Pianista Indie è molto più serio di quanto immagini. L’intervista
Ha scritto “Urologia” e “Vita di Merda” e indossa la maschera. Non scoprirete chi è Pianista Indie ma quello che ci racconta con la sua musica
Pianista Indie indossa la maschera come tanti altri artisti in questo momento. Ha scritto canzoni come Urologia (il suo primo successo), Ti Amo Ma (feat. Quello che le donne non dicono) e Vita di Merda uscite per Mescal. Sembrerebbero l’espressione della moda del momento oppure delle prese in giro, così come il suo nome stesso, ma non lo sono. O meglio: un tocco di ironia c’è sempre nei suoi testi ma non è l’unico elemento interessante.
Pianista Indie ha un’attitudine così da preso-bene che qualsiasi retropensiero leggermente malevolo possa aver fatto capolino nella vostra mente scompare all’istante quando si parla con lui. Non ci tiene a far sapere il proprio nome (ovviamente), la provenienza e l’età. Così abbiamo deciso di fargli un po’ di domande per capire chi sia, ops no, quello no. Per capire cosa voglia raccontarci con le sue canzoni.
Sempre più artisti stanno indossando la maschera: non è diventata ormai un po’ una moda? Tra Junior Cally, Bloody Beetroots, tha Supreme etc. etc.
Non mi sento di appartenere a quel filone: io non mi voglio nascondere. Né creare un personaggio con la maschera. Voglio solo che al pubblico arrivino prima le mie canzoni di tutto il resto. L’idea della maschera è nata per caso e per necessità. Avevo pubblicato su Spotify Urologia, che era un semplice provino voce e pianoforte da cui non mi aspettavo nulla, e avevo deciso di non condividere niente, soprattutto foto. Poi quando ho realizzato che avrei potuto presentarla dal vivo mi è venuta l’idea della maschera.
Anche il tuo nome sembra una presa in giro di tutto il cantautorato indie…
Ma no! Io lo adoro! Non c’è nessuna ironia in Pianista Indie. Un giorno mi sono trovato in un appartamento vuoto con il mio pianoforte e basta mentre componevo Urologia e ho pensato: come potrei chiamare questo progetto? Pianista perché è quello che sono. E poi? Desolato? No, non andava bene, era veramente da sfigato. Indie! Perché più indipendente di me in quel momento, senza casa discografica né niente, non c’era proprio nessuno.
L’IT Pop ti piace?
Lo adoro. Al di là delle canzoni è il messaggio che mi piace. Grazie all’IT Pop o cantautorato indie ognuno può dire quello che vuole e come vuole. Prima dovevi rispettare delle regole ferree per andare in radio: la durata, il linguaggio etc. Oggi puoi scrivere in un modo più realistico, fare un pezzo da 1 minuto e 30 come lo sono i miei. La libertà espressiva è sicuramente l’elemento che preferisco.
Come sono stati i tuoi inizi?
Mi sono ritrovato davanti a un pianoforte all’età di 6 anni. In un negozio di strumenti musicali, i miei genitori mi dissero: “Scegli quello che vuoi”. Non ricordo una vita senza tasti bianco-neri. Da adolescente provavo il classico sentimento di amore e odio, perché era faticoso studiare solfeggio. Ma all’università, quando ero in un piccolo appartamento in condivisione, mi sono reso conto che non ne potevo fare a meno, allora fuggivo da un amico o nelle sale prove. Ho iniziato anche a suonare altri strumenti e a comporre con chitarra e basso, ma mi sono reso conto che riesco a comunicare realmente quello che voglio solo quando compongo con il pianoforte. Ho capito che è la formula migliore per il mio progetto di Pianista Indie.
E quali erano i tuoi ascolti? Le tue influenze musicali sembrano molto classiche anche se i testi non lo sono per niente…
I Police, i Clash, i Queen, i Beatles. Mentre sul fronte italiano: Battisti, Vasco Rossi e Rino Gaetano.
Dopo l’università hai iniziato con un lavoro – diciamo – normale che poi hai abbandonato?
Non del tutto, adesso lavoro part-time. A un certo punto stavo per abbandonare il sogno della musica perché non stavo ottenendo risultati, quindi ho iniziato con un altro lavoro diciamo “più serio”. Ma sono convinto che, dato che la vita è breve, dobbiamo fare quello che ci rende felici quando ci svegliamo la mattina. Quindi mi sono detto: chissene frega e mi sono dedicato molto di più alla scrittura delle canzoni.
I podcast di Pianista Indie su Spotify invece come sono nati?
Mi piace parlare (tanto) e il podcast riesce a rendere il mio modo di vedere le cose. Perché nessuno ti vede in faccia ma contano i contenuti. Comunque, a un certo punto della mia vita ho capito che perdevo l’80% della mia giornata ad ascoltare a poi a rispondere ai vocali, quindi invece di perdere ulteriore tempo, ho deciso di riutilizzarli!
Parteciperesti mai a un talent come X-Factor o al festival di Sanremo?
Non ci ho mai pensato prima che tu mi facessi questa domanda! Non credo che a X-Factor verrebbero comprese e apprezzate le mie canzoni per cui penso proprio di no!
Rivelerai alla fine la tua identità?
Ma che devo rivelare… non è sta grande scoperta per chi vede! Però posso farti una richiesta?
Vai pure.
Se ti viene in mente qualche altra domanda mi manderesti un vocale così lo inserisco nel mio podcast?