I superpoteri di Olly
In gara al festival di Sanremo è tra i favoriti, ma non ama sentirselo dire. Abbiamo incontrato a Milano il protagonista della nostra nuova digital cover, cantautore dalle idee precise, un po’ anarchico, che ha l’enorme capacità di riuscire a entrare in contatto con tutte le generazioni
Olly discute al centro del salotto di un appartamento milanese, al quarto piano, come la signora che si affaccia nel suo brano in gara a Sanremo, Balorda nostalgia: “Me l’ha detto la signora, là affacciata al quarto piano”. Solo che nella canzone (scritta da lui insieme a Pierfrancesco Pasini e a JVLI, che ne ha curato anche la produzione) si parla della sua città, Genova, che davvero sembra – più di altre – entrare nel profondo dell’animo di chi la abita (o abitata come nel caso di Olly), senza andarsene mai.
Olly, ovvero Federico Olivieri, classe 2001, anima la scena ma senza appropriarsene completamente. È tra i due favoriti vincitori al prossimo festival di Sanremo insieme a Giorgia, anche se non ama che gli venga ricordato. Il cantautore sta raccontando a Claudio Cabona di Rockol e Il Secolo XIX (il principale quotidiano genovese) di quando qualche anno prima, davvero giovanissimo, si trovava a un’anteprima al cinema organizzata da Alfa e c’erano moltissimi ragazzi che si fermavano per fare domande anche a lui. «Già allora avevi le idee chiarissime e la gente stava ad ascoltarti» gli ricorda Claudio.
L’intervista a Olly
Questa signora del quarto piano esiste davvero?
No, è solo un’immagine abbastanza tipica dei vicoli del centro storico di Genova, di Piazza delle Erbe, se vogliamo essere precisi. Alla fine, la mia città sembra molto un borgo con questi palazzi alti e tutti ravvicinati, per cui succede spesso che qualcuno si affacci e commenti qualcosa. Anche solo per chiedere che si faccia meno casino, eh. La signora del quarto piano che dà la sua sentenza sulla fine di una storia rappresenta un po’ la saggezza femminile. È come se qualcuno (o qualcuna) che ne sa più di me si assumesse la responsabilità al posto mio.
Come è crescere in una città così?
È stato importante per la mia emotività, sensibilità e anche per la mia calma. Mio padre quando ero piccolo doveva decidere se trasferirsi a Milano per fare carriera o rimanere lì. Ha scelto la seconda e io ovviamente lo ringrazio moltissimo. Quando sarò grande cercherò di fare la stessa cosa. Genova ti permette di crescere libero, ma non è una città di entusiasmi. Le opportunità non sono lì, ma ripeto: è bello così.
Ora vivi a Milano, come ti trovi?
Mi trovo bene in questo turbinio, ma spesso ho bisogno di bilanciare e tornare appunto a Genova. Non mi ricordo come ci divertissimo prima di scoprire sigarette, alcool e canne. Però penso sia una condizione comune per tutti i ragazzi ovunque: che tu sia spinto dalla noia o dall’entusiasmo. Sono venuto a Milano perché ho deciso di studiare qui all’università Economia e Management, mi sembrava utile per riuscire a comunicare nel modo che preferivo.
A Genova comunque continuano a nascere molti talenti.
Tantissimi, davvero, c’è tanta sostanza e la maggior parte dei nuovi talenti è sconosciuta ai più. Ma non è una città in cantiere: è tranquilla. E questa cosa mi piace parecchio. E poi essendo una città portuale è il luogo delle prime volte.
De André è giustamente sempre presente per voi?
Lo senti ovunque, in ogni strada e in ogni casa di questa città.
E tu lo ascoltavi anche da piccolo?
Certo, e anche oggi lo ascolto per pulirmi le orecchie da alcune produzioni che escono in questo periodo. Ho anche dei vinili storici e importanti che mi ha regalato la mia casa discografica, la Sony.
Hai timore a presentare la cover de Il Pescatore a Sanremo?
No, non tanto. Comunque l’ho cantata in tour quest’anno, quindi non era una novità. Tra le canzoni di Faber non è la mia preferita. Mi piacciono di più Via del Campo, Volta la carta, Creuza de mä che verrà portata da Bresh. Anche per la vicenda di Tenco al festival, può essere una mossa emotivamente forte scegliere di cantare De André a Sanremo ma io non l’ho fatto per quello. Io lo voglio fare a modo mio.
E come sarà?
Balorda nostalgia sarà la mia ballad delle “tre vene sul collo” e della liberazione, anche se io non farò certo una gara tecnica (anche se sono migliorato, devo dire). Però, se gara deve essere, sarà di cuore, pathos ed energia pura. Invece col Pescatore voglio portare un altro racconto perché è certo una canzone triste (anche se non la più triste) ma è un pezzo sulle seconde opportunità. E io voglio davvero divertirmi e lasciarmi andare. Unirò il folk di De Andrè al mio e a quello dell’Europa dell’Est con Goran Bregović.
In generale mi pare che Balorda nostalgia abbia avuto dei riscontri molto buoni dopo gli ascolti in anteprima dei giornalisti: li hai letti?
Mi fa piacere, ma ho un cervello che fatica ad accettare messaggi troppo positivi. Fortunatamente mi sono circondato da persone che hanno la lucidità di dirmi anche le cose negative. E poi capiscono quando sono in pace con me stesso, anche se io tendo a non esserlo mai. È un meccanismo di difesa. È successa la stessa cosa con questo brano perché io non volevo portarlo in gara.
Perché?
Avevo il mio disco e il mio tour a cui pensare per cui non ci stava. Poi è uscito questa canzone, ci siamo guardati e ci siamo detti che poteva essere adatta. Ma ancora doveva essere sistemata perché potesse rientrare all’interno del progetto dell’album con coerenza. Una volta appurato quello, ci siamo sentiti di proporla per la gara all’ultimo. Ma non ero pronto per niente quando hanno annunciato i nomi!
E ora come ti senti?
Adesso non vedo l’ora di andare e di esibirmi invece. La volta precedente avevo più il desiderio di presentarmi e di farmi conoscere. Ho voglia di essere un cantante perché ora mi sento tale. Oltre che un cantautore, ma in fondo mi sentivo già così.
Sei anche autore per altri: un brano per tutti, Amore disperato di Achille Lauro.
Mi piace anche quella veste. In quel pezzo penso che Lauro abbia fatto un lavoro pazzesco perché le strofe sono interamente sue. Io e Federica Abbate abbiamo dato una mano per il ritornello. E mi ha fatto davvero piacere scrivere per lui perché lo seguivo dai tempi in cui rappava.
Hai paura di qualcosa a Sanremo?
Solo della sovraesposizione. Il fatto che ti possano conoscere molte più persone può anche essere negativo perché sono sempre convinto che serva del tempo. Ai concerti meglio essere in pochi ma buoni, ovvero intensi. Ho conosciuto persone che credono davvero in quello che sentono dire da me. Non baratterei mai e poi mai uno stadio fatto male per un club fatto da dio.
La tua fanbase è davvero intensa come dici tu. Chi vedi ai tuoi live?
Ho visto famiglie, ragazzi dell’università, liceali, lavoratori, genitori senza figli. E tendo a sottolinearlo perché per me è davvero assurdo: senza figli. Perché spesso portano i bambini ma ho fan di 50 anni che mi scrivono.
Che cosa?
Sono i più romantici. Non mi chiedono nulla, ma mi raccontano la loro vita. Ho delle mail stupende molto lunghe dove le persone magari si sentono in imbarazzo, ma io ricordo loro che non ci può essere niente di più bello. A me piacerebbe instaurare un rapporto anche con tutti quelli che mi fermano in modo spontaneo.
L’impressione è che molte persone siano proprio alla ricerca di un pop il più possibile autentico, senza troppe sovrastrutture. Si vede anche dalle classifiche con te, i Pinguini Tattici Nucleari e Cesare Cremonini in vetta.
Spero sia così, perché io non ho sovrastrutture. Penso sia un mio tratto distintivo perché io nascondo poco: se sono felice o triste lo vedi subito. E in questo momento storico probabilmente ho intercettato la gente che ha bisogno di questo. Poi io non racconto niente di strano, anzi: solo la mia vita. Nel modo più semplice, spero non banale, possibile.
Che è la cosa più difficile.
Certo, a fare le supercazzole siamo bravi tutti. A dire le cose in modo semplice con poche parole bisogna lavorarci tanto. Io sto lavorando da 2 anni tutti i giorni in studio per riuscire a farlo.
Il racconto della realtà in modo autentico è una bandiera del rap e tu da lì sei partito. Cosa ne pensi di quello che sta uscendo oggi?
Esatto, io sono partito dal fare freestyle nei centri sociali, anche perché Genova nel 2015/2016 voleva dire solo rap. Lo ascolto tuttora: a volte non trovo troppa autenticità, purtroppo, e a volte le produzioni mi annoiano. Ogni tanto sento che hanno perso ritmo e particolarità. Proprio per questo ho deciso di spostarmi su altro: perché avevo capito che non potevo aggiungere niente. Come ascolti non lascerò mai il genere: sono alla continua ricerca di artisti interessanti.
Chi ti piace ora?
Spingo Sayf, è incredibile. È anche un amico da tempo, perché è di Santa Margherita. Ha un lessico formidabile. Classico dei genovesi, poi: trovare parole solo nostre che non usano gli altri.
Nel tuo pezzo c’è più di un richiamo a Vasco, soprattutto il ritornello.
Da quando l’ho incontrato di persona a un concerto a Torino nel 2022 è cambiato tutto. Prima di vederlo non lo capivo troppo. Ma mi capita anche nella vita personale: le amicizie più importanti sono nate da incomprensioni o liti. Poi appunto anche Due come noi si rifà molto alla sua produzione, anche perché JYLI è un grande fan. Poi però credo che il risultato sia molto diverso.
Che cosa non ti piace del mondo discografico di oggi?
Ci convivo, ma non amo tante cose. Ho uno spirito anarchico ma mi rendo anche conto che mi vengono date tante opportunità. Credo che ogni tanto bisogna imporsi perché io ho delle idee in cui credo e non voglio certo accantonarle. È molto anche una questione di fiducia e ora si fidano molto più di me. Quello che non sopporto proprio sono i tempi! Ma non è colpa delle persone, quanto dei conti. Certo, ti mettono sempre fretta su tutto.
Quindi dopo Sanremo ti riposerai?
No, figurati. C’è il tour e poi ho anche una voglia pazzesca di scrivere. Nessuno mi ha detto: devi per forza scrivere o fare uscire qualcosa. Sanno che con me non funziona così, le volte che ci hanno provato è andata male. Ripeto: non sono le persone, è proprio questa quantità assurda di musica che esce tutta insieme il venerdì. E comunque è già cambiato così tanto da quando avevo iniziato io! Io so che doserò moltissimo le uscite. Credo che se apri sempre bocca poi non ti ascolta più nessuno!
Il tour di Olly dopo Sanremo
Olly tornerà live nei club italiani con la seconda tranche del tour questa primavera con dodici date in partenza da Venaria Reale – TO (Teatro Concordia) il 4 maggio. Il tour, per un totale di 26 appuntamenti completamente sold out, terminerà ufficialmente a Padova (Gran Teatro Geox – 22 e 23 maggio).
Ad attenderlo poi in autunno il TUTTA VITA TOUR 2025 – 2026, che porterà il cantautore nei palazzetti italiani tra l’autunno 2025 e la primavera del 2026. Già SOLD OUT le date nel 2025 previste a Genova (Stadium di Genova – 4 e 5 ottobre), Milano (Unipol Forum – 10 ottobre) e Roma (Palazzo dello Sport – 15 ottobre). Chiuderà l’anno al PalaPartenope di Napoli il 17 ottobre. Nella primavera del 2026 il tour riprenderà da Jesolo – VE, per poi fare tappa a Firenze, Bologna, Torino, Milano, Roma e infine Bari.