“Locura” è la resa dei conti di Lazza: l’intervista
Il nuovo album del rapper dei record è il un bilancio sincero che si gioca sul ring più importante, quello della vita, quando quello che sei diventato è ciò che hai sempre desiderato essere e i sogni talvolta si scontrano con la realtà
Arriva un momento, nell’esistenza di ciascuno di noi, in cui fare un bilancio di quello che è stato il percorso fino ad ora. La resa dei conti con se stessi sul ring della vita è un passaggio obbligato per tutti, e le domande che si affollano (solitamente superato lo scoglio del quarto di secolo) sono più o meno le stesse. Cosa sono diventato rispetto a chi ero? Ciò che ho fatto fino ad ora è davvero quello che volevo? Avrò rispettato le aspettative che io e gli altri avevamo posto su di me? Ho realizzato almeno parte dei miei sogni?
Se poi sei un artista quasi da disco di diamante, il rapper dei record da cui tutti si aspettano sempre qualcosa di più (sia musicalmente che umanamente), le domande si fanno ancora più assillanti, e solitamente toccano quello che viene chiamato “il lato oscuro del successo”. È il caso di Lazza, che questi quesiti se li è posti (e ha cercato di dar loro una risposta) in Locura, il suo nuovo (e per davvero) attesissimo album uscito oggi e presentato niente meno che a San Siro.
Reduce da due anni che gli hanno stravolto la vita (tra i risultati forse mai visti nel rap italiano raggiunti con Sirio e – soprattutto – la partecipazione al Festival di Sanremo con Cenere che lo ha definitivamente consacrato agli occhi di tutta Italia), Zzala ha sentito il bisogno di porre ordine al caos mettendo nero su bianco ciò che gli stava succedendo.
Dai soldi che non comprano la felicità alla necessità di scavarsi davvero dentro («Quando riesci a mettere in musica una roba che sentono tutti ma nessuno riesce a dire, allora è lì che diventi davvero immortale»), passando per i sogni che inevitabilmente si scontrano con la realtà, quando sei Lazza per tutti e Jacopo per pochi, quelli selezionati perché «penso di essere diventato abbastanza maturo da capire chi far entrare nella mia vita e chi no», come ci racconta in questa intervista a poche ore dall’uscita di quello che ha tutta l’aria di essere un punto cruciale nella sua carriera e nella sua vita.
Quel punto in cui hai già dimostrato tutto quello che potevi, non devi più accontentare a tutti i costi chi hai davanti e puoi concederti davvero la libertà di essere e dire ciò che vuoi veramente. Senza Mezze Verità.
L’intervista a Lazza per l’uscita di “Locura”
Zzala era il tuo album d’esordio, Re Mida quello della conferma, Sirio quello della consacrazione totale: Locura cosa rappresenta per te?
Direi che Locura è il mio disco della maturità. È un album in cui ho scritto quello che volevo. Non che negli altri dischi non lo avessi fatto, però ci sono certe cose che magari prima mi sono tenuto dentro. Questo volta invece non avevo voglia di trattenermi, mi sono dato più libertà.
Le aspettative che c’erano dopo Sirio ti hanno condizionato in qualche modo nella realizzazione di Locura?
La cosa che mi spiace sempre un po’ è che la gente giudica le cose a scatola chiusa. Ho sentito dire cose tipo “Non farà mai i numeri di Sirio“. E anche fosse? Chissene frega, goditi la musica e non mi rompere. Se si circoscrive tutto ai numeri poi diventa tutto brutto. Uno dovrebbe essere in grado di prendere le cose per quelle che sono, senza stare a pensare sempre solo ai numeri.
E tu invece a cosa pensavi?
Diciamo che per motivi miei non uscivo da un bellissimo periodo. Comunque sai, tra Sirio, Sanremo e altre cose sono finito un po’ nel tritacarne. È stato bello, ma è stato complicato a livello di stress perché è stato tutto un po’ difficile da gestire. Sono stato proprio catapultato in una mondo che, nonostante fossi già esposto prima di entrare a Sanremo, non conoscevo, che era quello della gente che guarda la televisione.
L’impatto è stato forte?
Sì, bello ma forte. Mi fa ancora strano quando mi ferma magari una signora che potrebbe essere mia nonna e mi dice “Ciao gioia, posso fare una foto per i miei nipoti?”. Io poi cerco sempre di ironizzare, magari dico “Tanto lo so che per te e non è per i tuoi nipoti”, però è una sensazione che ancora non ho realizzato al 100%.
Infatti il tema principale di questo album è il lato oscuro del successo. Se tu potessi trascorrere oggi un solo giorno essendo solo Jacopo e non Lazza, cosa faresti?
Probabilmente andrei in Duomo quando il Milan vince lo scudetto, in piscina, a Gardaland. Farei qualcosa da persona normale godendomela, senza il pensiero che magari mentre sono a cena con la mia famiglia qualcuno mi sta facendo dei video.
Nell’album tra gli altri c’è anche Kid Yugi, e l’ultima volta che ho parlato con lui mi ha raccontato che la delusione più grande è stata rendersi conto che raggiungere la fama non significa avere anche la serenità.
Io condivido a pieno il suo pensiero. Diventare famoso ha dei lati bellissimi, come il fatto di fare il lavoro che sognavi, vedere una marea di gente ai concerti. E anche ovviamente il lato economico. Quando ho iniziato a fare questa cosa la mia speranza era quella di pagarmi un affitto, non di più. Però allo stesso tempo ci sono un sacco di cose che non funzionano. Banalmente quando esci la sera magari nemmeno ti diverti perché diventi tu l’attrazione principale della gente.
Billie Eilish ha detto che la fama l’ha resa “fortunata ma infelice”. Tu sei felice?
In questo momento lo sono molto. Mi sono levato delle grandi soddisfazioni con il mio lavoro che di base è la mia passione, quindi già questa è una fortuna perché ci sono tante persone che fanno una vita infelice spezzandosi la schiena e non facendo quello che magari gli piace. Sono felice perché sento di avere al mio fianco delle persone giuste, sia a livello di famiglia che a livello di amicizie. Ho una brava ragazza, sto per diventare papà. Penso di essere diventato abbastanza maturo da riuscire a scegliere bene chi far entrare nella mia vita chi no.
Hai detto che i banger sono ancora la cosa che ti ascolti di più, ma sei arrivato in un momento della tua vita in cui hai bisogno di approfondire altro, di scavare di più nel tuo intimo. Questa sicuramente è la cosa che poi lega le persone alla tua musica.
Certo. Alla fine tu puoi fare le robe street, ma quando riesci a mettere in musica un pensiero comune, una roba che sentono tutti ma nessuno è mai riuscito a dire in una maniera così figa, allora è lì che diventi davvero immortale per le persone. Quello il motivo per cui Albachiara di Vasco fa piangere la gente dopo generazioni. Secondo me quando tu dici i cavoli tuoi alla gente e le persone riescono a capire che nonostante tu sia un artista hai i loro stessi problemi, allora lì hai vinto.