Musica

Gabriele Ciampi: «Le mie musiche per sensibilizzare sul tema della violenza domestica»

La musica del compositore Gabriele Ciampi, unico italiano nella giuria dei Grammy Awards, incontra la fotografia di Donna Ferrato

Autore Filippo Motti
  • Il3 Dicembre 2020
Gabriele Ciampi: «Le mie musiche per sensibilizzare sul tema della violenza domestica»

Gabriele Ciampi / fonte: ufficio stampa

Quando si parla di diritti delle donne, si tende a propinare spesso e volentieri narrative rassicuranti, di circostanza, se non precotte, da cui non traspare il reale interesse di cambiare le cose da parte delle strutture che ospitano voci, interventi e testimonianze. Si cerca, in un certo senso, di evitare un cortocircuito in grado di destabilizzarci e di farci riconsiderare la natura e la sensatezza di certe differenze e imposizioni. Il compositore Gabriele Ciampi si è reso protagonista di un progetto che va nella direzione opposta, inseguendo il contrasto per colpire e destabilizzare attraverso la stretta di due arti.

Da un lato c’è infatti la sua musica, dall’altro gli scatti perturbanti della fotografa americana Donna Ferrato, da sempre impegnata tramite l’obbiettivo nella battaglia per i diritti delle donne.


Un brano di Ciampi, Infinito, rappresenterà infatti la prima colonna sonora creata per un libro, Holy, il nuovo lavoro della fotografa. Il connubio straordinario non ha lasciato indifferente il The Guardian, che ha intervistato la Ferrato per farsi raccontare al meglio il progetto.

Il pezzo farà parte del nuovo album del compositore, che sarà pubblicato il 18 dicembre in tutto il mondo da Universal Music Group.


Gabriele Ciampi: un’eccellenza italiana

Non si tratta di un appuntamento qualunque. Gabriele Ciampi rappresenta una vera e propria eccellenza musicale tricolore, riconosciuta su più fronti, dalla Recording Academy alla Casa Bianca.

Unico italiano presente nella giuria dei Grammy Awards, ha avuto il privilegio di suonare, su invito di Michelle Obama, alla White House dove ha diretto il Concerto di Natale nel 2015. Ha formato e diretto un’orchestra di sole donne, cedendo anche la bacchetta a una di loro a scanso di qualsiasi forma di protagonismo o attaccamento ai privilegi. Non a caso tramite l’Obama Foundation è in prima linea per dare un contributo e sostenere con la sua musica la protesta della comunità afroamericana.

Un video sperimentale

Il video sperimentale Holy (Santa) rappresenta un palpitante esempio di fotogiornalismo, e di come l’arte trovi sinergia e forza sconfinando oltre quelli che noi definiamo confini. Per la prima volta, al pianoforte troviamo Gabriele Ciampi che apre al violoncello di Livia De Romanis in un’intensa e crescente melodia, mentre le immagini vanno a segno con tutta la loro drammaticità.

Il risultato colpisce con un impatto esaltato dai contrasti, molto difficile da dischiudere in poche parole. Abbiamo quindi scambiato quattro chiacchiere con Gabriele Ciampi, che ci ha portato dietro le quinte dell’incontro tra Infinito e Holy con un’intervista esclusiva per Billboard Italia.


Il tema della violenza domestica è centrale nel lavoro di Donna Ferrato. Si è parlato poco di quanto lockdown abbia complicato le cose. Questa urgenza ha influenzato il lavoro?

Assolutamente. È un problema molto sentito in America, i numeri sono altissimi. Ho iniziato a occuparmene lavorando con la Fondazione Obama, e a maggio/giugno ho partecipato attivamente alla campagna per il Black Lives Matter. È nata così questa mia attenzione, anche perché tante musiciste che ho conosciuto qui hanno subito questo tipo di violenze. Non a caso nel disco che uscirà il 18 dicembre c’è una canzone con una cantante che ha patito tutto questo.

Che valore assume questa unione di forze?

Donna Ferrato non è solo un’attivista che si batte da sempre per questi diritti, ma è stata la prima fotografa a raccontare la violenza sulle donne. 20 anni fa, quando scattò le prime fotografie, non c’era il coraggio di denunciare. Alcuni scatti presenti nella parte centrale del video sono proprio la testimonianza di chi ha subito queste violenze e ha voluto raccontare una storia attraverso le immagini. È stata una collaborazione molto forte. Scrivere la colonna sonora di un libro è qualcosa che non ha mai fatto nessuno. Si instaura un rapporto simile a quello tra regista e compositore. C’era uno script, abbiamo creato una storia da mettere in musica. Sembra facile ma non è così. Quando guardi le fotografie sembrano statiche. In realtà c’è del movimento, e abbiamo creato della musica che andasse contro immagini così crude. Questo contrasto ha generato un flusso che cattura dall’inizio alla fine.


Come ci hai lavorato?

Mi sono seduto al pianoforte e ho letto le storie di queste donne, cercando di creare qualcosa in totale contrasto con le immagini. Un esperimento sicuramente difficile, ma anche un progetto assolutamente nuovo di arte contemporanea.

La musica non rischia di conferire eccessivo appeal estetico ad immagini di dolore?

Sì, senz’altro. Infatti la prima grande difficoltà era decidere che orientamento dare. C’era il rischio di caricare in maniera eccessiva una determinata foto. Da qui l’idea di giocare sui cortocircuiti. Il momento più drammatico del video corrisponde ad un picco d’orchestra in cui però c’è una melodia molto dolce. Sarebbe stato più facile creare una musica più dissonante e aggressiva.


Il piano è centrale.

Si apre con il pianoforte, poi arriva il violoncello di Livia de Romanis. C’è un dialogo che sfocia in un crescendo orchestrale fino a tornare al piano. Tutto nasce da lì.

Lavorare ad Holy potrebbe aver riaperto un dialogo con le fotografie che hanno segnato il tuo modo di fare musica?

Ci sono state delle fotografe che mi hanno impressionato. Penso a Margaret Bourke-White, la prima fotogiornalista ad entrare in un campo di concentramento. I suoi scatti sono stati censurati, ma rimangono un documento storico inestimabile. Per me la fotografia rimane più forte di qualsiasi film. Credo che Donna Ferrato sia una delle ultime professioniste viventi con un background di un certo tipo, in grado di produrre degli scatti capaci di ispirare la scrittura. Proprio come dovrebbe fare un buon film. Per creare bella musica serve una fotografia importante, e la sua grandissima tecnica ha favorito la composizione.


Anche nell’industria musicale le donne non hanno vita facile. Cambiano molto le cose tra Italia e States?

In America il fenomeno è uscito prima allo scoperto. Ma la situazione non è migliore, siamo allo stesso livello. Di diverso c’è forse quella voglia di riscatto che si sta diffondendo in Italia, ma che rimane sempre un po’ finta. Vedi molte donne musiciste che vanno in televisione, ma devono sempre essere molto belle e appariscenti. Ha l’aria del contentino. In Italia l’ambiente musicale è ancora molto maschilista e lo spazio per una donna musicista è molto limitato. In America la situazione sta cambiando, se pensiamo a figure come la CEO di Universal o di Sony Music. Le cose cambieranno anche in Italia, ma per ora sembra molto che si voglia semplicemente far apparire una donna a tutti i costi puntando sulle sue qualità estetiche.

Il sostegno alle donne è una costante della tua carriera. Ma questo progetto è riuscito comunque a insegnarti qualcosa di nuovo?

Senz’altro, ti apre la mente. Aiuta anche a superare dei pregiudizi prevalentemente italiani.


Ad esempio?

Essendo membro della Recording Academy mi sono trovato a cercare nuovi talenti. Ma la qualità è rara. Ho una posizione che mi permetterebbe di proporre all’Academy giovani musiciste italiane, ma è difficile trovarle. Il paradosso è che tutta questa attenzione sulla fisicità della donna distrae dalle qualità artistiche. Da questo lavoro ho imparato che da un lato si stanno aprendo grosse possibilità, ma dall’altra ci sono poche donne ben preparate. In America c’è una preparazione maggiore. Lì la donna non va avanti perché messa su un piano diverso rispetto all’uomo, ma perché c’è una miglior formazione.

Quanto si discosta Infinito rispetto all’album in uscita?

La sensibilità artistica di Livia De Romanis mi ha permesso di lavorare in modo diverso alle melodie. Ma Infinito contrasta quello che sarà l’album, c’è un grosso cambiamento. Posso dirti che c’è un buon lavoro di synth. Una volta che studi la musica a livello di Conservatorio puoi anche scegliere di orchestrare con strumenti diversi. Infinito fa parte della mia storia, l’album sarà una sorpresa.


Ricerca dell’ibrido. Altra costante della tua carriera. Un’artista con cui ti piacerebbe collaborare per la prima volta?

Mi capita ogni tanto di parlare di Annalisa, credo abbia una voce davvero particolare. Una bella canzone equivale a una sinfonia, ma nasce nel momento in cui hai una bella voce. E oggi è merce rara. Allo stesso tempo ci vuole uno studio per scrivere un brano che rimanga nel tempo. Alla fine se guardiamo alla tradizione italiana, quelli che hanno cambiato la storia son sempre gli stessi. Mi piacerebbe lavorare con un’interprete importante per creare un brano adeguato a questa missione.

In un’intervista hai detto che le cantanti italiane fanno spesso scelte artistiche che non valorizzano la loro voce.

Non aiuta il fatto che oggi l’obiettivo sia diventato stupire con tutto tranne che la musica. Se poi guardi anche i giovani che si esibiscono a Sanremo, che dovrebbe rappresentare la nostra eccellenza, gli errori tecnici sono troppi. Il bravo artista dovrebbe essere quello che sale sul palco e non sbaglia. Può piacere o non piacere, ma uno come Albano nonostante l’età riesce ancora a cantare in certe tonalità. Non è da tutti. Il problema alla base è la mancanza di una scuola. Si cerca il successo facile.


L’augurio è che Infinito dia una spinta tramite l’arte per portare le donne fuori da questa condizione?

Io sono per il cambiamento. Vorrei poter dare un messaggio che spero venga ripreso. È un piccolo passo, ma dobbiamo fare tutti uno sforzo. Gli ultimi concerti li ho aperti con una donna direttore. L’ho sempre detto, facciamolo tutti. Mi piacerebbe vedere un grande maestro o interprete fare lo stesso.

Ascolta She Walks in Beauty

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