Videocittà si conferma ancora una volta un esperimento riuscito
Il festival romano ha dimostrato di avere le spalle abbastanza larghe per tenere insieme linguaggi diversi
Sono da poco passate le 21 quando i Thru Collected, nuovo punto di riferimento della scena musicale alternativa made in Italy, salgono sul palco di Videocittà, il festival che mescola musica e cultura digitale, tenutosi negli spazi dell’iconico Gazometro di Roma il 5, 6 e 7 luglio.
I primi live di Videocittà 2024
Il gruppo napoletano – che durante il live ha sottolineato al pubblico di non essere una band, ma per l’appunto un collettivo – riesce fin da subito a coinvolgere i presenti, con un misto di freschezza e tenerezza che difficilmente si ritrova in altri progetti musicali italiani. L’esibizione dei Thru Collected, che hanno suonato al tramonto con alle spalle le imponenti strutture del Gazometro – la più grande area di archeologia industriale d’Europa, situata nel quartiere Ostiense – è stata il riscaldamento ideale per godere a pieno dei set successivi, in particolare grazie ai brani con protagoniste Altea e Alice.
Subito dopo il collettivo napoletano è il turno di Bluem, cantautrice e produttrice sarda di base a Londra che mescola in modo per nulla scontato elettronica, pop e R&B. Il suo live fa immediatamente crescere l’atmosfera, grazie a suoni melodici e variegati, in un invito a lasciarsi andare.
La serata prosegue con Tommy Cash, altra figura che nella sua musica e nel suo stare sul palco incarna una forte multidisciplinarietà. L’artista estone, infatti, è noto per esprimersi attraverso l’utilizzo di diversi media, tra cui musica, video e moda. A Videocittà ha portato uno show provocatorio ma al tempo stesso estremamente coinvolgente. Il suo live rappresenta a pieno l’approccio coraggioso dell’organizzazione nel definire la scaletta.
La serata si chiuderà poi gli Overmono, che hanno presentato il loro nuovo live AV. Il duo gallese di musica elettronica ha ricamato un set in cui ha riproposto una reinterpretazione dei loro brani più famosi. Il loro è stato uno show molto ben eseguito, dove ballare tanto, a dimostrazione di quanto può essere trascinante anche la musica elettronica suonata in presa diretta.
Un festival capace di proporre generi diversi
La seconda serata di Videocittà inizia con il live di Venerus, e in questo caso il pubblico presente sembra molto compatto. L’esibizione del cantante e musicista milanese, che ha trascorso anche diversi anni a Roma, sebbene sia solo la prima è già di per sé molto potente, anche grazie a una band evidentemente coesa e capace di governare il palco. Azzeccatissima, in questo senso, la cover di Vita Spericolata di Vasco Rossi.
Dopo Venerus è il momento di Caterina Barbieri, che a Videocittà ha portato uno show AV inedito, realizzato insieme al visual artist tedesco Marcel Weber aka MFO. Anche in questo caso, come per i Thru Collected e Bluem, è ormai chiaro che la scelta di inserire in scaletta nomi più ricercati del panorama italiano è del tutto vincente. Caterina Barbieri, infatti, è stata in grado di ricamare un set fatto di atmosfere rarefatte e ipotoniche, che nel complesso è risultato essere molto sofisticato ed elegante, confermandosi una delle artiste italiane di musica elettronica più capaci – se non proprio la più interessante.
La serata si è poi chiusa nei migliori dei modi con il DJ set – più “democratico” – di Folamour, che è riuscito a farsi ricordare anche perché ha mescolato bene (e sempre con un tocco distintivo) generi vicini ma diversi, tra cui house, jazz, funk e disco. A farci caso, non stupisce che entrambe le giornate di Videocittà, anche quest’anno, siano andate sold-out: la decisione di proporre artisti che si rifanno a generi apparentemente distanti ha funzionato, e l’eterogeneità del pubblico – che è sempre un bene nei festival – ne è la prova ultima.
L’installazione immersiva Nebula
Ad aprire Videocittà, come ormai da tradizione, è stata un’imponente opera site-specific, installata nel cilindro metallico più grande del Gazometro. Il progetto, chiamato Nebula, era firmato da Giorgio Moroder insieme a Quiet Ensemble, studio creativo di punta nel panorama italiano delle arti visive, molto attivo nell’ambito delle installazioni immersive. Nebula, nello specifico, si componeva di un massiccio reticolo metallico che – sulle musiche di Moroder realizzate appositamente per Videocittà – andava a creare una fitta costellazione, dinamica e coinvolgente.
Sviluppandosi in verticale, l’opera era estremamente immersiva, ed essendo impossibile non notarla era anche lo sfondo perfetto del festival. Grazie a quest’opera, i live e i DJ set, e le varie esperienze sparse nell’area del Gazometro, tra cui diversi panel, la settima edizione di Videocittà non ha disatteso le aspettative.
Il festival romano, in definitiva, è sembrato un “piccolo Sónar”, capace di avvolgere il pubblico in ogni direzione e tenere insieme linguaggi diversi, non solo musicali.
Articolo di Luca Gorini