“Hanami”, il fiore dei talenti emergenti in uno speciale progetto Asian Fake
Più di una compilation, più di un label album: il nuovissimo progetto HANAMI della label milanese intende rimettere al centro il talento emergente attraverso un’innovativa modalità di scouting
Il titolo indica la pratica giapponese dell’osservazione della fioritura degli alberi. Una denominazione davvero appropriata per un lavoro che è un po’ compilation, un po’ label album, un po’ piattaforma di lancio di talenti emergenti. HANAMI è il nuovissimo progetto di casa Asian Fake, che tramite una call to action lanciata mesi fa sui social ha selezionato tredici “fiori” musicali di altrettanti artisti che si sono potuti avvalere di una lavorazione importante: finalizzazione dei mix a cura della label, distribuzione Sony Music. Tutto nell’ottica cara ad Asian Fake: quella di un progetto “non di genere ma di suono”. Indaghiamo caratteristiche e potenzialità di questa innovativa modalità di scouting insieme al co-fondatore e CEO dell’etichetta, Filippo Palazzo.
Il progetto Hanami ha avuto inizio con una call to action sui social che ha portato a quasi 400 candidature. Sulla base di quali criteri artistici è avvenuta la selezione che ha portato alla tracklist finale di tredici brani?
È arrivato in pochissimi giorni un gran numero di brani, e almeno il 50% aveva qualcosa di valido. Per noi questo è stato un forte segnale di capacità attrattiva verso un certo tipo di talenti. La selezione dei pezzi non è stata facile. Con Frenetik, Orang3 e Victor Kwality mi sono suddiviso il lavoro di selezione per tre sessioni di ascolto collettivo, con 150 brani ogni volta. La scelta si è basata su una serie di fattori come la scrittura, la solidità della produzione e l’emotività espressa da ciascuno dei protagonisti. Le tredici tracce scelte sono una buona sintesi di queste tre caratteristiche. Di sicuro non hanno influito nella scelta elementi come i numeri o l’estetica social, canali YouTube o collaborazioni precedenti. Dei ragazzi non sapevamo praticamente nulla. Per loro ha parlato solo la musica: il bello è stato questo.
Con questi artisti – o con parte di essi – Asian Fake svilupperà ulteriori progetti più organici? Oppure si tratta di un formato inteso esclusivamente come vetrina per talenti sempre nuovi?
Il nostro primo obiettivo era fare un bel disco. Lavorando sulle tracce abbiamo capito che tutti gli artisti che abbiamo selezionato effettivamente hanno un grande potenziale. Firmare tutti e tredici per noi è impossibile, ma il nostro lavoro è anche quello di connettere talenti con altri talenti e con persone che lavorano con noi. Quindi, anche per le tracce dei ragazzi non selezionati per il disco, sono partite segnalazioni e link per aiutarli a costruirsi un proprio percorso. Con alcuni dei ragazzi selezionati sì, in un prossimo futuro partiranno delle collaborazioni dirette. Pochi giorni fa abbiamo annunciato l’ingresso in roster di Deriansky, caricando il video ufficiale di Team Crociati. HANAMI è stato anche talent scouting, portato avanti in modo sano e genuino. Abbiamo trovato dei talenti cristallini che magari sono più vicini al nostro suono e modo di approcciare la musica.
Avete in mente un “Hanami Vol. 2”?
Sì, abbiamo già in mente di costruire il progetto per il 2021, con qualche variazione creativa ma sicuramente l’esperienza è stata così bella che la rifaremo. Il contesto emotivo sarà sicuramente diverso ma spero che il risultato finale sarà altrettanto magico come questa prima pubblicazione.
Qual è stato il contenuto delle Hanami Class?
Abbiamo dialogato con gli artisti, dividendo in tre “classes” i tredici selezionati. Kwality, io e Frenetik&Orang3 abbiamo incontrato sul canale YouTube di Asian Fake tutti i ragazzi, uno per volta. L’idea era che potessero presentarsi con il proprio viso e con la propria voce: noi abbiamo pensato a dargli un luogo in cui poterlo fare. Ci hanno raccontato il loro mondo, il loro progetto, la loro vita e la loro canzone. Ci siamo conosciuti ed è stato come fare amicizia. Si è innescato subito un rapporto di cordialità e fiducia, senza timidezza e imbarazzo. Un’oretta bella di chiacchiera in diretta, forse il miglior modo di preparare la release vivendola emotivamente tutti insieme.
In pieno spirito Asian Fake, si tratta di un progetto “non di genere ma di suono”. Quali sono le caratteristiche sonore di un artista che colpiscono maggiormente le vostre orecchie?
Domanda molto difficile… Di base, il macro-criterio è che tendiamo ad avvicinarci a progetti già a 360 gradi dove l’artista solitamente è anche alchimista della sua stessa musica. Ci piace il concetto di “self & home made”, dove se suona sporco ma vero ci piace lo stesso. Di solito chi si disegna e cuce la propria camicia risulta spesso più elegante degli altri che se la comprano.
In un certo senso Hanami riprende il vecchio formato del “label album” ma con un approccio nuovo, tutto rivolto al lancio di talenti emergenti. Pensate che altri seguiranno il vostro esempio?
Spero proprio di sì. Il racconto e la promozione di HANAMI hanno avuto un’impronta digital, legata a piattaforme e social media, ma l’anima del progetto in realtà è “old school”: definisce un certo modo di fare le cose a prescindere dall’output con cui le fai conoscere. Non abbiamo fatto attenzione a nulla degli artisti che non fosse la loro musica, che deve tornare al centro dello scouting. Così si dà il via a un percorso artistico solido, che avrà ancora nella “gavetta” un suo primo passo fondamentale. Più etichette creeranno il loro progetto interno simile al nostro e meno ragazzi ricorreranno a scorciatoie per il successo, più musica bella sarà in giro e più artisti bravi contribuiranno ad alzare il livello. HANAMI deve essere il primo di una lunghissima serie di episodi belli e sani per il sistema.
In un futuro che speriamo prossimo, il “modello Hanami” potrà anche tradursi in una versione dal vivo?
Secondo me no: HANAMI è un viaggio in cuffia durante la sua gestazione. Dopo la pubblicazione del disco, invece, un concerto o evento dal vivo sarebbe bellissimo e prossimamente non escludo che possa avvenire.