Cannella lancia “Foro Italico”: «Scrivo per accettare i cambiamenti»
Il giovane artista di Honiro ha pubblicato il primo singolo del suo secondo disco. Leggi qui la nostra intervista a Cannella
I primi passi nel mondo della musica li ha fatti nella sua Roma. Anche se in un contesto un po’ differente rispetto a quello in cui lo vediamo ora. Cannella ha scritto le sue prime canzoni a 13 anni e si è avvicinato fin da subito alla scena hip hop. Dai 18 anni si è fatto conoscere con il nome di Eden e ha trovato modo di esprimersi in musica grazie a una realtà indipendente di Torino.
Ma a fine ottobre 2018, Enrico Fiore (questo il suo vero nome) ha deciso di diventare Cannella. E ha inaugurato il suo nuovo percorso pubblicando il suo primo singolo con Honiro Ent, una realtà che in questi anni sta dando molto alla scena musicale italiana. Il tutto unendo le sue origini hip hop a una nuova forma di comunicazione, più vicina al cantautorato e al sempre più forte it-pop.
Cannella ha appena pubblicato il suo nuovo singolo Foro Italico, un omaggio alla sua città e un biglietto da visita di quello che sarà il suo secondo album. Lo abbiamo intervistato.
Il nuovo brano si chiama Foro Italico. Qual è lo stato di salute di Roma, oggi?
È come una madre e un padre. Ho sempre vissuto qui. Il mio rapporto con Roma è un odi et amo. È complicato viverci, per una serie di dinamiche che possono andare dal traffico alla mobilità o al disordine. Ma allo stesso tempo è una città che mi ha dato tantissimo. Ogni romano ha un attaccamento molto forte alla città. Quasi morboso.
E a livello musicale? C’è stata in questi ultimi anni un’esplosione creativa non indifferente…
Io come artista la vedo come una cosa molto positiva. Io da piccolino mi sono approcciato subito all’hip hop, ma mi sono trovato anche a confrontarmi con questi nuovi generi che stavano crescendo, frequentando certi ambienti. C’è stata un’influenza reciproca anche inconscia che ha creato una scena molto forte in Italia. La situazione a Roma musicalmente parlando era veramente critica prima di questa ondata: c’è stata una vera e propria rinascita.
È un cambiamento che hai vissuto sulla tua pelle. O mi sbaglio?
Assolutamente. La prima realtà con cui ho collaborato era di Torino. C’era l’idea che a Roma non ci fosse modo di fare musica o avere un team. La mia vita musicale non era nemmeno a Roma e questa cosa mi faceva soffrire. Ora si è creato un clima bello, ci sono tante persone che fanno musica di qualità. Penso ad esempio alla mia etichetta Honiro: c’è una vicinanza bella con loro.
A proposito, come ti senti a far parte di questa squadra? In questi anni Honiro ha dimostrato di saper trattare molto bene gli artisti che fanno parte del roaster. Penso a Ultimo, ad esempio, che immagino tu possa vedere come un esempio positivo…
Certo. Io conosco Niccolò da tanto tempo. Per me prima di tutto è un amico. Pensa che andavo in classe con suo fratello. Mi viene anche difficile parlarne come artista perché lo vedo innanzitutto come una persona vicina. Però se si parla in termini artistici, lui ha un grande valore che è stato compreso molto dalla realtà di Honiro. E questa è una cosa bellissima. È figo per me lavorare con loro sapendo che tipo di lavoro hanno fatto con lui. Ma anche con Mostro, o con quelli che sono passati per Honiro (Gemitaiz, Madman, Coez, Achille Lauro, tra gli altri) e che poi hanno preso altre strade. Per la musica romana è quasi una tradizione passare per Honiro.
Foro Italico dà il via al lavoro sul tuo nuovo album. Continuerai con questa sintesi tra parti rappate e cantate, tra mondo indie, cantautorale e rap?
Sì. Penso di aver mantenuto abbastanza le mie radici hip-hop. Anche con il mio primo disco si capisce che non sono un cantautore puro nato con la chitarra in mano. In questo album in particolare forse questa cosa è ancora più marcata. Si sentono parti più ritmate. Ma è una cosa che è venuta molto naturale. Io ho quelle influenze lì.
Hai partecipato a Sanremo Giovani nel 2018. Qual è il tuo rapporto con questa kermesse e, in generale, con le varie forme di promozione TV come i talent?
Sono sincero: prima di quel momento il mio rapporto con Sanremo era quasi inesistente. La TV non l’avevo mai presa in considerazione, o perlomeno non in tempi brevi. È stata un’idea del mio manager e l’ho vissuta come qualcosa di estremamente formativo. Un modo per mettermi in gioco. Mi ha aiutato molto dal punto di vista umano e musicale. Per quanto riguarda i talent, sono sincero: non li seguo. Non ho mai provato ad andarci. Ma semplicemente perché non li ho mai visti giusti per me: certa musica nasce per alcuni contenitori e non per altri.
In un’intervista, parlando dei ricordi, hai detto: «Li prendo e li trascrivo in musica in modo da conservarli». Che rapporto hai con il passato?
Ho sempre avuto difficoltà ad accettare i cambiamenti. Mi capita spesso di rimanere ancorato al passato. La musica per me è anche fare i conti con determinate cose che ho vissuto. A livello sentimentale ma non solo. È una continua analisi, un racconto. Il mio primo disco è una raccolta di ricordi e mi ha aiutato tantissimo scriverlo. È stato terapeutico.
Questa attitudine continuerà anche nel tuo secondo album?
Ci sarà un approccio leggermente diverso. Ci saranno meno cose del passato e più fatti del presente. Anche perché anche io mi sento cambiato. E sono cambiate tante cose intorno a me. Foro Italico, ad esempio, è il primo capitolo di una storia che verrà raccontata nel disco.
Una sorta di concept album?
Ora che mi ci fai pensare, perché no? Potrebbe essere visto come un concept album non voluto. Nel disco si parla di una storia partita male che poi prende una nuova piega. L’album inizia proprio con la richiesta d’aiuto che è testimoniata in Foro Italico.
Cosa stai facendo in queste settimane di quarantena?
Io abito leggermente fuori Roma. È una bomba essere qui: non c’è un’anima. Io esco solo per comprare le sigarette e, alla fine, si sta da paura qui. C’è tanto verde. Sto guardando tante serie TV, specialmente su Netflix (sono fissato con il mondo degli anime). E sto cucinando un po’.
La tua specialità?
Senza dubbio i primi. Il piatto che mi viene meglio è l’amatriciana. Laziale doc.