Interviste

A piedi nudi nel parco con Bu Cuaron: «Quella volta che accecai Harry Potter»

Racconto di una conversazione in tre lingue e assolutamente a ruota libera con la figlia del grande regista Alfonso Cuarón che ha fatto uscire un bell’ EP, tra richiami a Billie Eilish e un indie pop quasi drammatico

Autore Tommaso Toma
  • Il12 Luglio 2024
A piedi nudi nel parco con Bu Cuaron: «Quella volta che accecai Harry Potter»

L’avevamo conosciuta lo scorso anno con la sua primissima performance sul palco del festival versiliese La Prima Estate e ci era piaciuta per la sua sfrontatezza e versatilità. Un po’ Billie Eilish, un po’ artista latina con un pizzico indie pop, la cantautrice e produttrice italo-messicana, figlia del celebre regista Alfonso Cuarón, suona e canta sin da piccola. E dopo una folgorazione a 11 anni ascoltando il primo album di James Blake, Bu Cuaron decise che la sua via artistica sarebbe stata proprio questa. Noi l’abbiamo scoperta grazie a una canzone che era apparsa nell’album Music Inspired by the Film Roma, una raccolta di brani ispirati al film del suo fichissimo papà messicano. Avete per caso amato film come Gravity o il thriller fantascientifico I Figli degli Uomini?

Lo scorso aprile è uscito il suo primo EP, Drop By When You Drop Dead, dove Bu Cuaron dà libero sfogo a tutta la sua creatività tra brani hip hop, pop e con un tocco di melanconia italianissima. Ho incontrato Bu in una giornata caldissima di questa estate al Parco Sempione ed è stato facile entrare in empatia con lei. Alla fine siamo tutti e due “figli di Pietra City”, lei come me ha una mamma che arriva da Pietrasanta, luogo magico della Versilia, che è famoso oggi per essere uno dei luoghi preferiti dagli scultori e non solo. Inizia la nostra passeggiata.

L’intervista a Bu Cuaron

Sai che sono anche io pietrasantino come te? Sei cresciuta per un certo periodo li grazie a tua mamma, giusto?
Sì, e soprattutto sento che Pietrasanta mi ha un po’ scolpito (ride n.d.r.). Lì ci sono gli scultori che arrivano da tutto il mondo nel vero senso artistico. Perché è lì dove ho iniziato tutto, ho anche frequentato per sette anni il Conservatorio di Lucca. Da ragazzina ero forse un poco un po’ “disperata” di stare lì nella provincia, ma adesso capisco perché mia madre mi ha dato quella struttura e quella base classica e le sono tanto grata.

Ci vai ancora spesso?
Dove a Pietra City? Certo e poi al festival La Prima Estate ho fatto la mia prima performance di sempre su di un palco! Ma in questo momento non esiste luogo con una energia pazzesca al mondo come Città del Messico. C’è una quantità di gente giovane, creativa e senti che stanno facendo qualcosa di nuovo. Vedi anche il mondo della musica.

Milano ti piace?
Sì, ma non sono mai stata qui per un lungo periodo. Una cosa è certa: a Milano mi diverto sempre tantissimo. Adoro andare a Chinatown e infilarmi in un bar karaoke che si chiama KTV Polygram, oh my god, ci ho passato una delle serate più divertenti in città.

Ascoltando Drop By When You Drop Dead, tu canti in Italiano, inglese e spagnolo. Mi pare che con quest’ultima tu ti senta a più a tuo agio, più confidente.
Dici? Sai io parlo in famiglia tutte e queste tre lingue e a volte come hai notato passo al volo da un’espressione linguistica italiana a una inglese, senza accorgermene. Non solo, penso in tutte e tre le lingue tutto il tempo per cui non c’è ne una che parlo “ammodino” come dicono a Pietrasanta.

Che musica ascoltavi quando eri bambina?
Sono cresciuta a New York da bambina con il rock anni ’80 e a Natale i miei familiari mi regalavano a turno i dischi dei The Beatles. Ho ascoltato tanto anche Tyler The Creator e James Blake. Ho un piccolo racconto a proposito, mio papà un giorno quando avevo 11 anni aveva messo in macchina un suo brano I Never Learn To Share. Mi ricordo benissimo eravamo a Pietrasanta e le mie orecchie non avevano mai sentito una roba del genere. Mi fece esplodere un po’ la mente. Fu dopo quell’ascolto che decisi di provare anche io a scrivere canzoni!

Wow! Invece a proposito dei Beatles, ho visto una foto tua con Taylor Swift, ma era lei a indossare una t-shirt dei baronetti.
Wow, che buona memoria!

Ma no… tutto merito di Instagram.
Senti, voglio tornare sulla tua osservazione sul cantare in lingue differenti. Quando faccio una cosa, in generale, c’è sempre questa voglia di trasformarmi perché è anche la maniera in cui mi muovo dal mondo verso la mia arte. Attraverso le lingue, la mia personalità cambia un po’.

Allora facciamo un giochino: la tua personalità com’è quando canti in italiano?
Dipende anche dalla canzone! Allora mentre canto 6, che chiude l’EP, sono un po’ romantica. Poi ci ho messo sopra l’autotune perché è fichissimo in quel contesto inserire qualcosa di “plastico”, di artefatto, in un contesto così personale e sentimentale. In realtà inserisco un poco di intonazione italiana anche nelle canzoni che sono cantate in inglese, ad esempio Come for Me. Ecco, non posso rispondere precisamente alla tua domanda! (ride, ndr) io mescolo tutto insieme: lingua, attitudine, modo di sentire i sentimenti…. Tutto.

Game sembra un brano ispirato a Metro Boomin. L’hai scritto dopo che vi siete conosciuti sullo stesso palco a La Prima Estate lo scorso anno?
Uh wow, ma Game è nata due anni prima… io in quel periodo adoravo il lato oscuro della trap. Adesso è figo che il rap sia tornato ad avere il ruolo che ha sempre avuto. Certo, c’è stato un momento di switch nella musica rap dove la mia generazione per un lungo periodo – anche adesso per carità – ha preferito la trap. Quando era uscito Goosebumps di Travis Scott, secondo me cambiò i neuroni a un’intera generazione.

Hai sentito Anna Pepe?
No, ma non sei il primo a chiedermelo. Io trovo troppo cool le ragazze che hanno quel tipo di sound e seguono quell’iconografia del mondo trap rap dominato dai maschi.

Tu hai collaborato con Orville Peck, nel suo disco Stampede. Com’è stato? E l’hai visto senza maschera?
Orville? Carino, anzi molto bello. Per Miénteme all’inizio avevamo un arrangiamento molto differente da quello che senti nel brano. Sembra molto più legato a una certa tradizione folk messicana ed è rimasto poco del tocco elettronico iniziale. Sono molto contenta perché le persone che conoscono il mio processo creativo mi hanno detto che avevo una bella voce “pulita”, senza post produzioni complesse o troppo elettroniche. Ecco, ho capito che adesso nella produzione la mia voce deve essere il più possibile “clean”. Sono felice di sentire che finalmente sto raggiungendo una sicurezza interiore e sto ottenendo il totale controllo creativo di quello che sperimento e canto.

Che rapporto hai con Harry Potter (suo padre Alfonso ha girato Harry Potter e il prigioniero di Azkaban nel 2004, ndr)?
Con Harry Potter stesso? L’ho accecato una volta (ride, ndr) ero sul set e chiesi a Daniel (Radcliffe, ndr) se fossero veri quegli occhiali e senza avere il tempo che lui mi rispondesse, li testai infilandogli un dito nell’occhio! 

Uno dei miei film preferiti di tuo papà è Y Tu Mamá También?
Io non l’ho mai visto, perché mi dicevano in famiglia: “Eh questo film di papà non lo puoi vedere!”. Vigeva una sorta di censura, poi un giorno dal nulla, mentre mi stavo tingendo i capelli rossi – avevo quattordici anni – mia mamma disse: “Ok, è venuto il momento di vedere assieme Y Tu Mamá También. Io ho detto di no e sono andata a lavarmi i capelli (Rride, ndr)!

Ma ti senti ancora pietrasantina?
Certo, impossibile non esserlo, con mia mamma ci passiamo giornate bellissime. Poi quando sono in giro per il mondo dico spesso “Maremma zucchina!”. E mi guardano strano.

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