Enrique Iglesias: «Potrei pubblicare nuova musica in futuro, ma non album»
Il grande host radiofonico Zane Lowe ha ospitato il cantante spagnolo nel suo programma At Home With, su Apple Music, in occasione dell’uscita dell’album Final Vol. 1. Ecco in esclusiva un estratto della conversazione in cui Iglesias spiega le ragioni del suo imminente ritiro dalla carriera discografica
Nella sua ultima conversazione per la serie “At Home With” su Apple Music 1, Zane Lowe è raggiunto da Enrique Iglesias, che racconta il suo nuovo album Final (Vol. 1), la volontà di concludere la sua carriera discografica e le prime ispirazioni, come Michael Jackson, Bruce Springsteen e George Michael. Ad Apple Music parla anche del separare le sue ambizioni musicali dal successo del padre (soprattutto nelle prime fasi della sua carriera), del perché abbia declinato diverse offerte di residency a Las Vegas, del fidarsi del proprio intuito, di come definisce il successo e la gratitudine, e molto altro ancora.
L’uscita del nuovo album Final (Vol. 1)
«Il mio primo album risale al 1995. Ero un ragazzino. Sì, avrei voluto pubblicare quest’album nel 2017, ma poi è diventato il ’18, poi il ’19 e il ’20. E ora eccoci nel 2021. Sicuramente la musica oggi si muove più velocemente, così come il processo creativo, cosa che può essere un po’ stressante. Ma è anche un buon test per le canzoni. Se le lasci lì da parte, poi le riascolti un anno dopo e ti suonano ancora bene, allora è un buon segno. Mi sono sempre concentrato sulla musica, sulla canzone, sul processo di scrittura. Per me è ciò che conta di più, in fondo».
Fidarsi del proprio intuito
«Non vorrei suonare presuntuoso, ma non chiedo mai l’opinione di nessuno perché voglio fidarmi del mio intuito e far sì che ciò non alteri le mie sensazioni sulla canzone. Voglio dire, sono sempre aperto all’ascolto delle idee degli altri, ma in quel caso cerco di bloccarlo e concentrarmi solo sulla canzone. Come mi faceva sentire nel momento in cui l’ho scritta? È sempre bene concentrarsi su quel primo istinto e su come ti ha fatto sentire».
La definizione del successo secondo Enrique Iglesias
«Per me il successo è definito da come ti senti e dalla tua capacità di circondarti di persone positive. Soprattutto quando hai una famiglia, soprattutto quando ti vuoi alzare ogni giorno col sorriso. Se sei giù di morale e la tua autostima è bassa, allora ne saranno colpite anche tutte le persone intorno a te. È importante scegliere di chi circondarsi. Per me il successo si riduce alle persone che ti stanno attorno, alla positività della loro energia e a come ti facciano sentire felice».
«La musica è quella cosa che, quando scrivi una canzone o c’è quel tale pezzo che risuona bene con i tuoi fan, è difficile da descrivere. Mi pare che Bono degli U2 una volta abbia detto: “Quando hai un pezzo che funziona o una hit, la gente ti sorride un po’ di più. Ricevi più chiamate”. È proprio così. Ti fa sentire meglio, semplicemente. È ciò che cerco con la mia musica».
«Voglio che crei un legame con la gente e che sia ben accolta, è il motivo per cui lavoro così sodo. Poi la suono sempre per i miei figli. Ho due gemelli di tre anni e un altro di un anno e mezzo, di solito gli suono alcune delle canzoni e vedo la loro reazione. Una cosa divertente, soprattutto con i gemelli».
L’influenza di Michael Jackson, Bruce Springsteen e George Michael
«Ho cominciato a innamorarmi dell’idea di performance quando avevo 13 o 14 anni. Ricordo due artisti in particolare e i loro concerti. Anzi, tre. Uno era Michael Jackson, un altro Bruce Springsteen e infine George Michael. Li ho visti qui allo stadio di Miami. Ricordo che li guardavo e pensavo: “Wow, vorrei essere come loro. Voglio sapere come ci si sente su un palco circondati da 60mila persone che cantano le tue canzoni; canzoni che significano così tanto per te”».
«Loro erano fenomenali. Erano performer incredibili. Bruce lo è ancora, forse è il mio preferito di sempre, una vera ispirazione. Io cominciato più da una prospettiva di songwriter, era come una terapia per me. Ma diventando più grande mi son detto: “Voglio essere in grado di salire su un palco e cantare queste canzoni”. Un’altra cosa che facevo era prendere le loro canzoni e scriverci sopra i miei testi e le mie melodie. Il mio processo di songwriting è cominciato così».
La volontà di Enrique Iglesias di separare le sue ambizioni musicali dal successo del padre
«Ero un ragazzo molto ribelle. Non andavo bene a scuola e volevo davvero separare la mia musica da quella di mio padre. Per qualche motivo pensavo che se avessi rivelato ciò che davvero volevo fare – sono sempre stato un po’ superstizioso – allora non sarebbe accaduto. Ancora oggi penso che se avessi detto alla mia famiglia “Voglio fare musica. Voglio avere un contratto discografico, andare in tour e fare questo e quest’altro”, per qualche ragione non sarebbe successo. Ciò mi diede parecchio stress, ma è sempre stata la paura a tenermi vigile – e pure indipendente – anche quando avevo una carriera avviata».
«Per fortuna non ho dovuto mai guardare indietro. Le cose semplicemente vanno avanti. Se nel 1995 – quando avevo 17 anni e firmavo il mio primo contratto – mi avessi chiesto “Ti vedi fra vent’anni a fare ancora questo, con un certo grado di successo?”, io avrei risposto: “Non ne ho la più pallida idea”. Ma era una cosa che adoravo e che adoro ancora. È questo che mi fa guardare avanti».
Crescere negli USA senza la mamma
«Quando mi trasferii negli Stati Uniti fu un cambiamento radicale. Fu difficile soprattutto nei primi tre anni: mia mamma non viveva lì. Ma al tempo stesso oggi guardo tutto ciò da una prospettiva musicale, nel senso che ha condizionato la mia vita, e penso: “C’è sempre qualcosa di positivo anche quando succede qualcosa di negativo”».
Il nuovo album di Enrique Iglesias e la fine della carriera discografica
«Nel 2015 o 2016 stavo girando un video e mi è semplicemente venuto in mente che il mio successivo album sarebbe dovuto essere l’ultimo. C’è un Vol. 1 e un Vol. 2 perché devo rispettare un contratto discografico, a essere sincero. L’etichetta ha detto: “Puoi pubblicare questo album, ma tu vuoi sempre nuovi dischi”. Così ho detto: “Ok, facciamo il volume 1 e 2”».
«Sento di essere in un nuovo capitolo della mia vita e realizzare un album è un processo estenuante per me. Continuerò a scrivere canzoni e potrei pubblicare nuova musica in futuro. Semplicemente non sarà nel formato di un album. Scrivere una canzone può richiedermi cinque anni o cinque minuti. E scrivo la maggior parte delle cose a casa mia. Per cui è fattibile, ma questo è il mio ultimo album. Ho preso questa decisione nel 2016-17 e ne sono ancora convinto».
Il brano All About You
«Quella canzone è molto sincera. Rimanere a casa per un anno e mezzo senza andare da nessuna parte, e stare con l’amore della mia vita… Quando viaggi o vai in ufficio non ci si vede costantemente, ma quando si sta insieme tutto il tempo, sette giorni su sette, per un anno e mezzo, la relazione o si rafforza o si rompe. Ci sono stati momenti di fragilità, ma per fortuna è diventata forza».
La gratitudine per la famiglia
«Sono sempre stato ansioso. Mi sento fortunato ad essere stato in condizione di fare ciò che amo, che mi ispira, e guadagnarmi di che vivere tramite ciò, che per me è pazzesco. Sono grato di avere una famiglia incredibile, e sono circondato da persone che lavorano con me. Anche loro sono la mia famiglia. Sono con me da 20 o 25 anni. Sempre gli stessi».
Perché ha rifiutato offerte di residency a Las Vegas
«Perché non mi va di esibirmi nella stessa città ogni sera. Almeno per il momento. Mi hanno chiesto di farlo negli ultimi 5, 6, 7, 8 anni, e ho sempre detto di no. Probabilmente dirò di no anche fra tre o quattro anni. A me piace viaggiare, andare in città diverse. In ogni città imparo qualcosa. Non importa quante volte sia stato in una stessa città: ogni volta ci trovo qualcosa di diverso. Lo adoro. C’è sempre qualcosa di diverso nei fan, e amo incontrare i diversi fan».