Geolier è il giocatore di punta della squadra vincente, Napoli. L’intervista su “Il coraggio dei bambini”
Esce oggi il secondo – e molto atteso -album del rapper di Secondigliano. Che ci ha raccontato perché i bambini napoletani sono diversi dagli altri e perché Sfera ha un metodo infallibile per produrre hit. E molto altro
Geolier è in questo momento come Osimhen per il Napoli. Il giocatore di punta di una squadra che sta dominando la classifica di serie A. Anche la scena rap partenopea sta vincendo il suo campionato e Geolier, al secolo Emanuele Palumbo, sicuramente ne è un tassello fondamentale.
È “Il rapper preferito del tuo rapper preferito”: da Guè a Sfera fino a Lazza. È in cima alla chart dei brani più utilizzati su TikTok con Money. E al terzo posto della Top 50 Italia di Spotify con l’altro dei singoli, Chiagne (insieme a Lazza), che anticipa il suo nuovo album, che esce finalmente oggi. Il coraggio dei bambini, il secondo album dopo Emanuele del 2019.
Hai raccontato di aver rimandato tante volte l’uscita di questo nuovo album. Ora come ti senti?
Pronto, finalmente. Sono gasato. Ho aspettato perché non mi sembrava pronto questo progetto, o forse semplicemente non ero pronto io. Ho lavorato tantissimo: ho prodotto 200 progetti per arrivare a queste 19 tracce. L’ho sentito talmente tante volte che ora non ne posso più.
Mi è parso un lavoro bello coeso con un’attitudine old school.
Perché io ne sono influenzato da sempre. Ho sempre ascoltato quella musica lì. Che ora risulta old school ma ai tempi ovviamente non era old.
Hai scoperto l’hip hop grazie agli amici?
No, ero l’unico da piccolo che ascoltava quella musica. Ero solo nella mia cameretta. E mi piaceva tutto il mondo dell’hip hop dai graffiti alla breakdance, al rap. Anche adesso mi capita di rappare con quello stile old-school su un beat trap. Più avanti sicuramente ho trovato più persone con cui condividere quella passione.
Quando hai iniziato?
Non ricordo precisamente quando. So che il primo pezzo che mi ha cambiato la visione delle cose è stato I Can di Nas. Poi non so quando ho capito che avrei voluto fare il rapper. C’era sicuramente una scena underground a Napoli, con anche le battle, che io non potevo frequentare perché ero troppo piccolo.
Più avanti invece hai partecipato?
Sì e le ho perse tutte! Mi ricordo in particolare di una battle fuori da una Chiesa. Dove ovviamente costruivamo le punchline su quel luogo e sui santi. Fui il primo a essere cacciato in malo modo! Avrò avuto 12 anni.
La classica domanda: avresti mai pensato che saresti arrivato dove sei oggi?
Decisamente no! Io mi impegnavo ma perché amavo l’hip hop non per raggiungere chissà quali guadagni.
A proposito del titolo dell’album, Il coraggio dei bambini, hai detto che a Napoli non è facile essere bambini spensierati, anzi è impossibile. In che senso?
Perché a Napoli la gente non si ferma mai e trasmette questa idea anche ai figli. Non c’è niente di brutto in questo. Ma già da piccoli i napoletani si chiedono come facciano i loro genitori a procurarsi il denaro ogni settimana. E questo è indice del fatto che non siano mai tranquilli. Poi però Napoli è la città più bella del mondo: è il paradiso. Con la gente che cerca di entrare in confidenza.
Durante la conferenza per il Red Bull 64 Bars Live di Scampia, Geolier hai raccontato come nel tuo quartiere, Secondigliano, adesso i ragazzi vogliano più fare i rapper che i calciatori. Ora hanno anche il tuo esempio, poi.
È vero. Innanzitutto l’hip hop si è preso tutto, anche nella moda. E penso che a Napoli è stata un po’ sdoganata l’idea di essere artisti. Forse i ragazzi napoletani prima si vergognavano. Perché devi metterti in gioco nel rap, raccontare te stesso nell’intimità. Non devi farlo se sei un calciatore.
Cosa sta succedendo ora in particolare nella tua città? Artisti incredibili ce ne sono sempre stati, da Pino Daniele ai Co’Sang ma ora si avverte proprio un gran fermento.
Credo che la scena sia molto unita perché si lotta verso uno stesso obiettivo. A Milano ci sono molti più artisti e forse più concentrati su se stessi. A Napoli c’è vita nei rioni che si rispecchia nella musica in modo spontaneo, c’è un sottobosco pazzesco. Ho avvertito la stessa sensazione in Francia. Ho incontrato dei ragazzi sotto la Tour Eiffel a Parigi e ci siamo intesi subito senza bisogno di parlare. Nessuno di noi era docile ed è bastato dirci due parole per capirlo.
Geolier, anche a Milano ti trovi bene?
Certo, ci sono i miei amici che mi fanno sentire a casa, poi. Paky, Shiva, Lazza: anche loro si vivono la vita di quartiere.
Ti sei incontrato con Paky, Shiva, Lazza, Sfera, Guè per i feat presenti ne Il coraggio dei bambini?
Sì, con quasi tutti a parte Guè, che è come un padre per me e purtroppo non ho mai lavorato in studio con lui. Vedere Sfera in azione poi è super interessante: è proprio come vorrei fare io. Lui ha sempre in mente come costruire una hit, quante parole utilizzare, le dosa esattamente e non ne spreca una di più.
Come fa a saperlo?
Non lo so. Per esempio, io faccio tutte le doppie nei miei pezzi. Lui invece fa solo quelle che gli servono. Io invece mi emoziono e faccio magari molto di più.
Avresti voluto coinvolgere qualcun altro?
Sì, ma non posso dirtelo.
Che rapporto hai con il denaro? Ne parli in Money ovviamente e in Niente di speciale.
Per me sono in secondo piano ma per fare il mio lavoro servono. Per scrivere devi viaggiare, fare esperienze. Appena ho tre giorni liberi ho bisogno di scappare ma per fare questo ho bisogno dei soldi. E poi servono per aiutare la mia famiglia e le persone a me vicine. Sperando che non prendano più strade sbagliate come in passato. Comunque, non sono essenziali in sé.
Geolier che rapporto hai con TikTok? Mi hanno detto che hanno dovuto faticare per convincerti ad aprire il tuo profilo però la tua canzone (Money) è la più utilizzata per i video oggi in Italia. Pensavo fosse una questione di timidezza ma non mi sembri per niente timido…
No, non è tanto quello quanto il fatto che non mi sento molto adatto a fare le coreografie. L’altro ieri ho fatto il mio primo tiktok dove ho spoilerato un pezzo di Come vuoi, mentre ero in macchina. Poi secondo me i social in generale ti rubano troppo tempo. Anche Instagram. Vuoi vedere una cosa sola e poi rimani lì col cellulare troppo a lungo. Preferisco vivermi la vita.
Dato che manca pochissimo, tu andresti mai a Sanremo?
Sì, senza snaturarmi possibilmente.
Come farà Lazza probabilmente.
Esatto.. Non è che non mi piaccia il festival però di solito non la guardavo. Lazza è il motivo per cui guarderò l’edizione di quest’anno.