Giorgio Poi: «Io indie? Molto meglio itpop!» – Intervista
Giorgio Poi continua a macinare successi: a maggio sono usciti due bei featuring (“Missili” feat. Frah Quintale e “Camel Blu” feat. Carl Brave) e un album da produttore: “La Malanoche” di Francesco De Leo
A poco più di un anno dal suo album di debutto Fa Niente, Giorgio Poi continua a macinare successi. A maggio sono usciti due pezzi da milioni di streaming (Missili feat. Frah Quintale e Camel Blu feat. Carl Brave) e un album da produttore con una delle penne più promettenti della scena italiana: Francesco De Leo, col suo La Malanoche. Nonostante questo, Giorgio Poi rimane “polleg”, come si dice a Bologna, sua nuova città d’adozione dopo undici anni passati lontano da casa tra Berlino e Londra.
Fa Niente è uscito più o meno un anno fa: ti aspettavi questo successo?
In realtà no. Non avevo preventivato nulla, né un successo né un insuccesso. Non ero preparato a nessuno dei due e non avevo neanche pensato al fatto che ci potesse essere una reazione al mio disco e che avrei dovuto tirare delle somme! Semplicemente ero curioso: dopo aver lavorato sulle canzoni avevo voglia di sapere cosa ne avrebbe pensato l’ascoltatore. Ovviamente sono stato molto contento di com’è andato il disco, di com’è andato l’anno. Si sono aperte molte strade che sto iniziando a percorrere.
Prima di far uscire il tuo disco d’esordio hai vissuto Berlino e a Londra, dove hai studiato. Dopo undici anni sei tornato in Italia.
Fa Niente è stato scritto Berlino, infatti. Ed è stato scritto in italiano proprio con la speranza di tornare a casa: volevo tornare a vivere in Italia. Quando sono uscite le prime canzoni ho capito che c’era dell’attenzione, e ci poteva essere un’occasione di ritornare. Ero in cerca di cose da fare in Italia: fondamentalmente l’idea era di suonare e girarmela un po’ e fare un tour qui da noi è stata una perfetta risposta al mio desiderio. E così sono tornato in Italia, mi sono trasferito a Bologna e ho viaggiato tanto.
Ed è cambiato tutto? Anche il tuo modo di vivere la musica?
Non ti so dire: ogni disco, ogni canzone è un passo da qualche parte. Se c’è un cambiamento non resto mai troppo ad analizzarlo, lo lascio succedere e non cerco di definire una direzione. Però una cosa che mi hanno fatto notare è che in Fa Niente non ci sono quasi mai i ritornelli! Era una cosa su cui in effetti non avevo mai riflettuto: pensavo che una canzone dovesse avere delle parti, ma non ho mai avuto l’idea del ritornello. Paradossalmente nell’ultimo periodo ho dovuto esplorare questo mondo perchè sono usciti alcuni featuring in cui ho scritto solo i ritornelli!
Vedi a volte il destino? A proposito di featuring, nell’ultimo mese sono uscite novità importanti! Andiamo con ordine: com’è stata l’esperienza di produzione de La Malanoche, album di esordio da solista di Francesco De Leo?
L’anno scorso il mio manager mi ha mandato un link di SoundCloud dicendomi: “Ascolta questo”. Erano i provini chitarra e voce di Francesco dell’Officina della Camomilla, che io però ai tempi non conoscevo perché avevo vissuto all’estero fino a poco prima. Mi era piaciuto moltissimo, avevano una forza e una magia molto interessanti. Poi ci siamo conosciuti e spontaneamente ci è venuta questa idea: io ero ancora in tour, ci vedevamo nei momenti in cui non suonavo, a casa mia a Bologna, dove abbiamo registrato tutto tranne la batteria. Per me è stata un’esperienza molto bella. Ho sviluppato un forte affetto per lui, penso sia molto talentuoso.
Rispetto allo stile dell’Officina della Camomilla si sente molto la tua impronta, un cambio radicale.
Francesco è venuto da me con canzoni chitarra e voce, senza darmi indicazioni. Questo è quello che più mi piace, che mi viene spontaneo. In più pensavo che questo stile si sarebbe adattato bene alla sua scrittura.
Passiamo al secondo feat: futuro tormentone estivo? Missili con Frah Quintale e Takagi & Ketra.
I ragazzi di Universal hanno organizzato una sessione di scrittura con Takagi & Ketra. Allora sono andato a Milano per cercare di fare qualcosa insieme. Ho portato la chitarra, ci siamo messi a buttare giù un po’ di idee. In realtà per tutta la giornata loro hanno fatto la base e a me non venivano particolari proposte. Quindi sono arrivate le sette di sera e ancora non c’era niente, soltanto la base! Poi, proprio all’ultimo, mi è venuto questo ritornello. L’ho registrato e l’abbiamo tenuto… abbiamo tenuto proprio quella registrazione, quella degli ultimi cinque minuti prima di correre a prendere il treno per tornare a Bologna! Frah Quintale è andato da loro il giorno dopo: mi hanno mandato la sua versione con le strofe e ci è piaciuta molto. Inizialmente il pezzo lo avevamo scritto per proporlo a qualcun altro come autori. Ma alla fine è uscita una cosa con una sua magia, con le nostre voci insieme – che sono molto diverse ma in qualche modo sembrano completarsi – e abbiamo deciso di farlo uscire come nostro.
Ultimo featuring – ma solo per ordine di uscita – Camel Blu, con Carl Brave. Di nuovo un salto di genere.
Stilisticamente è quello più lontano dalla mia produzione personale. Con lui ci siamo fatti la corte già da quando erano usciti i nostri rispettivi dischi. Ci stiamo simpatici: mi ha mandato un messaggio e mi ha detto: “Facciamo questo pezzo, mi piacerebbe che provassi a scriverci un ritornello”… ancora una volta! (ride, ndr)
Domanda difficile: visto che ne sei completamente immerso, che direzione sta prendendo quella che viene o veniva etichettata come musica indie?
Sai, non riesco ad identificare l’indie come un genere musicale. La parola per me resta legata ad una produzione di un’etichetta indipendente, anche se poi non sempre gli artisti ci restano. Non vedo però un collegamento musicale all’interno di vari progetti che definiamo “indie”. Forse c’è se parliamo di itpop. È più adatto.
Ormai è sdoganata come definizione, allora!
Sì, è nata dai ragazzi di Diesagiowave. Però è una cosa molto sensata, secondo me, perché identifica e racconta con una parola sola quello che sta succedendo in Italia. Al contrario di indie, che finisce per catalogare degli artisti che fanno cose molto diverse sotto un nome, che poi non vuol dire nulla. Invece itpop è un determinato modo di scrivere le canzoni.
Quindi ti senti parte dell’itpop.
Forse. Oddio, non lo so. Questa è molto difficile! (ride, ndr) Per certi aspetti sicuramente ci sono dentro, sono uno che scrive delle canzoni in italiano in questo periodo. Stilisticamente magari faccio un’altra cosa rispetto a – che so – Carl Brave. Siamo molto lontani ma possiamo entrambi rientrare nello stesso contenitore musicale. Ma non sono molto bravo con le definizioni. Specialmente se si tratta di inquadrare la musica dentro delle parole: non ci riesco! Forse per questo faccio il musicista?