Clubbing, moda e famiglia: tutte le anime di Sita Abellán
Un talento poliedrico che trova la sua dimensione ideale a Ibiza. DJ internazionale, ma anche modella, designer e stylist: Maria è. Abbiamo intervistato l’artista spagnola per farci raccontare il suo mondo
Durante questa intervista Sita Abellán passa agilmente dall’italiano all’inglese con qualche intermezzo in spagnolo. L’inglese è l’idioma che usa di più per il suo lavoro, mentre lo spagnolo è la sua lingua madre, essendo nata e cresciuta in una piccola città della Murcia. L’italiano, invece, l’ha imparato ai tempi dell’università, quando studiava pubblicità: «A Milano ho fatto l’Erasmus e mi sono trovata molto bene», racconta. «All’inizio non avevo un grande feeling con la città, ma poi mi sono innamorata. È diventata la mia seconda casa, e la mia fashion week preferita».
Il riferimento alla moda è dovuto, perché tra i motivi principali per cui Abellán è nota c’è anche la sua carriera da modella, designer e soprattutto stylist. Ha firmato il look di J Balvin al MET Gala nel 2021 e nello stesso anno ha lavorato alla campagna SKIMS con Kim Kardashian, mentre nel 2022 ha curato l’immagine di Anitta nel videoclip di Boys Don’t Cry, tanto per citare alcuni dei suoi lavori (e dei suoi amici) più famosi. Tra cui c’è anche Rihanna, che l’ha voluta al suo fianco in numerose avventure, dalla sfilata di FENTY x Puma al videoclip di Bitch Betta Have My Money.
Al di là di tutto questo, ciò che l’ha resa celebre nel mondo è anche la musica: è infatti un’affermata DJ internazionale, tanto che «non ero mai ferma nello stesso posto per più di una settimana di seguito». Oggi – dopo la release dell’EP di debutto Generación XDISIS, uscito a febbraio 2024, e soprattutto dopo la nascita dei suoi due figli – vive stabilmente a Barcellona: «È stata la scelta migliore, ero sempre via ed era tanti anni che volevo tornare in Spagna. Ora che ci sono i bambini mi serve un punto fermo».
L’intervista a Sita Abellán
Il tuo lavoro ti ha portato ovunque, ma ti consideri più parte della scena musicale o del fashion system?
Moda e musica sono cose complementari, sono le mie due grandi passioni da sempre. Sono una persona molto socievole, e questi per me sono i modi migliori per connettermi con gli altri: fin da bambina avevo una fissa per lo stile e il look, mentre alla musica mi sono appassionata da adolescente. Se dovessi scegliere di perseguire solo una delle due carriere non credo che ci riuscirei, così come non riuscirei a spiegare a parole il mio processo creativo. Sento di avere un messaggio da esprimere, una missione da portare avanti in questo mondo, e lo faccio così.
Perché proprio la musica dance, e in particolare la techno, tra tutti i generi possibili?
Da ragazzina ascoltavo punk, poi la dark wave e l’elettronica mi hanno catturato. In un modo o nell’altro sono sempre stata attratta dalle sonorità più cupe e oscure, il che è un po’ contraddittorio, perché quando mi occupo di moda amo tantissimo i colori vivaci e la luce. Sono le due facce della stessa medaglia, forse. All’inizio, quando ho cominciato a suonare, mettevo soprattutto house: la trovavo una musica più conviviale, il tipo di sound che scegli per una serata passata a divertirti con gli amici. Ancora oggi mi piace tanto, ascolto un sacco di acid house e a volte faccio dei DJ set speciali in cui ritorno al passato, ma con il tempo i miei gusti sono cambiati. È scattato qualcosa.
Cosa?
Più suonavo in giro, più conoscevo altri DJ: quelli di Berlino li trovavo fantastici, e il loro sound minimal techno mi ha fatto innamorare. Ricordo ancora la prima volta che ho sentito Miss Kittin suonare: un colpo di fulmine. È la mia musa, glielo dico sempre. Quando quattro anni fa ho avuto il piacere di fare un back to back con lei ho pianto di gioia. È stata la mia più grande fonte di ispirazione, grazie a lei ho scoperto DJ come Ben Klock e Marcel Dettman.
Hai raccontato che il tuo EP Generación XDISIS si ispira al concetto di evoluzione e costante mutamento. Cosa intendevi?
Come artista sono sempre in evoluzione, ma a questo EP in particolare ci ho lavorato per due anni e mezzo mentre ero incinta dei miei bambini, che sono nati uno dopo l’altro: uno dei periodi di più grande cambiamento nella vita di una donna. Mi ha cambiato totalmente la prospettiva. Oggi mi sento più consapevole di ciò che faccio, do più importanza a ogni cosa, ho capito qual è il mio vero scopo.
Prima di allora ero comunque felice e grata di ciò che facevo e di campare con le mie passioni, soprattutto in periodo Covid, in cui non era affatto scontato. Ma al di là di questo, c’è stato un momento in cui stavo perdendo la motivazione. Non ero sicura se stessi facendo musica per me stessa o per gli altri, e questo mi destabilizzava un po’, perché non sono abituata a fare cose in cui non credo fino in fondo. Con l’EP mi sono riscoperta.
In che modo?
È stato un modo per riconnettermi con me stessa, perché prima ero talmente sballottata in giro da un club all’altro che non riuscivo neanche a trovare il tempo per fare musica come si deve: non ero mai ferma in un posto per più di una settimana. Non ero mai del tutto soddisfatta del risultato. Con le gravidanze, invece, ho continuato a lavorare tantissimo, ma sicuramente passavo molto più tempo a Barcellona, il che mi permetteva di andare in studio tutti i giorni.
Ibiza
Oltre a Barcellona hai trascorso molto tempo anche a Ibiza. Se tu dovessi spiegare a qualcuno che non c’è mai stato che cos’ha di speciale l’isola, cosa racconteresti?
È un posto magico. Si percepisce un’energia molto forte, ma non saprei dire perché: forse è al centro di una fortunata congiunzione astrale, chissà! (Ride, ndr) Ibiza per me è una costante fonte di benessere, al di là dei club. E sul versante della musica, credo sia uno dei posti migliori del mondo per ascoltarla. Ma ripeto, forse quello è l’aspetto meno importante della vita sull’isola: sono una persona molto spirituale, e trascorrerci del tempo mi smuove sempre qualcosa dentro. Storicamente è questo che ha attirato gli hippie laggiù negli anni ‘70, alla ricerca della libertà e della purezza. Per la storia della Spagna è stato un luogo davvero importante, e ha cambiato anche la storia della musica elettronica.
A proposito di libertà, hai fondato un party, Outopia, che è considerato uno dei più interessanti del momento.
L’idea mi è venuta perché spesso i festival e i club avevano lineup praticamente solo maschili e cis. Ho scelto di chiamare soprattutto artiste donne o persone non binarie, per creare un evento dove ci fossero musica, moda e arte. La concezione è ispirata allo Studio 54 di New York. Volevo che fosse un luogo dove nessuno si sentie giudicato per quello che indossa. Per me è importante, perché sono cresciuta in una piccola cittadina di provincia e a volte mi sentivo additata per come mi vestivo.
Outopia è uno spazio sicuro e inclusivo, dove posso riunire tutti i miei DJ preferiti e chi arriva può fare quello che vuole ed essere chi vuole. Sono vietate le vibrazioni negative, insomma. Al momento ci potete trovare al Nitsa Club qui a Barcellona, dove è in corso la mia residency. Il party è ogni tre mesi, di solito il venerdì sera. Il mio obiettivo però è portarlo in giro in tutto il mondo, in futuro.
Spesso chi viene ai tuoi party ha anche la segreta speranza di avvistare qualcuno dei tuoi amici famosi, come Rihanna. Al momento è in pausa dalla musica da otto anni e si sta godendo la vita e dedicando alle sue passioni. Hai mai la tentazione di fare lo stesso anche tu, di mollare tutto e prenderti del tempo per esplorare altre strade?
Diciamo che al momento non ho intenzione di mettere da parte la musica, ma soprattutto io non sono Rihanna! (Ride, ndr). In comune abbiamo il fatto che entrambe ci dedichiamo sia alla musica che ad altri business, ma lei è un’artista al top, non c’è proprio paragone. Non potrei smettere di fare musica anche volendo, perché è il mio lavoro e ho due bambini da mantenere. Sto con loro ogni volta che mi è possibile. Cerco di mettere dei limiti al numero di show mensili e di suonare soprattutto nel weekend per concentrarmi su di loro durante la settimana, ma devo continuare ad andare avanti.
È per questo che non mi sono mai fermata né quando ero incinta, né dopo. Dieci giorni dopo aver partorito ero di nuovo in un club per un party di Outopia. È stato difficile da gestire, anche perché tutti mi guardavano e si chiedevano se ce l’avrei fatta, ma io sono una gran lavoratrice. L’ho imparato da mia mamma, è stata il mio modello. Ovviamente la priorità è sempre la famiglia, ma cerco di mantenere un equilibro tra i due aspetti.
Articolo di Marta Blumi Tripodi