Interviste

Il clubbing secondo i Tamburi Neri è tutta una “questione d’amore”

È uscito un notevole album di una coppia di DJ producer milanesi, che fino a oggi ci avevano fatto ballare con diversi 12”. Ma con “La notte” (42 Records), il duo cambia passo, lo spoken word di Andrea Barbieri, immerso nell’ampio spettro di beats di Claudio Brioschi, ci fa entrare in un’altra affascinante dimensione. Capiamo perché

Autore Tommaso Toma
  • Il5 Maggio 2024
Il clubbing secondo i Tamburi Neri è tutta una “questione d’amore”

Tamburi Neri, foto di Alessandro Didoni

Capita, per fortuna ancora, di rimanere letteralmente sorpresi da una produzione. I Tamburi Neri li conoscevo già, il loro sound tribale, la loro house mista a estatici momenti, mi era capitata di sentirla dal vivo in alcune serate milanesi e in fase di “scambio” tracce tra amici DJ. Ma mai ci saremmo aspettati un album come La notte. Un indizio era nell’aria, come il passaggio per questo album alla 42 Records che ha sempre “fame” di produzioni elettroniche che siano al passo del sentimento comune di chi ama questo mondo musicale, guardandosi in giro tra Europa e States.

Ma nello stesso tempo conservando quel DNA italico, con un cantato nella nostra lingua, possibilmente (vedi Cosmo e gli appena intervistati Il Quadro di Troisi). Ma se poi al posto del canto in italiano vi trovate invece immersi in uno spoken word di grande effetto, grazie alla voce di Andrea Barbieri con quella grana spessa e calda, ecco che l’effetto wow s’innesca all’istante.

“La notte”, tra varietà sonora e temi comuni a tutti

Andrea Barbieri e Claudio Brioschi (qualcuno se lo ricorderà come Brioski quando mescolava in diversi party milanesi funk, soul, disco, Chicago house e techno), avevano già provato a fare comunque qualcosa di simile a questo album nel 2021, pubblicando Urlo EP. Un lavoro frutto di un periodo particolarmente ispirato sul piano della sperimentazione.

Ma oggi assistiamo a un perfetto equilibrio tra suoni e narrazione, grazie all’ampio spettro sonoro che Claudio Brioschi ha messo sul piatto per La Notte, c’è tanto groove e altrettanta meditazione (addirittura una sorta di peana delle celeberrima “frequenza dell’amore” la 528Hz nella traccia Frequenze). Mentre con Andrea – attraverso i suoi testi – i Tamburi Neri ci raccontano le complessità dell’essere umano (Dubbi sempre) e i suoi limiti (Non esisti). Un disco che è un viaggio, un film ma anche un omaggio intelligente e profondo alla club culture.

L’intervista ai Tamburi Neri

Che sorpresa questo album, La notte è un disco che è senza dubbio dei Tamburi Neri ma anche un qualcosa di inedito. Con questo inizio cinematografico (Non esisti) e poi la tua voce, Andrea, con la quale narri storie potenti che appartengono un po’ a tutti. Questo è un album che di sicuro si discosta anche dalla vostra produzione per il dancefloor.
Claudio Brioschi: Ci fa piacere sentirci dire che arrivi questo messaggio, ovvero di un album completo, con idee nuove. Noi siamo insieme da diversi anni, era forse arrivato il momento di fare qualcosa con un concept più preciso.

Andrea Barbieri: Questo è il nostro secondo album e sicuramente Claudio ha cercato di raccogliere le idee musicali fino ad adesso sviluppate e provare a mettere un punto fermo, per ripartire con alcune nuove prospettive.
 
Andrea, un pochino conosco il tuo entusiasmo, l’ho percepito chiaramente quelle volte che ti ho visto da Serendeepity (negozio di dischi milanese, ndr) quando suoni sul bancone certi promo e 12” nuovi, con uno sguardo sempre di sorpresa, pieno di entusiasmo. Mi pare un bell’indizio per capire la passione che hai per la musica.
AB: Mi lusinga questa cosa che dici, io in realtà, non so se lo sai, ma sono arrivato un po’ in tarda età alla musica, intesa proprio come progetto musicale. Era il 2017 quando mi misi a lavorare con Claudio. Ho sempre avuto una grande passione per la consolle e fino a quel momento io lavoravo in tutt’altro settore, il tessile. Però credo che questa parte di entusiasmo, quasi infantile che ho nei confronti della musica penso di averlo anche un po’ nei confronti della vita in generale. E diciamo che è un po’ una caratteristica che mi contraddistingue. In più cerco di mantenere una certa umiltà. Perché non solo non si smette mai di imparare nella vita oltre che in questo campo meraviglioso che è la musica.
 
In questo vostro album c’è un po’ di tutto. Dal breakbeat di Ore 9 alla acid house di Dimmi e anche un finale post punk con Che mondo è. Rappresenta una summa delle vostre passioni?
CB: Quando abbiamo cominciato a fare musica assieme non ci eravamo posti in realtà una grande aspettativa, se non quella di fare musica insieme e di divertirci. Abbiamo fatto delle tracce, come ad esempio Pechino, in cui cercavamo di mettere insieme le nostre parti migliori. Andrea ha questa dote innata di scrivere dei testi profondi ma con semplicità nel linguaggio. Mentre a me piace cercare di creare beat persuasivi e siano anche efficaci sul dancefloor. A volte sono uscite tracce più acide, in altri frangenti brani più “torbidi”, scuri o più sperimentali.

Quando abbiamo deciso di fare questo album la prima cosa che abbiamo pensato è stata: ma chi sono i Tamburi Neri? E abbiamo trovato una risposta molto semplice. Due DJ che fondamentalmente suonano un po’ di tutto nei loro set e perché noi passiamo dalla downtempo fino alla techno e per arrivarci magari mettiamo anche del post punk, della wave, della house e magari un poco di drum’n’bass, per non farci mancare nulla, per non annoiarci. Quindi se dovevamo fare un album intero, lo spettro sonoro doveva necessariamente essere il più ampio possibile! Fare un disco che fosse davvero variegato nel sound.

E ti dirò, questo lavoro in realtà avrebbe proprio dovuto chiamarsi Tamburi Neri, quindi fai tu. Ma poi ci siamo detti no, non chiamiamolo proprio con il nostro nome. Magari sarà per la prossima volta che decideremo di fare un altro album.
 
E se vi dicessi che però alla fine c’è molto sound derivativo di una certa club culture anni ’90?
CB: Ma sì, ci sono vari passaggi che richiamano a quel decennio, come in Ore 9 e anche per Hello people, dove c’è questo ingresso un poco electro Chicago. E poi ovviamente la migliore musica da club di quel ricchissimo decennio fa parte dei nostri ascolti. Ma non pensiamo che ci siamo davvero troppo focalizzati su quel periodo.
 
La notte è un album dove Andrea con il suo spoken word offre una connotazione molto precisa al progetto. I testi creano nuovi scenari nella vostra musica che è quasi sempre stata concepita per il dancefloor.
CB: Vero, certo, noi ci esponiamo con La notte. È un racconto di una parte della nostra vita, nelle nostre idee sulla vita stessa. Avevamo per esempio nel 2022 fatto un EP che si chiamava Bolle di dolore pescando dai tristi eventi della cronaca degli sbarchi a Lampedusa. Ma qui in gioco siamo noi stessi.

AB: Io proprio non riesco a scrivere qualcosa o a raccontare qualcosa che è una cosa che non sento veramente o che non ho vissuto. A volte, come nel brano d’apertura scrivo pensieri e io e Claudio condividiamo come questa assuefazione ai social media. Ma sicuramente qualsiasi cosa che esca dalla mia penna e dalla mia bocca deve essere un qualcosa che mi appartiene fortissimamente. Forse è anche un mio limite.

Certamente il brano che spacca è proprio il singolo La Notte. Nel video siete dentro il Superclub di Milano, ricreate una notte tipica milanese da clubbing. Io ho cercato con la nostra inchiesta di capire come mai sia in atto una club mortality, come mai le nuove generazioni non abbiano più tanta voglia di ballare nei club, che ne pensate?
AB: Ti do una risposta che potrebbe sembrare super banale: è proprio una questione di amore. Amore dello stare insieme, del condividere quel momento magico che è il ballo in un locale dove c’è la musica che ami, desiderare di lasciarsi andare. Pensa, cosa assurda, la prima traccia che abbiamo fatto io e Claudio quando ci siamo trovati in studio per la prima volta l’abbiamo intitolata Ama. Quando l’ho pensata per la prima volta mi sono immaginato sul dancefloor del Berghain a Berlino e sorridevo dentro di me perché ero pieno della gioia di essere su quella pista. Fare clubbing significa condividere veramente delle emozioni.

CB: Quello che dice Andrea non è per niente banale, è la storia in sintesi del dancefloor e in più, se ci pensi in profondità oggi non è così semplice manifestare l’amore nei confronti degli altri. Ma sono fiducioso, forse è questione di tempo per ritrovarsi con autenticità magari non dentro un club ma altrove.
 
Mi hanno detto che non vi fermate qui a La notte, altra musica sarà in arrivo.
CB: Assolutamente, stiamo già lavorando su della musica che sia più underground più da ballo, a proposito. Non sappiamo ancora per chi farla uscire però, vediamo.
 
E se una voce vi dicesse: “Ragazzi ho un sogno, portarvi a Sanremo il prossimo anno”, voi che direste? Io lo troverei entusiasmante…
AB: Ma certo! Assolutamente sì, sarebbe fighissimo. Siamo prontissimi.

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