Interviste

La storia di Eugenio Scotto dagli inizi ad oggi, da Facchinetti a Capo Plaza

Temperamento pacato, gentile e rassicurante, l’imprenditore classe 1986 dirige One Shot Agency, con cui ha sviluppato le campagne marketing di Geolier, La Sad, Il Tre, Capo Plaza, Rocco Hunt, Fedez e molti altri

Autore Silvia Danielli
  • Il26 Ottobre 2024
La storia di Eugenio Scotto dagli inizi ad oggi, da Facchinetti a Capo Plaza

Eugenio Scotto

Eugenio Scotto lo ha sempre saputo: avrebbe lavorato nell’organizzazione in campo musicale o in quello televisivo. E lo sapeva fin da piccolo, l’imprenditore originario di Reggio Calabria, classe ’86, che ha creato un piccolo impero totalmente da zero. Temperamento pacato, gentile e decisamente rassicurante, come capiamo durante questa intervista, oggi Eugenio Scotto dirige One Shot Agency, insieme a Benedetta Balestri e Matteo Maffucci, che cura il management di moltissimi influencer e creator, da Mattia Stanga a Jody Cecchetto, da Cecilia Cantarano a Elisa Maino.

Al suo interno ci sono Streamland, casa di produzione video. Straeasy, unit specializzata nella progettazione di strategie digitali di influencer marketing. Another One, per lo sviluppo di strategie musicali ad hoc, che ha lanciato le campagne marketing di Geolier, La Sad, Il Tre, Capo Plaza, Rocco Hunt, Sarah e Fedez. 4.4 Tattoo, molto legata alla urban art. Zenzero, specializzata invece in food. Una potenza di fuoco che va dallo sport ai tattoo, dal food all’arte contemporanea.

«Era il mio sogno, l’ho sempre saputo ma Reggio non è Milano, dove ci sono tutti gli studi televisivi e di registrazione. Giù non c’era assolutamente niente. La distanza tra quello che vedevi in tv e sotto casa era enorme», racconta lui nei suoi uffici vicini a viale Argonne. «Mia madre mi ha giusto mandato poco tempo fa una foto dove ci sono io a 8 anni che avevo organizzato un palco per gioco in cortile con gli amici, mettendoci pure le transenne. Cantavamo i pezzi del Festivalbar o di Max Pezzali e con i soldi che “guadagnavamo” con i vicini ci compravamo il microfono o la chitarrina: ero proprio già fissato!». Tra i tanti artisti conosciuti e con cui ha lavorato, Eugenio ha poi incontrato Max Pezzali, tramite Claudio Cecchetto su cui fece la tesina alle superiori, e ora è manager del figlio Jody.

L’intervista a Eugenio Scotto

Tutto torna quindi: per te Cecchetto era la figura da seguire?
Certo, per me è un visionario. È il manager per eccellenza. Se ci pensi tutto ciò che ascoltiamo e vediamo in tv oggi l’ha scoperto lui. Jovanotti, Max Pezzali, Gerry Scotti, Amadeus. Il suo segreto? La follia. Lui pensa una cosa e non ha paura a metterla in pratica. Non sta a pensare a quanto possa costare un progetto, lo realizza e basta.

Come fa?
Ci prova ed è questo che ho imparato anche io. Bisogna avere un’idea e saperla raccontare il meglio possibile. Cecchetto ha scoperto Daniele Bossari in discoteca soltanto dalla voce, senza vederlo. Si è voltato e gli ha detto: tu da domani vai in onda.

Anche tu senti di avere questa capacità e velocità di giudizio?
Penso di sì. Se ripenso a quel palchetto che costruivo con gli amici, mi viene in mente un episodio. Un giorno loro, che avevano 4 o 5 anni più di me, mi abbandonarono. Era comprensibile: si chiedevano perché stessimo a perdere tempo con quei giochi inutili con i finti palchi musicali. Così io passai al calcio e riuscii a coinvolgerli di nuovo. Perché uno si occupava di fotografia, un altro dei gagliardetti, io avevo creato un giornalino ma soprattutto iniziai ad andare in tutti i negozi del vicinato a chiedere un minimo contributo perché facessero da sponsor. Sono arrivato così a organizzare un torneo.

Eri molto intraprendente da piccolo.
In realtà ero molto timido e come conseguenza soffrivo un po’ di balbuzie. A scuola andavo molto male, quando venivo interrogato non riuscivo a rispondere. E mia madre, che era professoressa di francese e ci teneva moltissimo, non la prendeva molto bene. Insomma, sono arrivato in terza media ad avere una febbre psicosomatica tanto che i miei mi fecero ricoverare in ospedale. Lì però mi è capitata un’esperienza che mi ha cambiato la visione del mondo.

Che cosa?
Mi hanno portato in una sala per farmi un prelievo al midollo osseo, perché in ultima istanza pensavano che io potessi avere la leucemia e lì ho visto veramente chi stesse soffrendo. Io (ovvero la mia mente) lo stava facendo perché non volevo andare a scuola e basta. Mi sono risvegliato e vergognato di me. Mi sono fatto fare apposta il prelievo (il più doloroso della mia vita) senza anestesia, per punirmi. Da lì ho deciso di cambiare completamente e di dedicarmi all’atletica per seguire le orme di mio nonno e di mio zio. Ma ero una schiappa.

Quindi lasci l’atletica?
Tutt’altro. Mio zio mi spiega che per farcela non posso pensare di allenarmi 3 volte a settimana ma devono essere 3 volte al giorno, anche se vado a scuola. Quindi inizio a svegliarmi alle 6 e ad andare ad allenarmi prima e dopo il liceo. Dopo un anno inizio a ottenere i primi risultati e dopo i regionali vado anche a fare le gare nazionali. Però c’era anche un’altra cosa che mi interessava moltissimo ed era in tv, su Hit Channel per la precisione: il programma di DJ Francesco. Io e mio fratello non ci perdevamo una puntata finché fu proprio lui a dirmi che ad agosto ci sarebbe stato Facchinetti a Reggio. Non potevamo perderlo così andammo, intenzionati a conoscerlo.

Così successe una cosa molto strana: nella folla Francesco chiama proprio me e mio fratello e ci invita a salire sul palco. Ci scambiamo i numeri e lui mi chiama dopo un paio d’ore, chiedendomi di accompagnarlo a comprare un costume. Da lì iniziamo a sentirci tutti i giorni e pian piano l’atletica passa in secondo piano. Tanto che decido di lasciarla, pur consapevole che l’atletica mi aveva dato tutto per la mia forma mentis. Sentivo che il mio sogno di poter lavorare nell’organizzazione si stava avvicinando.

E riesci a rivederlo?
Il mio sogno è andare a Sanremo quindi dico ai miei genitori, a 17 anni, di non farmi regali quell’anno ma di portarmi al festival, così da poter anche incontrare Francesco. Ho iniziato a lavorare per lui come assistente e piano piano son entrato in società con lui. Ci sono rimasto per 9 anni. Anche ora siamo in ottimi rapporti, è stato il mio testimone di nozze, per dire.

Chi è stato il primo artista che hai scoperto tu da solo?
Frank Matano. Avevo notato un suo video su YouTube dove si vedeva un suo scherzo telefonico a Madrid. Lo aveva caricato per sbaglio ma avevo notato una sua enorme capacità di intrattenere il pubblico in modo naturale così mi propongo come suo manager e lui accetta. Con lui misi in atto il primo placement al di fuori dalla televisione. Penso di essere stato praticamente il primo in Europa.

E poi?
Poi ho firmato Nesli: in lui ho visto un enorme talento. Chiara Biasi, Francesco Sole, Gordon. Di Jody Cecchetto ho già detto. Ho scoperto Elisa Maino quando lei aveva solo 13 anni: era timidissima e si presentò all’incontro con i suoi genitori. Siamo praticamente cresciuti insieme. Greg Goya, che ha dato vita alla cosiddetta “fast art”. Paola Di Benedetto. Insomma, potrei continuare all’infinito.

Che cosa hai architettato come strategia per i progetti musicali?
Io lavoro a strettissimo contatto con molte etichette discografiche. Cerco di ideare dei progetti totalmente ad hoc dove vengano messe in evidenza le caratteristiche degli artisti. Per esempio, ho studiato la strategia per il singolo di Rocco Hunt, Musica Italiana, con un apecar brandizzata in giro per l’Italia. Oppure per Geolier a Sanremo dove abbiamo brandizzato una pizzeria. Per il singolo di Fedez Sexy Shop ho organizzato la collaborazione con OnlyFans. Per alcuni artisti seguo proprio il loro management lato musicale come per Fedez e Capo Plaza. Oppure sono il co-manager di Sarah, vincitrice di Amici 2024.

Se fossi costretto a scegliere qual è il talento che hai scoperto di cui vai più fiero?
Luca Arancio, ora importante tatuatore. Faceva il disegnatore e io avevo notato i suoi ritratti su Facebook. L’ho conosciuto e ho avuto l’illuminazione di proporgli di iniziare a tatuare. Penso di avergli garantito un lavoro a vita, non potrei essere più felice e orgoglioso.

Eugenio, non ti fermi proprio mai?
Difficile ma per me non è nemmeno un lavoro, è un piacere. La sera mi dedico parecchio alla mia famiglia, a mia moglie e a mio figlio. Quando loro dormono magari io continuo a guardare i social, TikTok e Instagram per scoprire nuovi talenti.

Che cosa vorresti che rimanesse di tutta questa tua attività?
Vorrei che un giorno mio figlio Achille potesse leggere qualcosa su di me che lo renda fiero, davvero. Ecco, quello per me sarebbe la massima soddisfazione possibile.

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