Ora chiama Gaia
Per “rosa dei venti” che uscirà venerdì 21 marzo, la cantautrice ha trovato totalmente il suo equilibrio tra ritmi diversi e, per la prima volta, ha scritto la maggior parte dei brani in italiano. La protagonista della nostra digital cover si racconta tra le ansie sul pensiero di diventare mamma e avere una carriera, le manipolazioni dei media e molto altro

Foto di AGF
Gaia ha trovato il suo equilibrio, pur tra le correnti o – se vogliamo – tra i venti citati nel titolo del suo album: dopo CHIAMO IO CHIAMI TU, presentata al festival di Sanremo, con rosa dei venti, che uscirà venerdì 21 marzo, allarga lo spettro musicale. Abbraccia tutti i suoi gusti personali, dal reggae alla bossa nova fino alla drum ‘n’ bass e decide di giocare in autonomia, scrivendo praticamente da sola in italiano. Lei però non vuole azzardare l’ipotesi di avere in mano il suo balance: «Io non ho trovato proprio niente. La ricerca è costante e quotidiana. Però ci sono dei momenti in cui mi sento presente perché sono felice del mio lavoro». Non c’è ombra di dubbio: adesso è Gaia – protagonista della nostra nuova cover story – a chiamare.
E i fan di Gaia possono rispondere ascoltando per la prima volta dal vivo rosa dei venti al Fabrique di Milano il prossimo 7 maggio.
L’intervista a Gaia
Gaia, come definiresti rosa dei venti se toccasse a te il compito?
È la playlist musicale, anzi emozionale, dei miei 20 anni. Rispecchia il modo in cui io e i miei coetanei ascoltiamo la musica oggi, scegliendo più i brani che gli album. Credo che ogni pezzo abbia la propria unicità, ma che ci sia comunque un filo conduttore.
Quale pensi che sia?
Me stessa. Il filo conduttore di rosa dei venti è Gaia. Perché sono davvero molto presente. Non sono mai stata una che suonava bene o scriveva benissimo, ma ho un istinto infallibile.
Ti senti presente a te stessa o a questa scena musicale?
A entrambe. Diciamo che tutto quello che ho ascoltato e ascolto rientra poi nella mia musica. Credo ci sia un’immediatezza che fa parte della mia epoca. Queste canzoni sono state scritte nell’ultimo anno e mezzo. Però il processo di scrittura parte molto prima, almeno a tre anni fa, e c’è tutto il mio vissuto, i miei immaginari sonori, i miei mondi.
Tu sei stata molto pro-attiva anche nella produzione?
Ogni volta che mi avvicinavo avevo davvero ben presente dove volevo andare a parare. Quindi avevo necessità anche di avere una facilità comunicativa. È un’intesa che ho da sempre con Simone Privitera, Simon Says. Per esempio, Cicatrice è nata così. Stavo male, anzi malissimo e l’ho chiamato: “Sei a Milano? Bene, andiamo subito in studio”. Non avrei potuto fare altro in quel momento. Anche con Madfingerz, Vigan, Mr Monkey e Bias. Però per questo album ho voluto scrivere da sola in italiano e per me è un enorme passo avanti, a parte Vento il brano con Toquinho, dove in realtà ha collaborato Franco126, e Moon Veleno.
È stato difficile scrivere in italiano? Mi avevi già detto che è meno musicale del portoghese.
In parte per questo, ma poi perché non avevo mai ascoltato tanta musica italiana. Questo album è proprio dedicato agli italiani e all’italiano, perché in passato ho sempre dovuto proteggere l’altra mia patria, il Brasile. Ora sento il compito inverso.
Che cosa hai ascoltato invece in questo periodo?
Tanto Battisti, Ornella Vanoni (in realtà sempre) e Mina, Elisa, Joan Thiele poi artisti urban del momento. Tra questi moltissimo Anna, Tony Boy, Digital Astro e Simba La Rue.
Anche Anna ci ha raccontato che vorrebbe collaborare con te tra le artiste italiane! Nell’album hai chiamato, oltre a Toquinho, Lorenzza, Guè e anche Capo Plaza che è il nome che mi ha stupito di più.
Luca (Capo Plaza, n.d.r.) è una persona stupenda e l’artista preferito di mia sorella minore, Frida, che era contentissima. È venuto un pomeriggio in studio e abbiamo registrato al volo due pezzi che sono venuti esattamente come volevamo. Guè invece è il preferito della sorella più grande, Giorgia, quindi ho fatto felici entrambe, ma in primo luogo me stessa.
Nella prima traccia ci sono dei messaggi vocali, si capisce di persone a te care, chi sono?
Il primo è di mia nonna che mi augura protezione e mi dice cosa fa lei quando non sa cosa fare. Poi ci sono le mie sorelle, Giorgia e Frida, infine c’è mio padre. Eravamo a Cefalù con Madfingerz e Vigan e ci siamo resi conto che mancava una parte emozionale. Ma non creata da me. Così ho mandato dei messaggi ai miei famigliari chiedendo degli auguri per l’album e così sono nati questi vocali. Penso che sia la intro perfetta per Fumo blu.
In rosa dei venti canti “Non capisco mai gli altri”, eppure Gaia, tu sembri piuttosto empatica: ma senti spesso questa sensazione?
Sì, perché li sento troppo distanti, senza una ragione.
Il testo prosegue con “Pensa a fare figli e fare carriera”: scelta che non si pone mai agli uomini.
Ce lo chiediamo sì, se siamo donne che hanno voglia di essere multiformi e di non seguire quell’unico destino di diventare madri come ci è stato insegnato dai tempi lontani. Vorrei che questi miei istinti venissero accolti senza troppe pare. Perché, nonostante io sia una privilegiata, e lo so, lo stesso devo confrontarmi con queste idee. E voglio chiedermi se davvero alcuni siano miei sogni spontanei o mi siano stati inculcati. Io ci penso: non ho le idee chiare, mi vengono delle sensazioni contrastanti.
Ti vengono un po’ di pare giustamente.
Esatto, anche perché viviamo tutti nell’epoca dell’ansia, questa cosa è innegabile.
Che spiegazione ti sei data per questa ansia diffusa?
Viviamo a un ritmo troppo veloce che non è naturale. E poi c’è questa interconnessione a cui siamo sottoposti. Anche se siamo nelle nostra casa al sicuro, non è possibile che non sentiamo la sofferenza di chi invece non ce l’ha più, perché gli è stata bombardata, giusto per fare un esempio. Penso che siamo in un momento di transizione, ma allo stesso tempo credo che ci siano anche degli aspetti positivi.
Quali?
Credo ci sia un disegno più grande e un’energia maggiore di noi. Alla fine la storia è ciclica quindi il corso degli eventi dovrà cambiare per forza. So che è complesso vedere degli appigli di speranza, ma ci sono.
Ti senti mai bloccata quando devi esprimerti sull’attualità a causa della valanga di commenti che potrebbero arrivarti?
Più che altro mi sembra sempre che qualsiasi dichiarazione venga manipolata da parte dei media per creare buzz o clickbait. L’ho visto anche su di me: dal gossip a ciò che è più serio. Anche le domande che mi vengono fatte nelle interviste noto spesso che non sono poste per creare un vero confronto. Io comunque preferisco dire sempre la mia e chi si è visto, si è visto. Sono bravi quelli che riescono ad essere auto-ironici, spiritosi e a ribaltare i toni. Io a volte non ci sono riesco. La comunicazione pare abbastanza complicata ai giorni d’oggi.
Ti sei pentita di come hai reagito a Domenica In dopo Sanremo alla domanda di Davide Maggio?
No, sono stata autentica. In quel momento ero così stanca e quindi mi è venuto spontaneo piangere. Le persone in seguito hanno reagito in un modo così caldo e affettuoso che mi hanno davvero riempito il cuore. Però penso: bisogna arrivare addirittura al pianto per emozionare? E siamo così alla mercé di commenti pessimi? Che poi io sono davvero grata al pubblico per come ha reagito. Il punto è verso chi fa un certo genere di domande.
Gaia, come dicevi prima parlando di rosa dei venti, hai sempre cercato di far conoscere la cultura brasiliana in Italia, anche perché tua mamma è di lì. Che cosa non sanno davvero gli italiani secondo te?
Non ne sanno molto, anzi. Io mi auguro che gli italiani si aprano a questa musica per una questione semplicemente sensoriale, perché se ti apri a quelle frequenze, l’umore ti cambia immediatamente. Percepisci la saudade e la gioia di vivere delle persone che spesso non hanno niente, se non un museo a cielo aperto. Quello che noti poi è che se vai a un concerto in Brasile, che sia di samba o dei Sepultura, il pubblico che vedi è come se avesse i chakra aperti! Perché le persone hanno voglia di connettersi e ballano davvero.
Tu ti sei mai esibita lì?
A Rio, proprio per una delle occasioni più importanti, il Carnaval da Arara. È stato incredibile. Credo che in Italia, spesso, ci si trattenga e si rimanga distanti. C’è meno generosità nel guardarsi negli occhi. Però l’Italia condivide molti aspetti artistici con il Brasile.
Dopo il video diventato viralissimo di Carlos farete altre cose insieme?
Di certo non per spingerne la viralità ancora di più, perché non ce n’è più bisogno. Ma sicuramente per pensare a fare qualcosa per i live: lì non può mancare il suo tocco.