“Urban Groovescapes” è la sinfonia della metropoli di Max Casacci
Esce oggi il nuovo album del chitarrista e co-fondatore dei Subsonica tra sperimentazione e manipolazione delle fonti sonore urbane. Perché «Le città cambiano solo dopo che incominciamo ad immaginarle differenti»
A distanza di due anni da Earthphonia, Max Casacci torna a sperimentare con i suoni della natura e – stavolta – della città in Urban Groovescapes. Il nuovo album, uscito oggi per 35mm/42 Records, è una musica senza strumenti che gioca con la manipolazione delle fonti sonore urbane. Mezzi di trasporto, tram, voci che annunciano le fermate della metropolitana, rumori dei bar, ambienti stradali sono la base di partenza del musicista, produttore e co-fondatore dei Subsonica per un progetto originalissimo e futuristico di dieci tracce volto a ripensare al nostro rapporto con lo spazio urbano.
«In Urban Groovescapes, la missione a breve termine è quella di rivelare lo straordinario nel quotidiano». Ha raccontato Max Casacci. «Attraverso suoni urbani che ascoltiamo tutti i giorni, anzi che forse proprio per questo non ascoltiamo nemmeno più. E sono suoni che abbiamo nelle orecchie da quando siamo bambini. Anzi alcuni di quei suoni, nel frattempo, sono anche morti. Chi ricorda, per esempio, l’esperienza acustica del gettone nella cabina, insonorizzata, del telefono? Il suono dell’attesa, il rumore della città proveniente da un modo improvvisamente divenuto esterno, mentre con la cornetta in mano aspettavamo le parole di una voce familiare filtrata dai microfoni a carbone? Suoni estinti, come quelli di molti organismi tecnologici, elettromeccanici di un’era precedente alla digitalizzazione».
Ed è così, allora, che il rumore diventa musica e la semplicità di un suono diventa complessità di un componimento. «L’impulso da cui parte questo album è lo svelamento della ricchezza sonora della città, e l’articolazione del suo rumore in musica», ha aggiunto.
Max Casacci: «Le nostre città devono intraprendere un’urgente trasformazione culturale, sociale e ambientale»
Un album che nella sua essenza è musica elettronica, ma nasconde un significato e un messaggio più profondi. «Il senso più ampio di Urban Groovescapes sta nella necessità di una trasformazione urgente che le nostre città devono intraprendere. Trasformazione culturale, sociale, tecnologica , ambientale. L’impatto dei combustibili fossili, per esempio, lo possiamo avvertire nello spazio urbano più che altrove. È quello il luogo dove le cose devono e possono cambiare per l’intero pianeta. A patto di riuscire a stabilire un corretto ordine di priorità tra le routine quotidiane e le esigenze di cambiamento. Ecco che trasformare i suoni della città degli oggetti, delle infrastrutture, dei prodotti, dei rituali, delle relazioni in uno spazio per la danza può diventare un esercizio di immaginazione collettiva. Le città cambiano solo dopo che incominciamo ad immaginarle differenti», ha spiegato.
Del resto, per Max Casacci, membro di una delle band che hanno rivoluzionato le sonorità del rock in Italia, l’esplorazione è sempre stata al primo posto, e Urban Groovescapes ne è l’ennesima dimostrazione. «Per me la musica è da sempre una funzione vitale, ma allo stesso tempo non è mai esercizio fine a se stesso. Prima viene la necessità dell’esplorazione. l’apertura di nuovi scenari, relazioni, nuove connessioni. In mezzo il disorientamento e la ricerca di una direzione. Poi tutto deve trovare un senso compiuto. Forse la differenza tra l’essere musicisti e il tentare di essere artisti, sta proprio nella ricerca, talvolta ossessiva, di quel senso in tutto ciò che si fa».