Interviste

James Pereira: il regista di XXXTentacion che ora punta sull’Italia

Dall’America al cuore del Mediterraneo: abbiamo parlato con l’artista di vita passata, progetti presenti e obiettivi futuri

  • Il4 Giugno 2025
James Pereira: il regista di XXXTentacion che ora punta sull’Italia

James Pereira

In occasione dell’uscita ufficiale il 30 maggio del remix postumo di whoa (mind in awe) di XXXTentacion con Juice WRLD — il cui video, girato in Jamaica, è un tributo alle radici familiari e culturali di X  — abbiamo intervistato James Pereira, regista del progetto. Fotografo, filmmaker e creative director attivo in tutto il mondo – nonché fondatore di Paperwork Studio, ideatore della piattaforma VisionDeck e co-proprietario del Last Good Film Lab – è un artista che porta avanti progetti diversi con la stessa cura per il racconto visivo, tra musica, video e pellicola. Il prossimo capitolo? Un film attualmente in sviluppo proprio in Italia.

L’intervista a James Pereira

Presente

Cosa ti ha portato in Jamaica per il video di whoa (mind in awe) di XXXTentacion con Juice WRLD? Che tipo di energia ti ha dato visivamente ed emotivamente?
All’inizio avevo pensato di girare in un orfanotrofio di Miami dove X era già stato diverse volte, portando regali e passando del tempo con i bambini. L’idea era intervistarli sui loro sogni e cercare di realizzarne qualcuno. Quando ho proposto questo concept a Cleo, la madre di X, lei lo ha apprezzato molto, ma mi ha suggerito di spostarlo in Jamaica, terra d’origine di Jahseh e della sua famiglia. Questo ha dato al progetto un significato ancora più profondo. In Jamaica ho trovato un’energia autentica e cruda. I bambini con cui abbiamo parlato erano grati alla vita, anche se avevano poco. I loro sogni — vivere in pace, avere amici, un mondo senza violenza — sono desideri universali. Il video è nato per parlare a tutti, non solo ai bambini jamaicani, ma a qualsiasi giovane nel mondo che si rivede in quei desideri semplici ma fondamentali.

Il video è molto personale e sembra un tributo a XXXTentacion. Cosa rappresenta per te? E come riflette il vostro legame?
Conoscevo davvero sia Juice che X. Con Juice ho condiviso del tempo negli ultimi mesi della sua vita, mentre con X avevo un rapporto più lungo e diretto. Entrambi avevano un modo incredibile di connettersi con i giovani, con chi li seguiva. Questo progetto non è una loro idea, ma qualcosa che ho voluto creare, con il cuore, pensando a loro. Non posso sapere cosa avrebbero voluto esattamente, nessuno può saperlo. Ma ho dato il meglio di me per realizzare qualcosa che sento sarebbe stato in linea con la loro visione, con i valori che rappresentavano, per colmare il vuoto che hanno lasciato.

Che tipo di impatto ha avuto XXXTentacion su di te, a livello creativo e personale?
X mi ha insegnato che, come artista, hai una responsabilità. Quando hai l’opportunità di mostrare il tuo lavoro a milioni di persone, devi usarla per far riflettere, per far provare emozioni, per cambiare prospettive. Con lui ho affrontato temi molto importanti — anche controversi — come le ingiustizie nel sistema giudiziario nei confronti dei giovani neri.

Abbiamo ricreato scene dalla storia per stimolare una conversazione reale, per spingere la gente a uscire dall’ombra e dire da che parte sta. Mi ha insegnato che ogni progetto deve avere un’intenzione. Non basta che sia bello da vedere: deve avere un senso. E allo stesso tempo mi ha ricordato che, se l’intento è solo divertirsi, va bene anche quello. La chiave è essere consapevoli del perché fai quello che fai. Vivere la vita, per poi trasformarla in qualcosa di significativo.

Passato

Come hai iniziato a dirigere video musicali? Cosa ti ha attratto di quel mondo, e cosa ti appassiona ancora oggi?
Ho iniziato facendo sia foto che video, spesso usando lo stesso strumento per entrambi. Poi con il tempo ogni linguaggio ha trovato la sua strada, e oggi mi piace dare il mio contributo sia come fotografo che come regista. La musica è sempre stata parte di me: ho suonato la tromba per 14 anni. Per questo passare al mondo dei videoclip è stato naturale. È stato come avere una chiave che mi ha aperto tante porte. Ancora oggi la musica è una fonte continua di ispirazione, per me, per raccontare storie.

Futuro

Ora il tuo lavoro si sta evolvendo: stai per girare un film in Italia. Come è nato questo progetto e come si sta sviluppando?
Dopo tanti anni passati a fare video musicali, ho sentito il bisogno di raccontare storie più lunghe. Ho incontrato Imo e Massimo, che mi hanno portato in Emilia-Romagna e mi hanno fatto scoprire un territorio e delle possibilità che non avrei trovato altrove. Essendo di origini portoghesi, ho sentito subito una connessione profonda con la cultura italiana. Non mi sembrava qualcosa di nuovo, ma qualcosa che avevo già dentro e che stavo riscoprendo. Il film sarà una storia d’amore, perché credo che l’amore sia una forma di fede, come una religione. È un impegno verso un’altra persona, un’intenzione pura. E l’Italia è il luogo perfetto per esplorare e raccontare questo tipo di emozione.

Visione e creatività

Paperwork Studio è dove dirigi e produci la maggior parte dei tuoi progetti. Quando hai capito che avevi bisogno anche di uno strumento digitale per supportare la produzione? Raccontaci di Vision Deck.
Paperwork è nato durante il COVID, dopo alcune brutte esperienze lavorative. Io e il mio socio ci siamo promessi che da quel momento in poi avremmo fatto le cose in modo autonomo. Volevamo creare uno spazio che ci desse libertà creativa ma anche struttura e professionalità. Vision Deck, invece, è nato da una mia difficoltà: spendevo troppo tempo (o denaro) per mettere insieme pitch deck graficamente belli. Spesso perdevo lavori perché ero troppo lento nel presentarli, o dovevo pagare qualcuno per realizzarli.

Così abbiamo creato una piattaforma che permette a chiunque di realizzare presentazioni professionali in modo veloce, senza pensare a layout, font o grafica. Ci sono anche strumenti AI, tutto è pensato per essere intuitivo. È nato per creativi, ma può essere utile anche in altri ambiti: per esempio per un ristoratore che vuole presentare un nuovo menù. Per me è uno strumento che riduce lo stress e rende le idee subito presentabili e professionali.

Comunità

Last Good Film Lab è il tuo spazio dedicato alle produzioni in pellicola analogica. Cosa rappresenta per te?
È un laboratorio per lo sviluppo e la scansione di pellicola a Los Angeles, nato anche questo durante il COVID. Scatto molto in analogico e mi serviva un posto mio, dove non dipendere da altri. Tutto è iniziato quando ho conosciuto un ragazzo che sviluppava in cucina. Poi, con due amici — Mike Koziel e Damon Romero — abbiamo deciso di costruire qualcosa insieme. Oggi è uno spazio multifunzionale: laboratorio, studio, darkroom, spazio eventi, e anche uno store per collaborazioni e merch. Non è stato creato per fare soldi, ma per offrire un luogo autentico, per noi e per altri fotografi. Le persone che ci lavorano sono tutti fotografi e ci tengono davvero. È diventato una sorta di “casa” per i più, un third space dove ritrovarsi. Sono grato di avere la possibilità di offrire questo spazio alla mia comunità.

Articolo di Ludovica Boi

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