Hip Hop

Il Tre: «Da “Fragili” ad “Anima Nera” sento una costante evoluzione»

Il rapper romano ci racconta cosa c’è dietro il suo nuovo progetto discografico, in uscita venerdì 7 novembre

  • Il4 Novembre 2025
Il Tre: «Da “Fragili” ad “Anima Nera” sento una costante evoluzione»

«In ogni anima, anche nella più pura ci può essere una parte più scura», racconta Il Tre per parlare del suo nuovo album Anima Nera, in uscita venerdì 7 novembre. 

Si tratta di un viaggio di consapevolezze e introspezione che il rapper romano ha intrapreso volando persino in Texas. In questo disco Il Tre veste anche i panni del cantautore e tocca le corde più pop del genere, pur mantenendo sempre la sua verve hip hop. Guido Senia (in arte Il Tre) sperimenta molto nel corso del disco, frutto sia delle esperienze personali che della conferma di avere alle spalle una famiglia solida.

Un progetto di undici tracce, senza featuring, che mantiene la coerenza dell’artista. Lo stesso cantautore infatti descrive l’album con le parole “sofferente, anima e Texas”. Tutti i vocaboli hanno a che fare con il mood e le vibe dell’album Anima Nera. Traspare infatti il connubio di malinconia e nostalgia che caratterizzano Il Tre e che rientrano anche nella sfera della “sofferenza”.

Inoltre, come ci dice lo stesso artista: «Parte tutto dalla mia anima in cui molta gente si può rivedere», un concetto forte che dà per l’appunto anche il titolo al nuovo progetto discografico del Tre. Inusuale, apparentemente, usare anche la parola “Texas”, ma in realtà, come ci svela l’artista nel corso della nostra intervista, si tratta di un luogo speciale in cui hanno preso forma il visual e il concept dell’album. Inoltre da venerdì 28 novembre partirà anche il Live Tour 2025 del Tre con tappe a Bologna, Firenze, Padova, Torino, Milano e Roma.

L’intervista a Il Tre

Nella prima traccia NOVEUNOUNO, tu dici: “Il dolore addosso che cancella il senso delle cose belle”. Cosa significa per te?

È proprio una sensazione di non riuscire più a dare un senso a ciò che è bello nella vita quando hai un dolore addosso, che sembra che nulla ha più senso. È una cosa che penso come me chiunque abbia provato almeno una volta nella vita. Mi piaceva aprire il disco con una frase che, appunto, rappresentasse più o meno tutte le persone che lo ascolteranno.

Nel brano dici anche che “non è Sanremo a dirmi le cose che merito”. Spiegaci meglio.

Avere un’esposizione così grande ti fa anche un po’ dubitare del tuo percorso artistico. Uscito da quella bellissima parentesi mi sono accorto che chiaramente molte persone non mi conoscevano, ma il mio percorso non è solo quello. È cominciato con una grande gavetta, ormai sono quasi dieci anni che faccio musica.

In gara al Festival del 2024 hai portato Fragili. Quanto sei cambiato da quel singolo a questo nuovo album, anche con Felpa XL ad esempio?

Io sento una costante evoluzione nella mia musica, ma anche nella mia persona. Sto crescendo e ogni anno che passa faccio musica diversa e le mie considerazioni sulla vita generale cambiano. Questo poi si riflette sul mio lato artistico e fa sì che la mia musica cambi costantemente.

Da Fragili a questo album, sicuramente ho preso tante consapevolezze in più e mi sono successe tantissime cose a livello personale che hanno fatto sì che ne uscisse  un album così personale. Ho girato tanto, sono successe tante cose che mi hanno portato a riflettere su chi sono, su chi voglio essere e se su chi non voglio più essere.

E chi vuoi essere?

Voglio essere fiero di me stesso del mio percorso e di quello che sto creando. Laddove magari ho sbagliato, cerco di non ripetere l’errore. Chiaramente tutti sbagliamo, nessuno è perfetto, però non voglio più far male a persone che non lo meritano.

In questo album sei un po’ uscito dalla tua comfort zone. Non c’è solo il rap, ma anche parecchio del cantautorato.

Assolutamente. Non posso nascondere il fatto che a me piace da sempre il pop. Ascolto tanto il rap e altrettanti cantautori italiani come Fabrizio Moro o Zucchero. Quindi questo lo riporto nella mia musica, un po’ come se fosse un ibrido tra appunto il rap che è quello da cui vengo, e che amerò per sempre, e la versione nuova di me.

Anche con Francesca sei uscito dalla tua comfort zone.

Sì, Francesca forse è la traccia più fuori dalla mia comfort zone, è un brano di cui vado molto fiero perché, magari dico un’eresia, a me ricorda un po’ di roba alla De Gregori. Ho scritto questo pezzo con la mia band ed è nato in maniera del tutto naturale. È il pezzo dove ho rischiato di più, quello più diverso da tutta la mia discografia.

Cosa ti ha spinto a fare qualcosa di così diverso?

La voglia di sperimentare. L’unico obiettivo è quello di fare bella musica. Con Francesca è stato così, è nata in sessione con la mia band. Poi io ho la fortuna di avere persone che sono amiche prima che colleghi. La canzone è stata amore a primo ascolto.

Nel corso dell’album si gioca molto con la parola “anima”, soprattutto in canzoni come Paura di Me o Anima Nera, che dà tra l’altro il titolo al tuo album.

Il senso è quello che in ogni anima, anche nella più pura, ci può essere una parte più scura, più buia, di cui magari anche noi stessi non andiamo molto fieri. Però è una cosa che va accettata . La parte migliore del problema è quando non diventa più un problema, ma diventa essere consapevole del fatto che ci può essere una parte scura all’interno dell’anima.

Il brano Anima Nera suona come una lettera dove esalti anche il “desiderio di una vita normale”. Cosa c’è dietro a questa canzone?

Questo pezzo è uno dei dei miei preferiti. È una richiesta, non so manco io a chi, però al fatto che io vorrei, in certi momenti, avere una vita normale e discutere di argomenti normali. La vita degli artisti è tutt’altro che normale, è sempre un sali e scendi, sei sempre immerso dentro ai tuoi pensieri perché dal tuo lavoro non stacchi mai. E questo chiaramente lo riflette anche sulle persone che ti sono accanto. Nel testo dico: “Non so se ne è valsa la pena fare luce in un’anima nera”. Quindi non so se ne è valsa la pena accorgermi di essere una persona un po’ fuori dagli schemi, però alla fine è quello che ti fa rendere conto di essere te stesso.

Un altro tema ricorrente è quello del mare. Lo citi spesso in Litorale, Via Marina, Inchiostro Blu, Sui Bordi. Che significato ha per te il mare?

Sì, è vero. Il mare è molto presente all’interno dell’album, il che è un paradosso perché io non sono un fan del mare in estate. Mi piace l’altra faccia del mare, quella un po’ più desolata in inverno, quando non c’è nessuno e fa freddo. È inteso così il mare all’interno dell’album. In molte canzoni, soprattutto Litorale e Inchiostro Blu sono due pezzi un po’ malinconici.

Di base attingo molto dalla vita di tutti i giorni: magari succede una cosa o visto una scena che mi suggestiona e me la segno. Le mie note del telefono sono comunque una banca dati, per quello che poi prenderà forma con la canzone.

Ti ritieni una persona un po’ nostalgica, un po’ malinconica?

Io di base sono una persona malinconica, e sì, anche nostalgica. Sono sentimenti in cui mi rivedo. La mia felicità comunque ha dei picchi veramente molto alti, ma altrettanto brevi.

L’album è molto personale. Questo aspetto si riflette anche nella tua scelta di non avere featuring per questo progetto?

Stando nel mondo della musica, comunque capisci che i featuring sono un tasto un po’ dolente, tra virgolette. Io ne ho fatti di featuring: il mio primo album ne aveva quattro o cinque. Sono però un tasto che con i meccanismi di oggi devi stare un po’ dietro a tutto quello che è, chiaramente, anche l’altro artista. Quindi è un discorso anche di coerenza col mio percorso: io non sono mai stato uno che ha fatto grandi successi con i featuring, ho fatto molto nel mio orto.

In #31#, ti rivolgi direttamente ai tuoi ascoltatori, come se foste seduti l’uno di fronte all’altro. Da dove nasce questa scelta?

Stavamo facendo una sessione ed eravamo un po’ in una fase di stallo. C’era questo beat, ma io sinceramente non avevo la minima idea di cosa parlare, perché comunque avevo già fatto un sacco di pezzi che poi magari sono stati scartati. Mi sono immaginato appunto questa scena di trovarmi di fronte a un mio ascoltatore X e di raccontare le mie abitudini e il fatto che a volte è tosta portare determinati argomenti. Anche il titolo nasce dal fatto che sembra la chiamata da uno sconosciuto, al telefono. Il video e il visual del pezzo li abbiamo girati in stile molto retrò in una cabina telefonica che abbiamo trovato in Texas.

T’immagino è la traccia che chiude l’album. Parli del desiderio di paternità.

Più che un desiderio si tratta di un’incognita. Io non so se avrò mai un figlio, quindi nella traccia io mi posso immaginare come sarebbe se avessi io un bambino. Io non ho la minima idea di come si affronta un argomento del genere, ma è stata proprio quella la parte interessante del pezzo. Alla fine come si fa a fare il genitore? Nessuno te lo insegna o ti dice come ci si comporta. io ad esempio dico che me lo immagino “con la guerra in testa come me” perché io è da quando sono bambino che ho dei conflitti interiori. Non c’è una risposta a come fare il genitore, viene naturale. A volte vorrei chiedere ai miei genitori come hanno fatto, comunque io sono fortunato e i miei sono veramente magnifici.

Invece, per il tuo futuro, anche discografico, che cosa t’immagini? Ti stai anche preparando ai live.

Il tour è una delle parti più interessanti del mio lavoro, e non vedo l’ora di iniziare. Adesso, discograficamente parlando, stiamo per uscire con l’album e poi si accenderà la struttura del live e faremo una cosa speciale come abbiamo sempre fatto in ogni tour. Si sentirà tanta roba vecchia, oltre al disco nuovo. A Livello di scenografia e momenti sto organizzando qualcosa di un po’ più sopra le righe rispetto al solito.

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