Kylie Minogue: «La “Disco” non è solo spensieratezza»
È arrivato il momento di ascoltare a tutto volume Disco, il nuovo album di Kylie Minogue. Ce lo racconta nella lunga intervista di copertina
Finalmente ieri è uscito Disco, il nuovo album di Kylie Minogue che abbiamo intervistato per la nostra lunga cover story di ottobre.
Chiacchieriamo al telefono con la popstar australiana da Londra, la città dove vive ormai da anni e dove ha ricevuto persino un’onorificenza come Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico per meriti artistici nel 2007. È frizzante, allegra, nonostante la situazione mondiale non sia delle più rosee. Il suo album Disco è nato soprattutto in quarantena, perciò partiamo proprio da lì.
Sappiamo che per questo tuo ultimo lavoro ti sei messa in gioco in prima persona, è vero che hai anche studiato dei programmi di vocal production durante la quarantena?
Sì, ci ho provato seriamente, è vero! Allora, dunque, è andata così: io e il mio team avevamo iniziato a lavorare all’album in studio e stavamo andando alla grande ma poi è arrivata la notizia del lockdown. All’inizio siamo rimasti tutti shoccati, devo ammetterlo. Siamo rimasti fermi, in balìa degli eventi per due-tre settimane. Poi son riuscita a scuotermi e mi sono messa a lavorare sul mio laptop. All’inizio mi occupavo solo della scrittura dei testi e buttavo giù qualche idea per la musica. Poi il mio ingegnere del suono mi ha dato qualche dritta per la produzione e ho fatto quello che potevo con dei software fantastici.
Eri contenta di quello che eri riuscita a fare da sola?
Molto. Mi ha fatto molto piacere che alcuni addetti ai lavori abbiano decisamente apprezzato. Certo, è bello anche quando riesci a confrontarti con un team e non fai tutto da sola. Mi ha ricordato un po’ la situazione dell’home-schooling, di quando rimani da solo con i tuoi risultati. Del resto ero anche a casa in una situazione generale che mi ha toccata particolarmente nel profondo, quindi è stato un mezzo miracolo!
Probabilmente la possibilità di imparare qualcosa di nuovo ti ha aiutata in quel periodo?
Proprio così, certo, non mi ha lasciato in preda all’ansia e alla tristezza che era normale provare in quei giorni.
Kylie Minogue, è uscito il tuo album che s’intitola programmaticamente Disco e ci sono moltissimi artisti che stanno tornando a quel genere musicale: secondo te perché assistiamo a questo ritorno così massiccio della musica disco proprio ora?
Sinceramente io mi sono proprio chiesta se fosse giusto fare questa musica adesso, perché la disco viene associata a un’idea di spensieratezza e quindi non mi sembrava la colonna sonora più adatta per questi momenti. D’altro canto però, ognuno di noi ha bisogno di immaginare un luogo perfetto dove poter scappare, almeno col pensiero. Quindi per questo motivo la disco è ideale. Ma c’è anche un altro motivo: storicamente le migliori tracce disco non ignorano le ragioni profonde delle crisi e delle avversità della vita. Sono speciali proprio per questo.
Le tue canzoni, in particolar modo, anche quelle apparentemente più spensierate hanno sempre un retrogusto agro-dolce molto forte: è una sensazione che cerchi di ottenere consapevolmente o ti viene naturale?
Sì, mi rendo conto che le mie canzoni possano scatenare delle emozioni di gioia mista a malinconia, è vero. Del resto, io non credo che la vita sia facile e il mondo un posto paradisiaco. Quindi sì, per rispondere alla vostra domanda, penso mi venga proprio naturale esprimere queste sensazioni con la musica.
Kylie, sappiamo che hai dovuto affrontare tanti momenti dolorosi nella tua vita come la scomparsa del tuo ex fidanzato Michael (Hutchence, il cantante degli INXS che si tolse la vita nel 1997). Ci chiedevamo se avessi visto Mystify, il docu-film a lui dedicato, dove compari in diversi frammenti. Lo abbiamo trovato molto toccante e volevamo sapere cosa ne pensassi.
Non ci sono riuscita. Non avevo nessun motivo vero per non farlo ma non ce l’ho proprio fatta. Mi piacerebbe guardarlo, me ne hanno parlato bene anche tante persone che erano vicine a Michael. Sicuramente potrei chiamarla paura di soffrire.