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Campioni di storie per sempre: una conversazione tra Max Pezzali e Niccolò Ammaniti

Il cantautore di Pavia è il protagonista del nuovo numero speciale di Billboard Italia. E dall’11 ottobre uscirà in esclusiva su Sky e in streaming su Now “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”, la serie tv dedicata proprio alla storia degli 883

Autore Silvia Danielli
  • Il3 Ottobre 2024
Campioni di storie per sempre: una conversazione tra Max Pezzali e Niccolò Ammaniti

Max Pezzali e Niccolò Ammaniti, foto di Alessandro Treves

Che cosa unisce un cantautore pop che riempie gli stadi, anzi persino un Autodromo (quello di Imola il prossimo luglio), a uno scrittore e regista altrettanto amato in Italia? Quali visioni hanno in comune? Come fanno a parlare ai più giovani dopo tanti anni di carriera? Perché tutti sentono questa nostalgia pazzesca per gli anni ’90? E soprattutto: come fanno ad andare avanti se perdono l’ispirazione? Le domande sono tante ma mai quante ne hanno già in mente l’uno per l’altro Max Pezzali e Niccolò Ammaniti che per questa intervista si incontrano sotto i portici di piazza delle Erbe, elegante e senza tempo, a Mantova.

È un tardo pomeriggio dall’atmosfera elettrica: il festival delle letterature è appena incominciato, così come un temporale estivo dal cielo carico di tuoni, e le persone si affrettano da una piazzetta all’altra. Noi non possiamo che ascoltare la conversazione tra i due e interromperli giusto ogni tanto.

Max Pezzali
Foto: Alessandro Treves
Fashion editor: Marco De Lucia/Scenario
MUA: Elisa Rampi

L’intervista a Max Pezzali e Niccolò Ammaniti

Max Pezzali: Parto io, perché devo subito chiederti una cosa, Niccolò. Che cosa si prova quando si vede una propria opera scritta trasposta su grande schermo? E non parlo di quando sei in veste di regista ovviamente.
Niccolò Ammaniti: È molto strano, è come affidare un bambino a qualcun altro e dirgli: crescilo tu. Di solito non sono mai completamente soddisfatto. Però sono come uno spettatore qualsiasi, in fondo: mi piace quando riescono a tirare fuori qualcosa di totalmente inaspettato e diverso dall’idea iniziale di un romanzo. Insomma, se sono tradito io sono felice! Quando sono io il regista è diverso ovviamente. Per Il Miracolo avevo scritto io la sceneggiatura senza partire da un libro. Per Anna, invece, dopo il romanzo sono andato a cercare tutto ciò che mi serviva: dalla scelta dei bambini protagonisti a quella dei luoghi. Così ho dato vita a una nuova versione che mi convinceva ancora di più.

Max Pezzali: La scrittura per te è un atto spontaneo o hai bisogno di tante stesure?
Ammaniti: Quando inizio a scrivere io conosco la storia. Innanzitutto, la prima cosa che faccio è raccontarla (male) alle persone che conosco. Poi ne faccio una prima stesura, che odio. Mi irrita perché non trovo mai di sicuro le parole adeguate. Mentre preferisco decisamente le successive stesure. E lì che aggiungo tutti i particolari e vedo davvero bene lo sviluppo.

Max Pezzali e Niccolò Ammaniti, foto di Alessandro Treves

Ammaniti: Mi chiedo, Max, se anche per te sia così quando scrivi i testi o buona la prima?
P. Penso sia il processo inverso della scrittura per romanzo, perché mentre questo è sviluppo, la canzone è sintesi. E paradossalmente il pregio della canzone popolare è proprio che ha spazi limitati di manovra. Devi continuamente ridurre e comprimere. Come la poesia, in fondo. Ci sono testi che mi sono venuti subito e altri che hanno richiesto molto più tempo.

Ammaniti: Hai mai provato rammarico perché volevi dire qualcosa in più ma non riuscivi per l’esiguità dello spazio disponibile per il testo di una canzone?
P. Mi succede spesso. Questo è il motivo per cui tanti miei colleghi, ad un certo punto della loro carriera, preferiscono fare altro. Scrivono un romanzo, dei racconti, o delle fiabe. Così possono esprimersi totalmente rispetto a quel formato – a volte claustrofobico – di una canzone.

Ammaniti: Devo assolutamente farti una domanda Max: hai visto la serie a te dedicata, Hanno ucciso l’uomo ragno? Cosa ne pensi?
Pezzali: Nell’insieme, devo ammettere, che mi ha quasi commosso. Sono riusciti a rendere il concetto del mio libro ovvero come due senza un talento specifico (ma con solo dei micro-talenti) sono riusciti ad avere quel successo. In un’epoca in cui se non eri bello e ricco non andavi da nessuna parte. Sono stati anche bravi a utilizzare Pavia come set principale. Ci sono piccoli dettagli che differiscono da quello che è accaduto, soprattutto cronologicamente: una storia che si svolgeva nell’arco di 3 anni viene ridotta a 1 anno. Ma si tratta di esigenze stilistiche, così come piccoli dettagli poco veritieri, come la presenza dei rospi a Pavia, di cui si parla in un episodio, è chiaramente fiction e nella storia funziona! Ho chiesto a mio figlio che ha 15 anni e fruisce dei contenuti video in tutt’altro modo, e lui ha colto e apprezzato le storie d’amore.

Il rapporto con le nuove generazioni

BB. Entrambi riuscite ad avere un rapporto privilegiato con le generazioni più giovani: ai tuoi concerti Max c’è un pubblico di ogni età e Niccolò tu sei sicuramente uno dei pochi scrittori italiani apprezzato anche dai ragazzi. Come vi sentite nei loro confronti?
P: Io a volte avverto lo scontro quando si parla di tecnologie. Ovvero sento che o si accettano tutti i cambiamenti senza criticarli o si viene subito bollati come boomer. Io questa cosa non la accetto. Invece, non amo molto quando qualche mio coetaneo inizia a parlare del passato come se fosse un paradiso dorato, cerco davvero di evitarlo! Credo che ciò che ci distingue di più dai giovani di oggi sia la velocità di fruizione dei contenuti.

Lo vedo con mio figlio: è tutto super rapido e questo comporta il fatto che diventi obsoleto in fretta. Credo che il cervello venga bombardato da un sacco di input, che poi non vengono processati. Questo si riflette moltissimo nella musica: ci sono artisti che paiono essere i campioni della scena, invece, scompaiono in poco tempo. Al contrario, ai nostri tempi, uscivano probabilmente meno opere d’arte in tutti i campi ma di maggiore qualità. Per esempio, Niccolò, il tuo Io non ho paura rimarrà per sempre. Adesso ci sono più pressioni in tutti i campi a pubblicare in fretta.

A: Gli editori, per esempio, piuttosto che chiedere un certo tipo di libro, chiedono di pubblicarne 300 per vedere quale possa andare, tanto non costano molto. Ma secondo me c’è un altro aspetto che ci differenzia rispetto alle generazioni precedenti: noi dovevamo confrontarci con degli spazi bui, neri. A 18 anni ero andato in India per 6 mesi senza sapere assolutamente niente. Nei libri non sai dove vai a finire e questa è letteratura. È la narrativa dell’esistenza che si sta assottigliando, oggi tendi a non avere mai sorprese.

L’intervista completa a Max Pezzali e Niccolò Ammaniti è sul numero speciale di Billboard Italia interamente dedicato al cantautore di Pavia prenotabile a questo link.

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