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Giuliano Dottori: «Siamo ostaggio dei numeri, ecco perché pubblico il mio album solo in vinile e su Bandcamp»

Pur non rifiutando a priori le piattaforme di streaming, il cantautore milanese ha deciso usarle in modo “radiofonico”, facendo uscire un singolo alla volta ma non la totalità del disco. In un suo scritto ci spiega i motivi della scelta

Autore Billboard IT
  • Il30 Marzo 2023
Giuliano Dottori: «Siamo ostaggio dei numeri, ecco perché pubblico il mio album solo in vinile e su Bandcamp»

Giuliano Dottori (foto di Claudio Del Monte)

La Vita nel Frattempo è il nuovo album di Giuliano Dottori, disponibile da ieri (mercoledì 29 marzo) solo in vinile e in download su Bandcamp. Il disco è figlio di quella lentezza che oggi sembra essersi persa in ambito musicale: contiene infatti otto canzoni scritte e prodotte nell’arco di otto anni.

«Credo che il concetto che sta alla base dell’album sia l’accettazione: dei miei limiti, della perdita, della fine di alcune relazioni», spiega il cantautore milanese (ex Amor Fou). «Accettare non significa accontentarsi ma comprendere a un livello profondo perché le cose molto spesso non vanno nella direzione che vorremmo. O, ancora meglio, comprendere che era sbagliata l’aspettativa, non il risultato. Accettare significa soprattutto chiudere i cerchi e ripartire più forte».

Giuliano Dottori ha suonato ogni singola traccia del disco, a parte qualche elemento ritmico. Era l’unico modo per poter ricominciare a fare musica in prima persona, dopo tanti anni passati a produrre dischi per altri.

La Vita nel Frattempo non è disponibile integralmente sulle piattaforme di streaming. Piuttosto, Dottori le sfrutta in senso promozionale, ovvero pubblicando un singolo alla volta, come si farebbe con la radio. Lui stesso ci spiega le ragioni di questa scelta “politica” in uno scritto che pubblichiamo qui di seguito.

Lo streaming secondo Giuliano Dottori

Ti piace lo streaming? A me sì, molto. Tutta la musica nella mia tasca per dieci euro al mese. Posso passare da Miles Davis a Floating Points, da Dimartino a Elodie con un piccolo gesto del pollice. Facile, pulito, veloce.

E se ti dicessi che ogni stream di una canzone riconosce 0,0033 euro all’artista che l’ha scritto o realizzato? Cambierebbe qualcosa nella tua percezione?

Sto provocando, è evidente. Ma io ho un doppio ruolo: da un lato sono un fruitore, dall’altro un artista. E nel secondo caso so bene quanto costa produrre una canzone e di quanto poco si rientra, perlomeno se i numeri su Spotify non sono particolarmente esaltanti.

Più volte ho cercato di capire questo nostro nuovo mondo della musica. L’ho guardato da varie angolazioni: da quella del musicista e da quella del produttore, e poi da quella del discografico e dell’editore. Ogni volta sono giunto alla stessa conclusione: il sistema non sta in piedi. O meglio, sta perfettamente in piedi, ma a scapito di quelli che dovrebbero contare di più, ovvero gli artisti.

In un certo senso, il mondo della musica riflette alla perfezione il mondo in generale, dove i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri fanno fatica ad arrivare a fine mese e la classe media sta lentamente ma inesorabilmente scomparendo.

Io credo che in questo inizio di 2023 tutto questo stia diventando un nervo scoperto: siamo ostaggio dei numeri che facciamo o non facciamo. È giusto?

Le agenzie di booking propongono artisti sventolando i numeri di stream fatti. I promoter da parte loro non vedono l’ora di annunciare l’ennesimo sold out. Persino sul palco dell’Ariston alcuni musicisti vengono presentati in pompa magna con i numeri di follower dei profili social.

Dall’altra parte, però, uno come Guccini decide di pubblicare il nuovo album solo in formato fisico: nonostante ciò, viene certificato disco d’oro. Cesare Cremonini dichiara in un’intervista che per nessun giovane cantautore oggi sarebbe possibile pubblicare una canzone come la sua Poetica perché non farebbe mai numeri abbastanza grandi. Come dire: l’algoritmo risponde molto di più ad altre proposte musicali. Proposte che – aggiungo io – forse più facilmente possono essere catalogate sotto un mood musicale (ad esempio, “musica rilassante per la domenica mattina”) o sotto un’etichetta stilistica di facile comprensione (“pop motivazionale”).

Dunque, di nuovo, è giusto? Lascio la domanda in sospeso.

Ho appena pubblicato il mio nuovo disco, che si intitola La Vita nel Frattempo e che ho iniziato a raccontare qualche mese fa qui e qui. Dopo otto anni di silenzio e molti, forse troppi ragionamenti, ho deciso che voglio provare a usare le piattaforme digitali.

Spotify e compagnia saranno come una radio e – come si fa con le radio – avranno solo i singoli, un po’ alla volta, mese dopo mese. Nel frattempo però tutto il disco sarà disponibile solo in vinile e download digitale su Bandcamp. È una sorta di esperimento sociale: rimettere la musica al centro, tornare a pensare che le canzoni stanno bene dentro un oggetto fisico, capire che solo in questo modo il mondo della musica può tornare a fiorire.

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