A X Factor da una settimana siamo entrati nella fase più calda, quella dei live. Questa sera, come ogni giovedì, lo show di Sky prodotto da Fremantle sarà in diretta dalle 21.15 su Sky e NOW. Alla conferenza stampa di presentazione di settimana scorsa erano state già chiarite un po’ di perplessità (come la arci-nota questione della scarsa presenza femminile tra i finalisti), ma si sa come spesso molte domande possano nascere proprio dopo la prima puntata.
Noi alcune le avevamo in serbo da tempo e ora abbiamo potuto sottoporle a una delle persone più adatte (se non alla più adatta…): Eliana Guerra, showrunner di X Factor per FremantleMedia. È mattina presto e Eliana si sta preparando ad andare a coordinare e gestire fin da subito una complessa macchina da guerra.
Eliana, quale è il peggior incubo che potrebbe capitarti durante i live?
Che si spenga tutto!
Be’ davvero terribile in effetti.
Tutti i live sono organizzati per cui è impossibile che accada una cosa del genere ma ogni tanto mi prende questa paura! Poi sappiamo che c’è un margine di imprevedibilità, anzi: speriamo che ci sia! Forse la tensione in realtà, come diciamo tra noi, è proprio che non succeda niente. Pensa a non avere alcuna sorpresa? Quello sarebbe terribile, come a un concerto. E come nella vita, del resto.
Quanto puoi e devi intervenire per dare un’eventuale sferzata a una puntata dei live?
La struttura di un programma come X Factor è piuttosto blindata. Ciò che può cambiare è naturalmente lo scambio tra i giudici e col pubblico. Anche la performance dei ragazzi può cambiare parecchio: magari durante le prove sono più rilassati e convincenti. Oppure, al contrario, un pezzo può proprio esplodere dal vivo.
Qual è la cosa che il pubblico da casa potrebbe non capire dell’enorme lavoro del dietro le quinte?
È un programma dove ogni 5 minuti il palco cambia radicalmente (luci, laser, tutto) per ogni performance. Quando lo si vede da casa sembra un semplice cambio di scena, invece quando le persone vengono in studio mi raccontano di quanto rimangano stupite. Sul palco ci son almeno 20 tecnici capitanati dal nostro direttore di palco storico, Alessandro Voltolin (senza di lui dico sempre che non potrebbe iniziare il programma). Il lavoro sulla musica si può vedere più facilmente: dalle stories dei ragazzi, dei giudici, nei daily. Io credo che il lavoro artigianale sul palco – molto affascinante da osservare – si veda meno.
Dopo la prima puntata hai pensato di voler cambiare qualcosa?
Te lo dirò dopo la seconda. La prima puntata è un po’ di passaggio e serve a presentare il cast. Non c’è ancora la gara accesissima, perché ricordiamoci che X Factor è una gara. Di solito sono iper-critica ma non mi sento di dire ancora niente.
«Ogni anno i cast sono figli della storia»
Il tema delle sole due donne tra i 12 finalisti è stato sviscerato abbondantemente nei giorni scorsi però alla fine, come ha detto anche Maria Elena Barnabi di Gente in conferenza, ci ritroviamo sempre in quasi tutti i settori così: con una bassissima presenza femminile nelle proposte artistiche, come nelle posizioni apicali. Pensi che si potrebbero adottare le quota rosa l’anno prossimo per evitare questa situazione?
Ti rispondo da donna e ti dico sinceramente che nell’organigramma del programma ce ne sono davvero tante in posizioni importanti. In più sono convinta che X Factor abbia affrontato negli anni tante questioni sensibili come l’inclusion e la diversity. Dal mio punto di vista personale, non del programma, ti dico che io non sono una fan delle quota rosa.
Abbiamo fatto una scelta importante per eliminare le categorie e abbiamo dovuto chiedere il permesso anche al format owner. Avevamo già sentito questa esigenza l’anno scorso perché non sapevamo dove collocare alcuni ragazzi e ragazze. Questa rottura di barriere è stata necessaria. Dentro a un percorso di selezione è importante rimanere coerenti: se poi dovessimo obbligare i giudici ad avere almeno una donna non sarebbe come rimettere le categorie?
Già dai casting c’erano meno donne?
Esatto, in proporzione quest’anno si sono presentati pochi gruppi con frontman donne. Perché? Non lo sappiamo. Tutte le annate sono diverse, un po’ come il vino. Per esempio, si sono presentate molte band ma le abbiamo trovate anche molto arrugginite perché non avevano potuto provare a causa della pandemia. E poi abbiamo trovato molti ragazzi, e soprattutto ragazze, veramente scossi.
Ogni anno i cast sono figli della storia. È chiaro che ambirei a una rappresentazione omogenea però quando devi selezionare 12 artisti da migliaia che se ne presentano devi basarti sulla progettualità. I 4 artisti-giudici devono decidere quali progetti costruire perché andranno bene, se no sforni solo talenti e la cosa finisce lì.
Sempre per parlare di figli del nostro tempo moltissime band hanno portato la loro proposta rock e in molti hanno pensato che loro e voi come trasmissione voleste solo emulare i Maneskin. Però le chitarre rock stavano tornando anche prima di loro, pure le artiste pop mainstream ci hanno fornito molte prove di questo ritorno.
Sono d’accordo. In più bisogna pensare che l’incredibile successo della band romana, tra Sanremo e Eurovision, e i nostri casting, dove già stavamo notando questo fenomeno, sono capitati contemporaneamente. Il ritorno dello strumento è una wave che va avanti da un po’. Che poi per i più giovani si tratta di una nuova scoperta. Basta guardare anche l’indie-pop e l’urban-pop.
(Leggi anche il nostro articolo “Il rock riparte (anche) grazie artiste pop come Olivia Rodrigo”)
Anche nel rap.
Certo. Pure Salmo ha sempre voluto la band sul palco. Certo non si possono non citare i Maneskin ma la wave è più globale.
Mentre il rap puro tra i finalisti manca. Se si esclude in parte gIANMARIA.
Io credo che, vedendo sia le classifiche sia i nostri casting, ci sia stato un po’ uno spostamento alla forma canzone anche da parte della metrica del rap. Sono convinta che in alcuni momenti ci siano delle contaminazioni tra gli artisti che influenzano magari le produzioni. Un esempio è Blanco.
Anche Chiello che avrete ospite stasera.
Lui è proprio l’emblema di quello che stiamo dicendo: la sua musica è suonata ed è influenzato da metriche urban pur cantando.
Eliana Guerra: «Io credo che la funzione di X Factor sia di accendere una luce su un talento e non può essere esaustiva»
Secondo alcunzi, già dall’anno scorso, tornando a proporre artisti che facevano bel canto o pop mainstream avreste alzato gli ascolti. Invece anche per questa stagione la proposta musicale degli inediti di X Factor è particolare e inusuale – a mio giudizio molto apprezzabile – ci sono state frange nella produzione che invece avrebbero preferito seguire quella linea?
Discutiamo molto tra gruppi di lavoro nostri e di Sky. Seguiamo molto la proposta musicale e ci rendiamo conto che a volte potrebbe essere poco digeribile e anche stridente. Ma è un programma vero che cerca di interpretare il tessuto musicale dei giovani che vogliono seguire questa professione. È vero: strizzare l’occhio al pop sarebbe stato semplice ma forse quello che ci interessa di più è creare interazione con il pubblico, stimolarlo. Abbiamo fatto delle scelte poco scontate anche con la giuria, soprattutto l’anno scorso con Hell Raton o anni fa con Fedez. Non ne parliamo adesso con la conduzione con Ludovico Tersigni!
A parte i casi più clamorosi come Marco Mengoni, Francesca Michielin, i Maneskin, da tempo non ci sono artisti che uscendo da X Factor abbiano poi un immediato riscontro di pubblico, prendiamo per esempio Casadilego, ultima talentuosa vincitrice. In molti hanno fatto il paragone con i finalisti di Amici che invece paiono non sbagliare un colpo. Per voi di FreMantle quanto è importante che i talenti vengano seguiti e abbiano un effettivo successo?
Io credo che la funzione di X Factor sia di accendere una luce su un talento e non può essere esaustiva. Prendiamo Casadilego: è una ragazza molto giovane di 18 anni, ha decisamente tutto il tempo del mondo per sfondare! E poi anche Francesca Michielin dopo la vittoria di X Factor aveva impiegato un paio d’anni prima di arrivare al successo.
Quindi io credo che dipenda anche dal momento che i ragazzi stanno vivendo quando arrivano al programma. Lo dico sempre: per diventare medici o ingegneri ci vogliono almeno 10 anni e per la musica non è così diverso! Quindi noi dobbiamo intercettare un talento, poi non è detto che per portarlo avanti basti il tempo della messa in onda che dura solo 7 settimane. E credo che abbiamo il dovere di dire ai nostri figli che non né facile, per nulla. Puoi imbroccare un pezzo, come diciamo a Roma, ma poi nella New Music Friday su Spotify della settimana successiva te ne escono altri che lo superano e tu devi essere sempre preparato. Bisogna godere di quello che accade ma poi rimanere con i piedi per terra. Sempre.
Eliana, quale è il vero obiettivo di X Factor e quindi di Fremantle al di là degli ascolti?
Penso che la cosa più importante per noi, e per Sky ovviamente, sia portare una bella dimensione di intrattenimento, dove ci sia aggregazione in famiglia e tra amici, con un pubblico di età molto diverse. Come il festival di Sanremo o gli eventi sportivi anche X Factor vuole creare un legame tra le persone ma portare anche contenuto. X Factor vuole raccontare la musica e, attraverso la musica, il mondo.