Londra e reggae: un connubio mai sopito – Intervista a Hollie Cook
Lei è figlia d’arte: Paul Cook suonava la chitarra nei Sex Pistols e la madre, Jeni, era una delle coriste dei Culture Club. Hollie Cook è cresciuta ascoltando tonnellate di musica reggae e per il suo terzo album in studio “Vessel of Love” ha chiamato in studio alcune leggende del post punk: Martin Glover, Jah Wobble, Keith Levene
Lei è figlia d’arte: Paul Cook suonava la chitarra nella più importante e famigerata punk band della Terra d’Albione (parliamo ovviamente dei Sex Pistols) mentre la madre, Jeni, era una delle tre coriste dei Culture Club. Hollie Cook è giustamente cresciuta ascoltando tonnellate di musica reggae che da sempre è la “pietra angolare” della costruzione estetico-musicale di mamma, della compianta amica Ari Up delle The Slits (con le quali Hollie ha girato in tour) e, come scoprirete leggendo, anche del papà di un fidanzato. Per il suo terzo album in studio Vessel of Love, ha chiamato in studio proprio alcune leggende del post punk – gente anagraficamente più vicina ai suoi genitori che ai suoi coetanei: Youth alla produzione (ovvero Martin Glover, ex Killing Joke che ha lavorato dagli U2 ai Guns N’ Roses), l’eclettico Jah Wobble al basso e Keith Levene alle chitarre. Il disco, dalle indubbie sonorità reggae e pop, è generosamente solare e positivo, un vero tocco di estate anticipata, e Hollie Cook adesso è pronta ad affrontare un lungo tour che purtroppo non la porta – per adesso – a toccare il suolo italico.
Che cosa significa il genere “tropical pop”? Con questa definizione mi vengono in mente Harry Belafonte e M.I.A.
Ho scelto quasi casualmente questa definizione. Ho pensato che fosse un modo giusto per descrivere la mia musica, mantenendo però un po’ di genericità che permettesse di pensare a un ampio spettro sonoro. La cosa buffa è che tutti i giornalisti mi fanno questa domanda. La cosa mi piace e vuol dire che funziona.
Nell’album sono presenti personalità della musica come Youth o Jah Wobble. Com’è stato lavorare con loro? Ascoltando le tracce sembrano assolutamente a loro agio nel trasmettere quel senso di positività che emerge dall’ascolto del tuo disco.
È vero, e davvero è stato fantastico lavorare con questi musicisti leggendari. È sempre un onore collaborare con persone che hai ammirato e che hanno influenzato il tuo processo creativo.
Quindi nessun problema a lavorare sulle tue idee con persone più grandi di età?
Nessuno. Peraltro l’esperienza di questi musicisti ti aiuta a crescere. E poi sono totalmente “impassibile” alle differenze di età.
Ci piace molto l’artwork della copertina. Ci sono dei disegnatori e illustratori che ami particolarmente?
Robin Eisenberg (artista/designer e “nerd di Los Angeles”, come ama definirsi, ndr) è la mia illustratrice preferita. Ho lavorato con lei su ogni disco. Dipinge donne forti e nello stesso tempo è così sognante, pop e colorata. È anche una cara amica, quindi è un vantaggio in più. Adoro anche Lynnie Zulu e Oliver Hibert.
Vorrei sapere come ti relazioni con Londra. Di recente Tracey Thorn ci ha detto che ha un rapporto di amore e odio: a Londra ci sono le sue radici ma è diventata un posto per ricchi.
Amo Londra ma devo ammettere che ho passato anni a odiarla. Ma fortunatamente, visto che viaggio un bel po’, mi sono divertita a provare quella sensazione di ritornare a casa. Sono nata qui e tutta la mia famiglia ci vive. Quindi, alla fine, è davvero qui che sta il mio cuore. Ha comunque ragione Tracey Thorn sul fatto che sia sempre più difficile viverci.
Quali sono le tre canzoni reggae che ami di più e perché?
Police and Thieves di Junior Murvin. Ricordo la prima volta che l’ho ascoltata e suona così diversa dalle altre registrazioni del suo tempo. Adoro la sua voce in falsetto e la produzione di Lee “Scratch” Perry.
Silly Games di Janet Kay. Questa canzone è stata la mia introduzione al lovers rock (uno stile di reggae molto romantico, tipico della città di Londra, ndr). È anche una delle prime cantanti reggae femminili che ho ascoltato e di cui mi sono innamorata, spingendomi a cantare in questo stile. L’ho sentita quando avevo 15 anni: il papà del mio ragazzo l’aveva registrata su una cassetta. L’abbiamo presa in prestito e ascoltata a ripetizione. Ricordo addirittura che sull’altro lato c’era un bel brano di Carroll Thompson, Hopelessly in Love.
Showcase di Junior Delahaye. Con questo brano viene fuori tutto il mio amore per le voci in falsetto, morbide e sentimentali.
E invece quale canzone delle Slits consiglieresti a un neofita?
Tipical Girls: ha un grande groove e un messaggio divertente da comunicarvi.
Con che tipo di line up ti presenterai in tour?
Mi presento con i General Roots, i miei amici e la mia famiglia da molto tempo. Batteria, basso, chitarra e tastiera. Una piccola band ma dal suono potente!