “sparizione” dai palchi è stato probabilmente la difficoltà di reggere uno show, un tour.
Viene in mente il suo amico e quasi coetaneo Robert Smith, che lo scorso inverno ha saputo tenere al Mediolanum Forum di Assago un live di quasi tre ore con una padronanza incredibile della sua ugola. Sfortunata sotto questo aspetto Siouxsie Sioux, che però a differenza di Smith tiene un’invidiabile forma fisica e una padronanza dei movimenti da vera odalisca delle tenebre.
Beatles e classe
Basti solo pensare ai movimenti perfetti delle sue braccia durante una delle due cover della serata, Dear Prudence dei Beatles che uscì solo su singolo (il video fu girato a Venezia e la leggenda racconta che Madonna prese spunto da quel video per la clip di Like a Virgin). Proprio in quel periodo Robert Smith suonava la chitarra con i Banshees.
Rimane un brano importante nella discografia di Siouxsie non solo per il buon successo commerciale. Ma soprattutto perché riportò all’attenzione tra i ragazzi degli anni ‘80 un disco “dimenticato” dei Fab Four come il White Album (qualche anno dopo ci pensarono le Breeders a coverizzare Happiness Is a Warm Gun).
Siouxsie poi sa ondeggiare sul fronte palco sicura nelle sue scarpe. Non più delle stiletto gotiche o dei robusti anfibi ma comode sneakers, anch’esse argento (un signore accanto a me – cattivissimo – da detto ad alta voce: “ma sono delle Geox quelle che ha ai piedi?”).
La classe di Siouxie rimane intoccabile, non scherziamo. Flirta con il pubblico – tutto adulto, pochissimi giovani – e lo incita a urlare, a sbracciarsi. Per poi girargli le spalle con quella nonchalance che solo le dive di un tempo posseggono nel DNA.
Alti e bassi della scaletta di Siouxsie
Nel mezzo della scaletta, la performance secondo me capolavoro della serata. Ovvero la scurissima Land’s End, che fu closing track di uno degli album più affascinanti della band, quel Tinderbox che aveva alla chitarra il già citato Carruthers.
Il momento peggiore, invece, è una sghemba e singhiozzante versione di Christine. Ce la dimentichiamo in fretta perché cancellata da una migliore resa di un’altra hit dal celeberrimo album Kaleidoscope, Happy House.
Il finale liberatorio – tutti in piedi e sì, finalmente con gli smartphone al cielo – è con Spellbound, rivitalizzata nella memoria collettiva dal suo passaggio nell’ultima edizione della serie TV Stranger Things. Si chiude la serata con la seconda cover, The Passanger.
Il pubblico di nero vestito (quasi nella sua totalità) esce felice da questa serata. Non importa se i vocalizzi della ice queen non sono più quelli di una volta. In fin dei conti ai tempi del post punk chi avrebbe fatto caso a questo particolare?