Galeffi presenta “Belvedere” tra romanticismo, grande musica francese e un po’ di erotismo smaliziato. L’intervista
Il cantautore romano pubblica oggi il nuovo album in studio, il progetto più lungo finora: dodici tracce che formano una variegata tavolozza di stati d’animo e stili musicali
L’avevamo lasciato con Settebello, album uscito nel pieno della primissima ondata pandemica, a marzo 2020. Tempistica che – come è successo a tutti i suoi colleghi – ha impedito a Galeffi di presentare adeguatamente dal vivo il progetto. Oltre al problema economico, negli ultimi due anni del cantautore è semplicemente successa la vita: avvenimenti ed emozioni che gli hanno dettato il bisogno di una rinascita.
Il risultato è il nuovo album Belvedere, il progetto più lungo realizzato finora. Contiene dodici canzoni che formano una ricca tavolozza di stati d’animo (dal forte romanticismo di Un Sogno e Dolcevita all’erotismo smaliziato di Tua Sorella) e stili musicali (ma con un punto di riferimento centrale: la grande musica francese, sua passione).
Oltretutto, i brani delineano una geografia vastissima, che tende all’infinito: Roma, Milano, Parigi, San Francisco, con incursioni nella storia (Cartagine) e nel mito (Atlantide), fino a perdersi nell’immensità cosmica di Asteroide. Un inconsapevole tentativo di evasione dalla noia e dalle limitazioni degli ultimi due anni, dice lui.
Abbiamo parlato con lui di Belvedere proprio nel giorno del suo trentunesimo compleanno (19 maggio).
Il tuo precedente album Settebello usciva nel pieno del primo lockdown: cosa rappresenta per te questo ritorno “post-Covid”?
Questo disco rappresenta due anni intensi, ovviamente figli del Covid e della delusione di non poter presentare dal vivo Settebello. È stata una bella mazzata, per motivi economici ma anche per l’assenza di quello che pensi di meritarti, ovvero fare concerti sperando che le persone ti restituiscano quell’energia che hai messo nello scrivere canzoni. Questo è il bello del live.
È stato un periodo pieno di avvenimenti: mi sono lasciato dopo sei anni di relazione, mi è morto il cane… La musica mi ha salvato dal buio, come sempre. In Belvedere ci sono canzoni malinconiche e riflessive ma anche momenti di leggerezza. Ne avevo bisogno.
Settebello era prodotto dai Mamakass. Una scelta riconfermata per Belvedere o hai cambiato produttori?
Questo disco è multi-prodotto. Ci sono i Mamakass, ma anche Iacopo Sinigaglia, Tommaso Colliva, Alessandro Forte, Fabio Grande, mio fratello… Durante il Covid, dopo il lockdown, avevo bisogno di non sentirmi più artisticamente “monogamo”. Volevo lavorare con tante persone, avere più energie, punti di vista, contatti. Avevo bisogno di umanità. Per questo Belvedere ha diversi produttori.
In generale per la maggior parte mi sembrano canzoni iper-romantiche, soprattutto nella prima parte dell’album. Come mai?
Non posso negare di essere un romantico. Parlare d’amore in chiave esistenziale, riflessiva, anche filosofica, è una cosa in cui credo di essere credibile e onesto. Poi con l’amore parli della vita. Nel disco ci sono l’amore, il romanticismo, l’esistenzialismo, la solitudine, la paura, la fragilità, anche l’erotismo, la leggerezza, la tematica del sogno, la psichedelia… Unito alla varietà stilistica dei brani, credo sia un disco molto completo.
Trovo molto belle le atmosfere da valzer parigino di Un Sogno. C’è qualche artista francese storico che ami in particolare? O semplicemente trovi evocativo quel tipo di atmosfere?
La Francia è sempre stata nel mio DNA (ho anche dei parenti lì). Sono laureato in cinema, e ovviamente il cinema francese è una cultura a me vicina.
Sono partito scrivendo Dolcevita, che ha sonorità e strumentazione molto french touch. L’abbiamo registrata con questo Juno (storico sintetizzatore della Roland, ndr), che è protagonista della canzone. Un Sogno riprende chiaramente Yann Tiersen e Il favoloso mondo di Amélie, però poi ci sono delle contaminazioni con i Phoenix, perché Dolcevita potrebbe essere un pezzo con quei suoni. Mi piace molto l’Impératrice, gruppo che peraltro si esibirà al MI AMI. C’è qualcosa di Gainsbourg, per esempio in un pezzo come Appassire.
La musica francese mi piace tutta. Se l’Inghilterra è la patria di un certo tipo di musica, subito sotto, in Europa, ci metto Italia e Francia.
In Cinema Fantasia dici: “Nanni Moretti è una parte di me / come i vinili di mio padre”. Mi spieghi questa passione per Moretti?
Adoro il suo cinema, soprattutto i primissimi film, Ecce Bombo su tutti. Mi piace la sua autoironia. Mi rivedo nel suo essere protagonista quasi inconsapevolmente: quel suo essere laterale, angolare, quello che oggi superficialmente viene definito “loser”. Io sono uno a cui piacciono gli angoli della casa, dove sentirsi protetti, nascosti. Al di là del lavoro che faccio, non sono uno a cui piace stare al centro dell’attenzione. Mi piace di più osservare. Moretti è una fonte di ispirazione da anni. Così volevo fare una piccola citazione.
Tua Sorella è un pezzo piuttosto diverso dagli altri, molto malizioso, con tanto di gemiti femminili. Che lato di Galeffi vuoi mostrare con questa canzone?
È una delle ultime canzoni che ho scritto. Durante il lockdown mi sono lasciato dopo tanti anni di fidanzamento, durava da molto prima di Scudetto (suo album d’esordio del 2017, ndr). Così mi sono ritrovato solo in lockdown e ho sperimentato per la prima volta la “leggerezza” sentimentale. Se un disco è anche un diario del periodo in cui lo scrivi, mi piaceva l’idea di lasciare una canzone un po’ diversa per ricordarmi fra vent’anni che ho vissuto anche quella fase.
Il video di Appassire è un omaggio al celebre “rooftop concert” dei Beatles?
Io ho sempre amato i Beatles, anche gli occhialini che porto richiamano uno dei quattro. Abbiamo preparato l’uscita del disco con la voglia di far sentire le canzoni prima che uscissero, prima del solito “link in bio”. Dopo anni chiusi a casa per il Covid, non mi andava di essere così “neutro” nel comunicare. Io e il mio management abbiamo deciso di realizzare questi video en plein air qualche giorno prima dell’uscita sulle piattaforme. Al mattino io semplicemente scrivevo sui social: “Alle ore 18 sarò lì”, senza spiegare altro. Al di là dell’omaggio ai Beatles, l’idea di partenza era far sentire i pezzi prima che uscissero sulle piattaforme.
Come mai proprio Milano fa da sfondo al video di Divano Nostalgia?
Milano è ormai la mia seconda casa. La discografia sta lì. Mi ci sono affezionato, ho tanti amici lì e la conosco bene quasi quanto Roma. Quindi ci piaceva fare un video a Roma e uno a Milano: uno a uno, pareggio.