Capo Plaza: «Ora metto in gioco la cosa più importante: me stesso»
Cercava l’America e ora ce l’ha nel secondo disco che esce domani, Plaza, con collaborazioni di livello. Unico italiano: Sfera. L’intervista
Convinzione, ossessione per i dettagli, non sentirsi mai arrivati e non fidarsi subito al primo incontro. Forse sono caratteristiche che non fanno dormire sonni tranquilli ma di sicuro possono aiutare a raggiungere i propri obiettivi. E Capo Plaza lo sa bene.
Salernitano, 23 anni, al secolo Luca D’Orso, domani (o meglio stanotte a mezzanotte e un minuto) torna sulle scene con Plaza il suo secondo album con feat. di altissimo livello. Da Gunna a Lil Tjay fino a A Boogie Wit Da Hoodie. Unico italiano: Sfera Ebbasta, perché come lui sembra gareggiare in un altro campionato.
Con 20, il suo primo album uscito per Sto Records/Warner nel 2018 ha conquistato il triplo disco di platino ed è rimasto al primo posto della classifica di vendita per un numero esorbitante di settimane. Due settimane fa come anticipazione, ha pubblicato il quarto episodio dell’Allenamento che è finito al #72 della Global Chart di Spotify. Oltre naturalmente a raggiungere il primo posto di tutte le piattaforme di streaming in Italia.
Non che per il Giovane Fuoriclasse sia sempre andato tutto liscio. In questi 3 anni ha attraversato anche un periodo buio che si potrebbe riassumere con la caption “effetti collaterali del successo”. Luca è stato fermo per un po’, ha buttato tutto quello che aveva prodotto tra il 2019 e i primi mesi del 2020 e ha deciso di pubblicare un album dove ha messo in gioco tutto. Ma soprattutto una cosa: sé stesso.
Una partita portata avanti sempre con i fidati amici e produttori Ava e Mojobeats. Per presentare il suo CD è stato anche scritto un libro/rivista con moltissime fotografie, fumetti, dove vengono raccolte tutte le testimonianze di coloro che gli sono stati vicini durante la lavorazione e lo conoscono da sempre, come sua sorella e i suoi genitori. Plaza si definisce chiuso e introverso ma al telefono si dimostra subito al contrario molto affabile. Sul prossimo numero di febbraio troverete l’intervista completa. Qui un’anticipazione.
Partiamo da un’immagine: lo stadio vuoto dove è stato girato il video di Allenamento#4, il primo singolo tratto dal nuovo album. Che emozione ti dà?
Forte. Per chiunque ami il calcio come sport è un luogo che dà i brividi ma posso dirti che lo preferisco pieno di gente? Sia per le partite che per i concerti ovviamente.
Lo immagino, Allenamento#4 è partito alla grandissima in quanto a streaming ma in molti hanno scritto nei commenti sui social che era troppo uguale ai precedenti. Dato che il volerti distaccare dai tuoi precedenti lavori è fondamentale per te tanto da averti fatto cancellare tutto quello che avevi prodotto in quarantena, come hai reagito?
Ho letto anche io certo quei commenti ma non sono un problema. Alla fine tutti gli Allenamento (3 episodi usciti tra il 2017 e il 2018) erano – appunto – preparatori. Servono per scaldare l’atmosfera, per far venire voglia di “spaccare tutto” ma non sono la vera anima del disco. Sono sicuro che quella verrà percepita come innovativa dal pubblico.
Hai raccontato che in questi tre anni da 20 hai attraversato dei momenti di buio e crisi: sono riassumibili nel pezzo Successo?
Esattamente. La rima è: “Non conta il successo/ Guardami negli occhi cosa è successo”. Ed è davvero così, ne sono convinto. Avevo scritto tanto, poi è arrivata la pandemia e tutto ciò che avevo composto non mi piaceva più, così sono entrato in una fase di stallo. Ne sono uscito tra agosto e settembre. Poi ho messo il turbo e mi sono venute un sacco di tracce una dietro l’altra.
In passato mi avevi raccontato come un lato negativo del successo fosse sicuramente il fatto che ti si avvicinassero tante persone poco interessate a te come persona: anche questo è stato alla base della tua crisi?
Certo. Il lato positivo è che ora sono molto più attento e sono maggiormente capace di valutare le persone. So che chi è al mio fianco ora si butterebbe davvero nel fuoco per me e mi fido completamente.
All’inizio del disco ci sono tracce più da ego-trip mentre alla fine ti metti decisamente più in gioco e i testi diventano più conscious: è così?
Sì. È questo il viaggio che ho immaginato. Voglio che emergano entrambe le facce della stessa persona: Plaza, che è quella più spaccona e Luca, più introspettiva.
Nel libro hai raccontato come il tuo sogno non fossero le luci della ribalta. Di solito si dice anche che nemmeno l’esibizione delle marche lo è, eppure ci sono ancora brani che si intitolano VVS (che indica il grado di purezza del diamante), Richard Mille (brand di orologi), Ferrari…
Certo, perché quelli sono i miei trofei e continuano a darmi soddisfazione. Perché era ciò che sognavo da piccolo e averli ottenuti rappresenta la mia ribalta. Anche gli artisti americani li hanno sempre mostrati, io sono cresciuto con quei miti. Non credo poi di esporli in maniera eccessiva: faccio qualche stories su Instagram e via.
Anche avere Gunna, A Boogie Wit Da Hoodie e Lil Tjay è un bel trofeo no?
Sono davvero soddisfatto di queste collaborazioni. Erano tutti presi bene all’idea e non credo proprio che artisti di quel livello dicano di sì a tutti.
C’è anche Luciano come rappresentante tedesco e unico artista italiano Sfera Ebbasta, che è colui che può vantare le collaborazioni internazionali di maggior livello degli ultimi anni. Siete andati entrambi a giocare in un campionato differente?
Son felice per i risultati che è riuscito a portare a casa Sfera, lui ha proprio spaccato anche in America. Lo conosco da quando ho 13 anni perciò è stato semplice anche decidere di collaborare insieme. Per me sarebbe importante riuscire a farmi conoscere in Europa: è il mio primo obiettivo.
Ti piacerebbe collaborare anche con artisti latin dopo la traccia con Duki?
Moltissimo! Volerei subito lì se qualcuno mi chiamasse, il mio sogno è lavorare con Anuel.
Ti è piaciuto il docu-film di Sfera? Non credi che metta in luce solo gli aspetti positivi? Alla fine, anche tu hai presentato due facce opposte della stessa medaglia, lui no.
Ho apprezzato Famoso. Credo che sia utile per chiunque voglia capire come ci si muova veramente all’estero. L’ho trovato interessante. Poi, certo, se proprio dobbiamo trovare un difetto la sua scelta è stata quella di parlare solo del lato felice del successo. Ma è giusto che ci sia l’auto-celebrazione.
Plaza, che cosa è successo con i ragazzi di Sto Records? Come mai avete interrotto i rapporti?
Niente di che, dopo il mio primo disco abbiamo semplicemente preso delle strade differenti e io ho firmato direttamente con Warner. I rapporti non son degenerati e infatti bella per Ghali! Ogni tanto ci sentiamo! Non spessissimo, magari per scriverci i commenti sulle nostre rispettive tracce.
Una barra di Street dice “Se sei così è colpa della street”: come ti ha forgiato la strada?
Mi ha reso piuttosto chiuso e introverso, anche stronzo, certo. La strada ti insegna a non fidarti subito delle persone.
E i tre anni che se sei stato costretto a passare sotto la Protezione Civile? (in seguito a un problema con la giustizia, ndr)
Mi hanno fatto capire che il mio sogno era la musica e che non dovevo più fare cazzate e mettermi nei guai. Mi sono stati molto utili.
Trovate l’intervista completa a Capo Plaza sul prossimo numero di Billboard Italia di febbraio.