Charlotte de Witte, Tech-No Limits
La DJ belga sta cambiando le regole della scena a colpi di beat acidi e cupi, e domenica sarà tra gli headliner del Kappa FuturFestival. È lei la protagonista dell’Electronic Issue di Billboard Italia

Charlotte De Witte (foto di Fille Roelants)
Si presenta alla call su Zoom in t-shirt bianca, semplicissima, senza trucco. Charlotte de Witte è sempre così, anche sui social: pulita, semplice, il piercing sul labbro come unico segno visibile di una vita fuori dal comune. Eppure è una delle DJ techno più famose al mondo, e ormai da tanto tempo, anche se ancora giovane (classe 1992).
Simbolo vivente di un cambiamento culturale in atto, i suoi beat acidi e potenti hanno conquistato tutti i festival del mondo, stabilendo primati che non si erano mai visti: prima donna DJ a suonare un set techno sul main stage del Tomorrowland (nel 2022) dell’Ultra Music (2023) e anche al Movement di Detroit (2023).
Lei è amata in tutto il mondo, ma nel nostro Paese in particolare. Ad aprile, prima del suo show ufficiale, ha improvvisato un set gratuito sulla Darsena di Milano dove sono andate decine di migliaia di persone. Adesso sta per tornare al Kappa FuturFestival di Torino, “un luogo che non si può descrivere a parole se non si vede, davvero incredibile”. Da noi in Italia tornerà anche il 14 agosto in Sicilia e il 16 al Cocoricò di Riccione.
Charlotte de Witte è la protagonista dell’Electronic Issue di Billboard Italia, già disponibile qui in pre-order e da fine luglio in punti vendita selezionati. Ecco un estratto della nostra intervista esclusiva.
L’intervista a Charlotte de Witte
Senti un legame particolare con l’Italia?
Nel vostro Paese ho tenuto la mia prima data (o seconda, al massimo) davvero internazionale. Eravamo a Bari, mi pare, tanti anni fa. Non so perché ma sento di aver costruito un rapporto davvero forte e particolare con voi. E anche da quando mi sono sposata con Enrico (Sangiuliano, ndr), credo che l’amore nei miei confronti sia aumentato ancora di più, come se mi percepiste come mezza italiana! Ovviamente è uno dei posti dove preferisco suonare al mondo.
Quando hai tenuto il tuo DJ set gratuito e improvvisato sulla Darsena a Milano son venute decine di migliaia di persone. Come è nata l’idea di questi street show?
La prima volta era successo a New York, due anni fa. Avevo aperto un pop-up shop e avevamo pensato di organizzare un set lì davanti. Giusto per rendere tutti partecipi, senza bisogno di un biglietto. La gente in fondo vuole solo stare bene, ballare e chiacchierare, e tramite la musica puoi davvero connetterti agli altri. Per me non c’è niente di meglio che vedere tante persone in viso così contente. Per questo l’abbiamo organizzato nella mia città, Gand, in Belgio, poi a Milano e altre due volte a New York, proprio qualche settimana fa.
Hai detto che per te è fondamentale cercare – e mostrare – sempre il lato positivo nelle situazioni. Ovviamente è un discorso su un altro piano, ma i tuoi beat oscuri e potenti non sembrano certo una musica di semplice distrazione.
Credo che, se una persona sente un feeling con la musica techno, non la percepirà mai come triste e deprimente. Penso che le persone possano trovare conforto e forza anche nei ritmi più cupi. Tornando nello specifico alla musica elettronica, penso che la sua esistenza sia fondamentale, tanto quanto quella dei club, che stiamo vedendo attraversare un periodo di crisi. Sono i principali luoghi dove si diffonde la “love culture”, mentre spesso sono percepiti come i luoghi oscuri della società. Invece è bello poter vedere che le persone si riuniscono solo per ballare e stare insieme tutta la notte.
In Italia la crisi dei club è evidente, la gente sembra preferire frequentare i grandi festival: lo avverti anche nel resto del mondo?
Sì, certo, perché è anche comprensibile il desiderio di risparmiare per andare a un festival dove si possono vedere più DJ in lineup. Ma io quindici anni fa mi sono persa (e ritrovata) in un club, un luogo buio e sudato, ma con un buon impianto audio, dove ho ascoltato proprio la musica che il DJ voleva scegliere per me. Sono due esperienze diverse che non si possono neanche paragonare, e devono esistere entrambe.
Il 7 novembre uscirà il tuo album d’esordio eponimo, il che sembra strano pensando al successo che riscontri in tutto il mondo: come mai non è successo prima?
Un DJ al giorno d’oggi potrebbe continuare a pubblicare musica senza bisogno di un album. Come ho fatto io, del resto, che mi sono concentrata sugli EP e sulle campagne per questi e hanno sempre funzionato bene. Perché, se ci pensi, il mondo dell’elettronica è così rapido che sembra tutto vecchio nel giro di pochissimo tempo. Così, forse, è meglio far uscire tre o quattro pezzi alla volta.
Ora però avevo necessità di un album per esprimere davvero tutta me stessa e la mia storia. Dopo quindici anni, ho pensato che fosse arrivato il momento per fare un passo in avanti e per far conoscere davvero la mia identità sonora. Penso di essere arrivata a un punto importante della mia carriera, con così tante persone che vengono ai miei show: ora voglio che vedano e comprendano che cosa c’è dietro.
Hai impiegato tanto tempo per realizzarlo?
Anni e anni. L’idea si è fatta spazio nella mia mente lentamente. Anzi posso dire di averla sempre avuta, fin da quando ho iniziato a fare questo lavoro full-time. Però poi il tempo passava e io realizzavo questi EP molto tematici.
A un certo punto avevo delle tracce che avevano al loro interno il rumore di motori d’auto oppure di influenze hip hop e non potevano appartenere a nessun EP, ma erano dentro la mia testa. Erano parte di un’altra storia. Ho realizzato che quella nuova storia era l’album, dove non c’erano solo brani di punta ma più profondi e ambient.