Alessio Bernabei, tra “Everest” e Osho: «L’assenza può fare paura»
L’ex Dear Jack ha imparato a volersi bene, ma non è stato facile arrivare al nuovo Alessio Bernabei di Everest, come ci racconta lui stesso
Non è facile rimanere in silenzio nella piazza musicale odierna, dove si alza la voce a tutte le ore per paura di finire nel dimenticatoio. La paura di un pubblico smemorato può farsi largo tra i tuoi fantasmi. I dubbi sulla fedeltà fan-base cominciano a serpeggiare. Insomma, scegliere di prendersi del tempo ha un prezzo: una pressione che non tutti sono in grado di sorreggere. Dopo due anni difficili, Alessio Bernabei può dire di aver retto l’urto. È tornato oggi con Everest, primo passo di una nuova affascinante cima da scalare con maggior consapevolezza. Il successo è un’esperienza a cui nessuna scuola ti prepara. Con i Dear Jack il classe ’92 ha scoperto sulla propria pelle. Ma ora si volta pagina, con uno sguardo diverso sulle cose. Abbiamo contattato Alessio telefonicamente, per farcela leggere direttamente da lui.
Hai scritto Everest a ridosso dell’estate, quando il peggio sembrava passato, e molti sono partiti per le vacanze. Considerato che poi la situazione è tornata critica e uno dei temi del brano è il “viaggio”, hai mai pensato di rivederlo?
Il brano non è molto legato alla situazione che stiamo vivendo. È incentrato più che altro sulla mia visione delle cose. Alla fin fine è un brano sulla mia concezione di dare amore alle altre persone. Una promessa verso chi mi ha sempre seguito: io ci sarò, avrò cura di te. E non me ne andrò mai più, vista la mia recente inattività musicale.
In cosa consiste questa nuova concezione dell’amore?
Molte volte ho dato tanto alle persone, mentre magari mi dimenticavo di dare a me stesso. E quando non ami te stesso non riesci ad arrivare ad altre persone.
Una conquista recente?
È una visione più matura e consapevole della vita che ho raggiunto da pochissimo. Molte volte in questi anni guardandomi allo specchio mi stavo proprio sul cavolo, sia esteticamente che interiormente. Ho dovuto fare amicizia con me stesso. Uno potrebbe dire “eh vabbe fai il cantante, che te frega”… eh no, perché quando tornavo a casa ero il primo ad essere insicuro, ad avere paura per una grande responsabilità che non riuscivo a gestire. Alla fine ero un ragazzetto di 22 anni.
Sono forse mancate le figure intorno a te in grado di guidarti e proteggerti?
No, sono molto fortunato perché ho un forte legame con la mia famiglia, mia mamma in particolare. Non mi hanno mai fatto sentire la mancanza di una figura affettiva. A livello di amore personale ci sono stati momenti di solitudine, ma alla fine si sta anche bene da soli. Forse è impararlo che ti cambia la visione. Poi comunque non ho neanche 30 anni, se deve arrivare l’amore della vita, arriverà!
E la musica che ruolo occupava?
La musica era quella che poi incollava tutto. Con lei sul palco non mi sentivo solo per niente. Era come essere innamorati della persona più bella del mondo.
C’è una canzone in particolare che ti ha aiutato a diventare quello che sei adesso?
Diciamo che le canzoni che ho scritto nell’ultimo anno mi rappresentano molto di più rispetto al passato. Sono cambiato tantissimo, complice anche il lockdown. Ho letto un sacco di libri sulla crescita personale. Everest è un po’ il primo tassello di questa nuova consapevolezza.
Quali libri ti hanno segnato?
Ho scoperto uno scrittore che mi piace un sacco, Eckarth Tolle. Ho trovato un suo libro molto bello,Tutt’uno con la vita. Anche Alberto Lori, un autore sul mondo quantico. E poi Osho, l’ho letto tantissimo. È stato bello ritrovare quella dimensione meno materiale.
Raccontaci il videoclip di Everest. Ci sono delle quotes?
Il video ha un taglio molto cinematografico. Il regista è Marcello Maw, uno dei miei migliori amici. Abbiamo fatto un video a budget zero dal nulla, dando al tutto questa grana molto “cinema”. Abbiamo ragionato su un’idea di scenario apocalittico e selvaggio. Ci sono queste rocce bianche che lo fanno sembrare quasi un paesaggio extra-terrestre. È un viaggio into the wild, che alla fine è la vita, fatto di ostacoli. Bisogna goderselo fino alla meta. Alla fine si arriva consapevoli del percorso che si è fatto.
Qual è l’ostacolo che ti ha più fortificato?
Forse il fatto di essere stato a lungo inattivo musicalmente. Quella cosa mi ha fatto stare male, non ero nemmeno libero al 100% discograficamente. Infatti ho cambiato team nell’ultimo anno.
Mai avuto paura del feedback del pubblico?
Non ero tranquillissimo. Più sei assente e più hai paura che le persone si dimentichino di te. Avevo fiducia dei seguaci più affezionati, ma quel timore c’è. Adesso cerco di far uscire pezzi frequentemente. La gente è con te se sei presente, se no che ti segue a fare?
Qual è allora il segreto di artisti come Marracash che dopo anni di silenzio si portano a casa il titolo di album più venduto dell’anno?
Beh ma hai preso proprio il re del rap! Credo che tanti anni di carriera ti consolidino. Io non ho ancora finito di seminare per stare tranquillo, per poter svegliarmi un domani e decidere di pubblicare un brano ogni tre anni. Un Jovanotti magari lo può fare, un Bernabei ancora avoja de pasta asciutta quanta ne deve magnà (ride, ndr).
I Grammy saranno senza pubblico, il Festival idem.
Credo che sia molto triste un Sanremo senza pubblico. Capisco la sconsolazione di Amadeus. Purtroppo viviamo una situazione precaria, dobbiamo stare cauti. Effettivamente quella settimana si crea una calca incredibile per le strade.
Da quando il calcio si gioca a porte chiuse, alcuni giocatori hanno ammesso di riuscire ad esprimersi con meno pressione addosso. Regge un paragone con la musica e il difficile palco dell’Ariston?
Potrebbe essere vero. Per assurdo nello sport adesso quando giochi una partita importante sembra quasi un allenamento. Però credo anche che dipenda dal tipo di calciatore, e quindi dal tipo di artista. Un Ronaldo potrebbe dirti di essere meno prestante senza pubblico.
Faresti un Sanremo senza pubblico?
Sarei forse più tranquillo, ma preferisco la folla tutta la vita! Il calore ti gasa come poche cose al mondo.
Ascolta Everest di Alessio Bernabei