Rose Villain: «Sostenibilità è gentilezza, attenzione ed educazione»
Una lunga conversazione con la cantautrice, rapper, anche giudice di Nuova Scena: dall’urgente tema della sostenibilità ambientale a quello del gender gap. Ma in fondo c’è un argomento che è davvero imprescindibile, quello del rispetto dell’altro. «Se tutti fossimo meno egoriferiti sarebbe un mondo migliore»
Non servono molti minuti di intervista per capire che Rose Villain è un’artista realmente interessata a ciò di cui parla. E soprattutto vuole conoscere chi ha davanti. Che si tratti della sua truccatrice di fiducia o di una ragazza del suo team, del suo ufficio stampa o del barista. È un’artista appassionata che cura nei minimi particolari la sua musica ed è anche la classica ragazza alla mano, dotata di empatia e di una bella dose di ironia. Il che non guasta mai, soprattutto quando devi affrontare argomenti a cui tieni ma che possono trasformarsi in trappole di banalità.
Ma non si rivelano tali per Rosa Luini, milanese, classe 1989, che in quest’ultimo anno ha dato una grande svolta alla sua carriera: il Festival di Sanremo, la partecipazione al talent di Netflix Nuova Scena, il secondo album Radio Sakura con il singolo Come un Tuono con Guè, al momento al primo posto della classifica dei singoli.
E non ha mai smesso di esprimere la sua opinione – giustamente – sul tema del tema della sostenibilità ambientale e sulla disuguaglianza di trattamento tra uomo e donna nel mondo del lavoro. E forse anche l’essersi trasferita negli Stati Uniti (dove torna appena può) subito dopo il liceo linguistico per studiare musica ha contribuito alla sua visione del mondo.
L’intervista a Rose Villain
Abbiamo dedicato questo numero all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità. I diciassette punti in cui è strutturata sono tutti fondamentali, ma pensi che ce ne sia uno a cui sei più legata?
Sicuramente sono molto sensibile al tema della sostenibilità ambientale. Per quello, anni fa ho deciso di diventare vegana. Ero partita da un bisogno legato alla salute, anche per la mia storia famigliare. Avevo letto il libro Sei quello che mangi, un racconto scientifico che spiega in maniera semplice e chiara l’impatto degli allevamenti di carne sul nostro ambiente. Poi ho iniziato a guardare dei documentari che mostravano in modo ancora più shoccante le crudeltà a cui sottoponiamo gli animali. Sento che da quando sono diventata vegana la mia vita è veramente migliorata, perché mi sembra di fare qualcosa per gli altri ogni giorno.
Penso che anche la rinuncia più piccola abbia senso: per esempio se una persona sceglie di mangiare carne una volta alla settimana anziché due. Poi noto che quando si è tra amici a cena ora si parla parecchio di ambiente, perché tutti sono preoccupati. Però all’inizio ero molto più aggressiva quando mi esponevo su questi temi.
Ora invece?
Ho capito che si ottiene mille volte di più quando si spiegano bene le cose con calma e delicatezza. Non c’è paragone. Anche sulla questione femminile, se noi donne attacchiamo, noto che gli uomini si ritraggono. Poi mi sono arrabbiata talmente tanto in passato da arrivare a piangere. Ora mi rendo conto che con la mia voce ho il dovere di parlare. Quindi cerco innanzitutto di informarmi bene e poi di passare il messaggio.
Ti pongono la classica domanda “ma perché vegana, non bastava essere vegetariana? Cosa cambia”?
In realtà cambia tutto, perché anche l’industria del latte o quella delle uova inquinano quanto quella della carne. L’unica cosa che cambia è la pratica di uccisione. Ma è una crudeltà assurda anche togliere il vitellino dalle mucche per avere il loro latte, una volta che sono state messe incinte apposta per quello. Io comunque mi ritengo una vegana imperfetta. Cerco di fare il mio meglio ma se sono in tour, soprattutto in Italia, e se non c’è nessuna alternativa, mangio anche una brioche col burro, se capita. Quella vegana sarà l’alimentazione del futuro: questo è sicuro.
L’ultimo palco dove è parso che voi artisti siate stati zittiti – o meglio, dove vi è stato chiesto di non fare monologhi – è quello del concertone del Primo Maggio a Roma.
No, io ho espresso quello che volevo, ovvero che la musica è in grado davvero di unire le persone, perché adesso noto troppe divisioni su temi in realtà semplicissimi. Al Circo Massimo a Roma si è parlato di diritti del lavoro, disuguaglianze, gender gap. E ho indossato la maglietta con scritto “Human Rights” che mi ero fatta fare apposta. Tutti sono riusciti a dire qualcosa, da Cosmo ad Achille Lauro. Trovo che gli artisti abbiano ritrovato la voglia di esprimersi.
Io credo che lo facciano ancora troppo poco rispetto ad anni fa.
Però se pensi al Festival di Sanremo, Dargen D’Amico e Ghali si sono espressi sulla guerra in corso a Gaza. E poi ogni volta che lo facciamo veniamo massacrati da tutti perché “dobbiamo pensare a fare i cantanti”. È un incubo, esiste una vera gogna mediatica. Però io, se posso dire una cosa che abbia valore anche per una sola persona, la dico.
Tu sulla guerra a Gaza non te la sei sentita di parlare?
Non in quel momento. L’ho fatto altre volte perché mi esprimo spesso politicamente. Sono stata fiera di coloro che l’hanno fatto, comunque. Forse sarà stata una considerazione egoistica ma volevo farmi conoscere come cantante in quella settimana. L’unica cosa che mi sono sentita di dire è stata sulla questione della parità di genere, quando ho cantato la cover con Gianna Nannini.
Per la sostenibilità ambientale della musica e dei concerti ti piacerebbe fare di più?
Billie Eilish sta producendo i vinili in plastica riciclata. Mi piacerebbe seguire il suo esempio, anche perché lei è di grande ispirazione: è giovanissima e vegana. Per il tour cerco di partecipare ai festival green, ma il problema è lo spostamento. Da parte mia cerco di prediligere il treno all’aereo, quando possibile.
Anche i Coldplay cercano di diminuire la loro impronta di carbonio in tour. Una ricerca del Massachusetts Institute of Technology ha dimostrato che il loro ultimo tour ha avuto il 47% in meno di emissioni rispetto a quello del 2016/2017. Tu aprirai proprio i loro show a Roma a luglio.
Pezzi come Fix You e Yellow hanno caratterizzato la mia giovinezza, come quella di moltissime altre persone ovviamente. Chi non ha legato soprattutto la prima a una rottura? Quindi pensare di essere stata scelta da loro – dato che ci tengono a farlo in prima persona – per aprire i concerti mi pare ancora incredibile. Mi piace anche che per questo tour abbiano scelto sempre solo donne.
Pare che cerchino di incontrare gli opening act: che cosa chiederesti a Chris Martin?
Mara Sattei mi ha confermato che le è capitato l’anno scorso: Chris in persona aveva voluto conoscere bene il suo percorso. Se fosse per me… gli chiederei subito un feat! Scherzo. Vorrei chiedergli qual è la chiave per rimanere un artista così a lungo, come ha fidelizzato il suo pubblico. In pratica, il segreto della loro immortalità!
L’intervista completa a Rose Villain è sul numero di Billboard Italia di maggio/giugno prenotabile a questo link.