L’immaginario cinematografico di Joan Thiele illuminerà il palco di Sanremo: l’intervista
“Eco” è il brano che porterà in gara l’italo-colombiana, al suo debutto al Festival, ed è uno dei gioielli contenuti nel suo nuovo disco “Juanita” che uscirà il 21 febbraio, dopo una lunga gestazione. L’abbiamo incontrata per parlare di musica, cinema e di focaccine da gustare di fronte al mare della riviera
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Gran bel personaggio Joan, uno di quei talenti della musica italiana che non ha mai sgomitato per farsi notare, ma che alla fine riesce a distinguersi, per la sua personalità e il suo gusto. L’abbiamo messa in copertina del nostro magazine in tempi non sospetti (era il maggio del 2018, in compagnia di Ghemon, Federica Abbate e Colapesce) perché avevamo intuito che la ragazza italo-colombiana ci avrebbe sorpreso ancora. Ed è successo adesso. Era nell’aria, dopo averla sentita ospite in diversi album – da quello dell’amico MACE, alla coppia Colapesce e Dimartino – ecco gli appetizer di un album atteso, Juanita. E sono una coppia di canzoni stilosissime, come Veleno da pochissimo in circolazione, ed Eco che Joan Thiele canterà a Sanremo e tutti voi sentirete belli comodi sul sofà o in compagnia di amici davanti al megaschermo del vostro locale preferito, durante la settimana più attesa dagli italiani.
L’intervista a Joan Thiele
Decisamente bella Eco. C’è questo suono twang della tua chitarra elettrica che mi ricorda Duane Eddy o certe colonne sonore, scritte John Barry…
(Sorride, ndr) Hai messo dentro tutto! Devo dirti che dal 2020 sono una vera appassionata di colonne sonore in generale, e in particolare quelle composte dal grande Piero Umiliani.
Ti fermo solo un secondo, per dirti che stai nominando un compositore che è osannato dai registi stranieri. Penso a Tarantino: uno dei suoi brani più leggeri Mah nà mah nà finì per diventare la sigla del Muppet Show!
Sì, io poi sono anche amica delle figlie di Piero. In pratica sono diventate quasi parte della mia famiglia o viceversa! Amo le music library e sono una fan della Cam Sugar, l’etichetta italiana che pubblica un sacco di colonne sonore, italiane e francesi in particolare. Tornando al sound della chitarra in Eco ma anche in Veleno, ci ho lavorato molto e a lungo. Io ho costruito molto il mio nuovo album su questo strumento che ho imbracciato sin da bambina, quando con mia mamma abitavamo ancora a Desenzano sul Garda, prima di arrivare qui a Milano.
Pensa che il disco l’ho cominciato a immaginare circa tre anni fa e ho cercato di ispirarmi a generi e artisti che amo, ma cercando assolutamente una chiave nuova, contemporanea e con un tocco assolutamente personale e un po’ cinematografico. Per farlo mi sono fatta aiutare dai miei amici musicisti più vicini ma anche da Callum O’Connor (produttore e batterista dei Free Nationals che è anche la band che accompagna in tour con Anderson .Paak, ndr).
Wow, come lo hai conosciuto?
Era il 2018 in occasione di un concerto di Anderson .Paak a Milano, ci siamo fatti presentare. E da quel momento siamo diventati amici in maniera molto spontanea. Sono stata spesso a Los Angeles e alla fine abbiamo iniziato a lavorare a distanza.
E poi in Eco c’è questo ritornello cantato romanticamente e un poco struggente, che mi fa pensare a Caterina Caselli, alle cantanti più “illuminate” che salivano sul palco di Sanremo a fine anni ’60…
Sì, sì,vero! Mi piaceva l’idea di cantare una canzone che avesse dei riferimenti agli anni ‘60, anzi mi riferisco in particolare alla fine degli anni’ 60. In Eco sì, c’è un po’ di “tragedia romantica”, però riportata ad oggi, no? Nel brano c’è anche stato un piccolo ma prezioso, fondamentale aiuto di due amici, Mace e Francesca Abbate. E non posso non ricordare Emanuele Triglia alla produzione.
Dovresti prendere con Eco – mio personalissimo giudizio – il premio della critica, vediamo poi se ci azzecco.Anche Veleno è una bella canzone Non resta che aspettare Juanita. Giusto?
Sì, certo saranno entrambi nel mio album Juanita, Eco però nella scrittura arrivato un pochino dopo delle altre composizioni. Ti confido che alla fine, durante questi anni mi sono messa a scrivere un bel “pacchettone” di canzoni, sulle quali ho lavorato sodo. Se ci penso ho scritto davvero tantissimo! A un certo punto mi hanno detto: “Joan basta, fermati, perché sta per diventare il tutto un po’ too much!” (ride, ndr).
Tu sei un bell’esempio di artista che si prende i suoi tempi, rappresenti quasi un “artigiano della musica”, cosa rara in circolazione. Tra gli indizi, non ci sono solo i tempi di realizzazione delle tue produzioni, ma anche questa bella Telecaster che sfoggi e che ha parti in marmo e lana. Più artigianale di così! Questo è anche un messaggio che vuoi portare sul palco del Festival?
Allora, partiamo dal fatto che questa esperienza la devo vivere un po’ con la leggerezza, perché io già di mio non sono leggera con me stessa (sorride, ndr), Quindi l’augurio che mi sono fatta è quello di essere un po’ più giocosa. E rispondendo alla tua domanda non penso che sia quella la mia intenzione sul palco, piuttosto, siccome Eco è inizialmente nata come una dedica a mio fratello che è più piccolo di me, vorrei che venisse fuori bene il messaggio che ho rivolto a lui.
Ovvero?
Di vivere anche le proprie paure, di saper trovare un modo per affrontarle, senza fuggire via. E di difendere sempre le proprie idee e la propria personalità. Nella parte finale del ritornello, canto: “E se potessi dirti che contano sempre più le idee / rimangono negli occhi della gente, hanno più potere della rabbia, tu difendile”.
Messaggio nobilissimo. Pensando alla serata delle cover, duetterai con Frah Quintale. A proposito di miti degli anni ’60, porti in scena un brano di Gino Paoli. Sei stata tu a scegliere il brano e proporlo a Frah?
Si assolutamente. Pensa che io avevo iniziato a cantare in italiano non tantissimi anni fa, circa 5! Prima facevo tutto in inglese… Ma mi sono accorta ben presto che se suonavo delle cover, effettivamente quelle che sceglievo erano tutte più di un’epoca, diciamo degli anni ’60 e‘70 e quasi sempre di grandi artisti italiani, da Mina a Battisti e naturalmente anche il grande Gino Paoli. Ho pensato, una volta selezionata tra i big in gara che sarebbe stato bello proporre un classico come Che cosa c’è, con una persona che fa parte della mia scena, Frah Quintale che secondo me ha un talento gigantesco.
Dando un rapido sguardo sull’album, puoi dirci qualcosina?
Senza dire troppo, è molto centrato sull’interiorità. Io ho un modo di scrivere che è molto… “onomatopeico” e si lascia influenzare tanto dal cinema, mi piace il suo linguaggio. Devi pensare che io ho a casa una bacheca dove per esempio, metto ritagli di mille cose, tantissime foto, pensieri… Sai creano così dei mood board molto spontanei che poi io ricollego a seconda della canzone che sto affrontando.
Quali sono i registi che ami di più in assoluto?
Quando ci siamo salutati prima di iniziare stavamo parlando di David Lynch e poi amo Michelangelo Antonioni, Mario Monicelli, uno dei miei film del cuore in assoluto è il suo La ragazza con la pistola, dove c’è Monica Vitti. Lei era fantastica incredibile in quel film.
Hai visto dei film di recente che ti hanno colpito?
Ne sto vedendo tanti. Mi sono però persa The Substance, ma mi sono vista Emilia Pérez di Jacques Audiard che ho saputo fosse un assistente di un altro regista che amo, Roman Polanski.
Ti è piaciuto Emilia Pérez? Io ho un giudizio in sospeso…
È un ottimo film, anche io ho un giudizio in sospeso. Su quella parte che è tra la parte più musical e la seconda parte.
Non avrai di sicuro il tempo di andare nella sala di un cinema durante il Festival, anche se per ironia della sorte, l’Ariston è anche un multisala, ma che vorrai fare di bello a Sanremo, escludendo le solite routine?
Vorrei portare mia mamma, ma è difficilissimo trovare un biglietto! Poi mangiare delle focaccine e guardare il mare dalla spiaggia. Ce la farò? (ride, ndr).