Cinque reunion di cui il rap italiano ha bisogno
Il panorama hip hop italiano è stato segnato da grandi gruppi, alcuni noti, altri sconosciuti ai più. Ma dopo la reunion dei Club Dogo potrebbero esserci altri grandi sorprese nel 2024
È da un paio di anni a questa parte che il clima “reunion” ha travolto il mondo rap italiano: lo abbiamo visto con gruppi come i Sottotono nel 2021, lo scorso anno con gli Articolo 31 e ora i Club Dogo. In più negli scorsi giorni ha fatto molto parlare la maglia dei Co’Sang indossata da Geolier per la conferenza stampa di Sanremo 2024.
La kermesse sanremese, proprio quell’evento che nel lontano 2001 aveva dato non poche rogne ai Sottotono, sembra essere ormai un luogo sempre più vicino al rap italiano. Attenzione: questo non vuole essere un j’accuse, tutt’altro. Sarebbe ipocrita criticare la presenza di rapper a eventi di questo tipo: negli anni abbiamo tutti contribuito a rendere il rap sempre più famoso, abbiamo “combattuto” affinché venisse riconosciuto come genere. Ora che abbiamo raggiunto l’obiettivo vorremmo fare un passo indietro? Andiamo oltre. Stiamo divagando.
Rimane il fatto che le reunion dei gruppi che hanno fatto la storia del rap italiano ci sono e piacciono tanto, sia alla critica che al mercato. E nel corso degli anni sono stati tanti i gruppi che hanno segnato il genere. Alcuni hanno osato con storytelling innovativi, altri hanno semplicemente descritto la realtà che li circondava. Abbiamo deciso di raccontarvene cinque, e un loro ritorno – bello quanto improbabile – sarebbe una fantastica sorpresa per l’appena cominciato 2024.
Sangue Misto
Un solo disco per cambiare la storia del rap in Italia: Neffa, Deda e DJ Gruff, ovvero Sangue Misto. Rivederli insieme nel 2024 sarebbe straordinario. Il gruppo nasce in un periodo in cui il rap era lontano dall’essere mainstream: era musica di ribellione, c’era voglia di raccontare la società senza filtri e censure (Fight da Faida di Frankie Hi-NRG esce appena un anno prima di SxM).
Torniamo ai giorni nostri: negli anni in cui l’estetica rap si basa su eccessi e fast life, un ritorno alla riflessione, a un racconto della società più attento, cinico ma realista, sarebbe dannatamente interessante.
Sangue Misto ha dato voce a tutte quelle contraddizioni sociali e culturali che caratterizzavano l’Italia degli anni ‘90, quelle stesse contraddizioni che ancora oggi viviamo e di cui un certo tipo di musica dovrebbe parlare. E noi quella musica la ascolteremmo, perché, oggi come allora, siamo “cani sciolti nelle città che alzano il volume con il bum-bum-cha”.
Brani consigliati: Clima di Tensione, Lo Straniero, Cani Sciolti
Radical Stuff
Se parliamo di rap in Italia è grazie a questo gruppo. Si tratta di uno degli esperimenti musicali più interessanti avuti nel rap italiano. Soprattutto considerando che la Fresh Press Crew – primo nome del collettivo – si struttura a metà degli anni ‘80.
È il 1987. FPC nasce su iniziativa di DJ Gruff assieme a un giovanissimo Kaos One e l’MC americano Topcat, a cui si aggiunsero DJ Skizo, SoulBoy e Sean, altre tre figure leggendarie del rap italiano. Il definitivo cambio di nome da FPC a Radical Stuff avviene con l’ingresso nel gruppo di Dre Love nel 1990.
Questo collettivo ha saputo regalare al genere due capolavori come The Jazzy Rap Night – Live (1992) con i Lo Greco Bros e Hardaswallow, secondo e ultimo album del gruppo. La loro forza stava nel proporre un rap fuori dagli schemi: quasi completamente in inglese e ben adatto alle sonorità funk e jazz.
I Radical Stuff negli anni ‘80/’90 rappresentavano un caso isolato, anzi era proprio “l’unico caso”. Oggi però la situazione è diversa: il rap dialoga con tanti altri generi, si è contaminato ed ha assunto nuove sfumature. Provate ad ascoltare i Radical Stuff e vi renderete conto di quanto questo progetto grazie a un sound senza tempo sia ancora molto attuale. Nonostante l’età. Una delle reunion di gruppi rap italiano che aspetteremmo con ansia.
Brani consigliati: 1, 2, 3… and Four, Same All Jazz, Ontha Run
Co’Sang
Nessuno ha raccontato Napoli come i Co’Sang. Ora i tempi sembrano maturi per un loro ritorno. Nel corso degli ultimi mesi, diversi sono stati gli indizi che farebbero pensare a una possibile reunion di uno dei più grandi gruppi del rap italiano: Luchè ne ha parlato al Muschio Selvaggio di Fedez mentre Ntò ha dichiarato che “nel 2024 ci saranno grosse novità”.
Sebbene il duo abbia prodotto solo due album, il loro nome è rimasto impresso nella storia del rap italiano. Il duo ha saputo raccontare le reali difficoltà di Napoli – e di tutto il meridione – come mai nessuno prima di loro. E anche in termini di sound hanno fatto la differenza. Oltre ad essere tra i primi a utilizzare il dialetto in salsa rap, la musicalità dei brani rendeva il duo molto più vicini di altri colleghi al rap d’oltreoceano.
La vita nel rione, le strade di borgata, la periferia, il sottile confine tra i colori di Napoli e il grigiore della vita metropolitana. Tutto questo era Co’Sang, e i quartieri della città partenopea ancora suonano forte la loro musica.
Brani consigliati: Int’o Rione, Chi More Pe Mme, Quanno Me Ne So’ Juto
Merda e Melma
La golden age del rap italiano ha prodotto non solo gruppi iconici come Articolo 31, Sottotono (di cui già abbiamo visto la reunion) o i già citati Sangue Misto. Un gruppo spesso dimenticato è quello composto da Sean, Deda e Kaos. Un unico album all’attivo: Merda e Melma. Alla sua realizzazione presero parte però altri personaggi illustri del rap, come Neffa, DJ Double S e Moddi MC.
Questo progetto corale è stato l’unione di due scuole di pensiero che in quegli anni spesso erano in competizione. Da un lato Kaos con i Radical Stuff e il suo inglese italianizzato; dall’altro Neffa, con il passato da Sangue Misto e pronto al tour di 107 Elementi. Questo però è anche il disco di Deda o, meglio ancora, di Katzuma – nome che dal 2004 in poi Deda utilizzerà per firmare i suoi progetti elettronici.
In quel fango musicale però c’erano già le basi di ciò che sarebbe venuto dopo, anche molto dopo. I beat erano contaminati da un sound elettronico in cui soul, rap americano, ma anche riferimenti al prog rock italiano si mischiavano perfettamente. Nove brani, 32 minuti di musica e nessuna collaborazione: tutto perfetto. Ed era “solo” un side-project realizzato in poco più di una settimana.
Artificial Kid
Partendo dall’estetica dell’omonimi film di Bruce Sterling, Artificial Kid è uno degli esperimenti più riusciti – e trascurati – dei primi anni 2000. Danno dei Colle Der Fomento assieme a StabbyoBoy e DJ Craim creano un progetto rap dalle tinte cyberpunk.
Il loro unico album è Number 47. Uno storytelling ispirato dai racconti di Philip Dick, William Gibson e dallo stesso Sterling, che racconta di un mondo fatto – e dominato – da macchine. Questo album è un film in musica. La voce di Danno interpreta quella di una bambino che si trova proiettato in un universo controllato dalle macchine, in cui la sensibilità dell’uomo è oppressa dalla logica del vero/falso (non giusto/sbagliato).
È il racconto di un futuro inquieto, dove all’umanità non resta che il metallo da cui è dominata. Il sound di StabbyoBoy è coerente, attraversato dai toni onirici che guardano anche a grandi capolavori della musica elettronica come Oxygène di Jean-Michel Jarre. A questo si aggiungono gli scratch di DJ Craim, graffi “metallici” che danno ancora più consistenza al tappeto sonoro del disco.
Ora che nel 2024 stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione tecnologica attraverso l’utilizzo dell’AI sarebbe bellissimo ascoltarne un sequel. Grazie alle sue ambientazioni cyberpunk, Numero 47 rimane un capolavoro del rap italiano, nonché uno dei progetti più ispirati degli ultimi vent’anni: fra i gruppi rap di cui vedremmo bene una reunion, non possiamo non citarli.
Brani consigliati: Il Sistema, La Verità, U-topia, Dis-u-topia
Bonus: Piante Grasse, ovvero Men In Skratch assieme agli Uomini di Mare
Se in molti conoscono il duo DJ Lato – Fabri Fibra, pochi sono quelli che conoscono il side project composto dagli Uomini di Mare e Men in Skratch (DJ Myke, DJ Aladyn e DJ Yaner).
Il loro sodalizio musicale, certo, non è durato molto: quella di un album per l’esattezza, il loro CACTUS. Un album pubblicato agli inizi del 2000 che osava come pochi altri e che tra scratch e rime era un esempio di cosa significasse essere all’avanguardia. Di questo album non si è mai parlato abbastanza. Vuoi perché Uomini di Mare e la sua Sindrome ha capitalizzato l’attenzione, vuoi perché di lì a poco il rap avrebbe vissuto quel periodo di “grande buio” perdendo tutto il clamore mediatico che aveva riscosso negli anni ‘90.
Nonostante questo, ancora oggi rimane un progetto assolutamente imprescindibile che fa scuola, perfetto per chiunque voglia ascoltare qualcosa di diverso. L’effetto nostalgia, misto a stupore, è garantito.
Articolo di Gianluca Faliero