Camilla Magli: «Dalla mia malinconia è nato qualcosa di buono. “Club Blu” per me è stato terapeutico»
In occasione dell’uscita del suo EP, abbiamo incontrato Camilla per farci raccontare qualcosa di più sul primo capitolo di un nuovo inizio
Aprire un nuovo capitolo della propria vita non è mai semplice. Il sentimento dominante è sempre la paura, in tutte le sue sfaccettature. Paura di non farcela, paura di sbagliare, paura di non essere capiti, paura di non riuscire a farsi capire. Anche Camilla Magli aveva queste paure, ma stavolta non si è fatta fermare, anzi, le ha usate come motore propulsore della sua scrittura e ne ha tirato fuori Club Blu, il suo nuovo EP uscito oggi. Tra la malinconia di cui la musica di Camilla è figlia e la voglia di spingersi oltre per trovare sempre il meglio, l’abbiamo incontrata in un uggioso pomeriggio di fine settembre per farci raccontare questo primo capitolo della sua seconda vita.
Prima hai detto che in questi anni ti sei fermata perché avevi paura. Qual è stato il clic che ti ha fatto superare questa sensazione e ti ha portata a Club Blu?
È successo tutto grazie alla mia intuizione. Ho sempre saputo quello che volevo fare e soffrivo per il fatto di non riuscirci. Stavo male per non riuscire ad esprimermi e non potevo pensare di continuare a vivere una vita così. Non ero felice, cercavo di soffocare questa cosa ma con metodi sbagliati. Ho fatto uso di psicofarmaci per tanti anni ma non mi guarivano. Tutti questi anni di oppressione hanno fatto crescere l’animale che è in me ed era arrivato il momento di uscire fuori.
A contribuire a questa paura c’è stato anche il fantasma di una sorta di sindrome dell’impostore? Volente o nolente, chi più chi meno, ne siamo tutti sempre un po’ vittime…
Beh sì. Conta poi che io arrivo da un paesino del sud in cui se hai dei desideri diversi da quelli che hanno gli altri, ti puntano un po’ il dito contro. Anzi, a volte sei anche emarginata. Ad un certo punto hanno provato a convincermi che quella potesse non essere la mia strada. Andare a Milano mi ha tanto aiutata, così come mi hanno aiutata i miei amici. Facciamo tutti musica, e loro mi hanno ispirata. Quando vedi gli altri fare come fai a stare ferma? Vuoi fare anche tu. Per questo dico che i miei amici sono la mia famiglia. Qui a Milano ho trovato quello che non avevo in Puglia. Delle persone che credono in me, nel bene e nel male, e che mi facevano finalmente notare i miei pregi. La cosa bella di questo EP è che tutte le persone che hanno contribuito alla sua realizzazione mi hanno sempre spinta a cercare la parte migliore di me.
Su Instagram hai scritto che Club Blu è il contrasto tra la tua malinconia e la tua voglia di andare oltre. Cosa rappresenta per te questo oltre?
Sai, quando sei nel pieno della malinconia tutto ti sembra più grande di te, quindi non riesci a raccontarlo perché ti senti soffocato. Se metti un piede fuori dalle tue emozioni riesci ad avere una visione più lucida e far sì che quegli elementi negativi siano l’inchiostro della penna con cui stai scrivendo i tuoi sentimenti. La mia necessità era quella di tirare fuori tutte le mie emozioni, positive e negative. Dalla mia malinconia è nato qualcosa di buono, Club Blu per me è stato veramente terapeutico.
In effetti ascoltandolo si ha la sensazione che sia un po’ il primo capitolo di una nuova vita, è così?
Assolutamente. So che è un primo piccolo passo, però per me è importantissimo. Credo che si debbano ritenere importanti anche le piccole cose, perché poi sono quelle che ti spingono a migliorare sempre di più.
Quali sono gli ascolti che ti hanno influenzata di più durante la realizzazione di Club Blu? A parte Kanye West, ovviamente!
Ho ascoltato tantissime cose, dai Verdena a Elliott Smith, ma anche Rosalìa. Magari non si sente la sua influenza nelle sonorità dell’EP, ma la sua attitudine, il suo linguaggio e l’immagine che lei ha di sé stessa mi ha ispirata molto. Anche Rihanna. Io ascolto tantissimo pop, mi piace un sacco. È il canale più diretto.
E invece il feat che tieni come sogno nel cassetto?
Ti direi John Lennon, ma… (ride, ndr). Questa cosa dei feat in realtà è strana, perché il desiderio nasce nel momento in cui hai un canale con questa persona e senti delle affinità. Questa cosa è successa con Bresh. Ho ascoltato il suo disco e l’ho sentito molto affine alle mie vibrazioni, quindi desideravo fare un feat con lui. Un giorno lo avevo taggato in una storia poco dopo l’uscita del suo disco e abbiamo iniziato a scriverci, lui mi dice che aveva visto i miei video e che gli piaceva un sacco quello che facevo. A quel punto gli ho mandato i pezzi e dopo dieci minuti mi dice “Kanye West è una bomba”. Ho colto la palla al balzo e gli ho detto “Ma non è che vuoi farci una strofa?”. Da lì è nato tutto. È stato bellissimo anche andare in studio con lui. Tutte queste esperienze poi ti fanno credere ancora di più in quello che stai facendo.
Che poi, per quanto cerchiamo di convincerci del contrario, il riconoscimento dall’esterno è importante
Certo, io faccio musica per essere compresa, altrimenti canterei nella doccia. Io faccio le cose con tanto amore e se alle persone arriva è uno scambio bellissimo. È un po’ come nell’amore. Se ami una persona e non sei ricambiata stai male, se scrivi una canzone e non solo piace a te ma piace anche all’altro, allora stai bene. La musica è un innamoramento.
E invece per quanto riguarda la dimensione live porterai Club Blu in tour?
Io vorrei fare un live tutto suonato con la band. Quando hai persone che stanno facendo musica attorno a te tutto prende forma in un altro modo. All’inizio questa cosa mi metteva molto in soggezione, in acustico sei solo tu con la tua voce rotta. Quello poi è uno scambio ancora più intimo, è davvero un sogno.