Lil Jolie non è più una “Bambina”. L’intervista
La giovane artista di talento si racconta attraverso il suo EP, una riflessione sul crescere e l’inseguire i propri sogni. Domani sarà sul palco del MIAMI festival a Milano
Lil Jolie sta per far uscire il suo primo EP, Bambina, un lavoro che funge da specchio e da album di fotografie. La giovane artista di origini campane racconta, attraverso flussi di coscienza e immagini mentali, le difficoltà della sua adolescenza, la paura di mostrarsi per quello che si è, ma anche l’importanza degli affetti e la gioia che si prova nel crescere. Ora che si trova così lontana da casa, Lil Jolie guarda indietro alla se stessa prima della partenza. Sembra volerla spronare, con la sua musica, a fare quel passo, a prendersi coraggio.
L’EP, Bambina, è un racconto della tua crescita, dei tuoi ultimi anni. Che effetto ti fa vedere tutto riassunto in questo lavoro?
In questi giorni sento un mix di emozioni: prima sono giù, poi sono felice. Mi sento come se stessi partorendo il primo figlio. C’è tanta ansia e aspettative, ma non mi interessano i numeri. Mi basta solo che arrivi il mio messaggio e spero che si senta che mi sono messa a nudo. Ho sofferto per le cose che racconto nell’EP.
Il tuo primo album ha dentro di sé più anime, canzoni dalla matrice urban, altre più rnb e alcune che si rifanno agli anni ’80. Qual è la vera Lil Jolie?
La mia anima è la somma di tutto questo. Nella scrittura di questo album ho ascoltato tanti cantautori italiani che mi hanno ispirato molto. Ma sento anche molta musica contemporanea, e mischiare le due cose ha dato vita a questo lavoro. Parlando di dove sono più me stessa, penso che Tarassaco e lacrime artificiali sia il pezzo più sincero che ho scritto.
A proposito di quel brano, com’è nata la collaborazione con Edonico?
Io ho scritto il pezzo da sola con la chitarra, visualizzando le immagini nella mia testa, di getto. Quando l’ho finito ho pensato che ci volesse la voce angelica di Edonico. Lui mi ha chiesto cosa volevo e gli ho detto solo di seguire il mio viaggio. Secondo me la sua parte si sposa benissimo con il resto, ha colto in pieno quello che volevo dire.
La musica per Lil Jolie: «Siamo complici»
Ti capita spesso di lavorare per immagini?
Sì, assolutamente. In particolare in Tarassaco e lacrime artificiali. Nella prima parte parlo dei papaveri per esempio, perché crescevano nel giardino dei miei nonni. Io ne staccavo lo stelo e lo usavo per disegnarmi sulla pelle. Quell’immagine mi fa stare bene, mi fa sorridere l’anima, ed è stato bello “riguardarla” per questo brano. Inoltre soffro d’ansia, e il tarassaco mi aiuta a calmarmi.
A volte invece lavoro con le sensazioni, annotando cose nelle note del cellulare. Magari me ne dimentico e dopo mesi la rileggo e mi ci ritrovo ancora.
Parlando di appunti e di flussi di coscienza, mi ha colpito l’inizio di Soliloquio. “Da questo disordine cerco l’uscita, è quella di emergenza, musica resti la preferita”. Quanto ti aiuta la musica a mettere in ordine i pensieri?
Non direi proprio metterli in ordine. È come piegare i panni, mentre crei quell’ordine stai producendo allo stesso tempo disordine. È una cosa che mi fa bene, l’unica cosa che mi fa sentire vera al 100%. Senza la musica non so cosa farei, mi ha aiutato tantissimo.
Quindi vedi la musica come terapia?
Sì, ma non uso la musica. Siamo migliori amici secondo me, siamo complici.
Sempre in Soliloquio parli della difficoltà nell’aprirsi veramente con gli altri. Come mai è così difficile comunicare ciò che vorremmo a chi ci sta vicino?
Secondo me perché siamo tutti un po’ codardi. O almeno io. Il problema principale per me è sempre stata la comunicazione. Da quando sono piccola non mi sono mai sentita capita, anche perché vengo da un piccolo paese, dove si giudica molto. Questa è una cosa che mi ha fatto soffrire tanto, era come fossi in un teatro vuoto, per quello il titolo, Soliloquio. Sto parlando però sento solo l’eco delle mie parole, e questo non fa che aumentare la mia ansia, con la mia voce che mi torna indietro.
Il tema della partenza, del dover andare via da quei luoghi e quegli ambienti nel quale non riuscivi a stare bene è presente in più punti di Bambina. In particolare penso a Dove corri? dove parli di certezze mancate. Quali sono state le certezze mancate che ti hanno spinto ad andare via?
Sicuramente il bisogno di esprimermi. Quella è la cosa che più mi ha ferito, non riuscivo ad essere me stessa. Anche se provavo ad esserlo al 20%, mostrando solo un unghia di quella che ero, venivo vista male. E quindi pensavo “figurati se uscisse tutta la mia vera essenza, che cosa succederebbe”. Questa secondo me è la certezza che mi è stata negata, dove sono nata. È stato difficile, come è stato difficile prendere la consapevolezza che, per rincorrere il mio sogno, dovevo scappare.
La fuga ti ha portata qui a Milano. Com’è stata quella prima notte in un nuovo posto, in un nuovo letto, in un nuovo capitolo della tua vita?
Ho realizzato di essere sola, con tutte le mie paure. Prima c’era la mia famiglia, che poteva fare un po’ da palliativo. Ora sono da sola, e quando è successo di stare male, senza avere quel supporto, è stato molto difficile. Però, come dico in Dove corri?, succede a casa, succede a Milano, succederà sempre, quindi puoi solo impegnarti e vivere. Ogni giorno ti scopri, capisci cose di te che prima non sapevi, è un lavoro continuo.
C’è però anche un legame forte che ti ricollega ai quei luoghi, cioè la tua famiglia. Nel brano Bambina per esempio parli del profondo rapporto con tua madre. Come va, ora che c’è questa distanza tra di voi?
Eh adesso… Mamma è sempre la prima che chiamo (sorride, ndr.). Ho bisogno di sentire la sua voce, per stare meglio. Mia madre, come mio padre…è sempre casa.
Le collaborazioni e i progetti futuri
Nel progetto ci sono collaborazioni con Pretty Solero, Carl Brave (SDA), e Ketama126 (Panico). Com’è nato il rapporto con questi artisti romani?
Noi ci siamo conosciuti 4 anni fa, ci siamo trovati e abbiamo legato subito. I feat sono proprio nati da questa amicizia, e lavorare con loro è stato solo divertimento. Anche perché era il mio primo disco e non volevo fare nulla di “costruito”, dal momento che parlo alla parte più sincera di me. Volevo lasciare a loro una parte di me e viceversa.
E invece più vicino a “casa”, fra gli artisti della zona di Napoli e Caserta, c’è qualcuno con cui vorresti collaborare?
Sicuramente i Thru Collected, che secondo me sono la rivelazione dell’anno. Ho visto come lavorano in studio e hanno delle capacità creative assurde.
Tra pochi giorni sarai sul palco del Mi Ami, come ti senti? Cosa vuol dire per te arrivare a suonare lì?
Domani, il 27 maggio (venerdì, primo giorno del festival, ndr.) sarò circondata dai miei amici, ci sono i Thru Collected, Vale (LP, ndr.)… Quindi sono gasata, non vedo veramente l’ora. È una cosa che vedevo a distanza e mi chiedevo come potesse essere. Tutti mi dicono che ha un atmosfera magica, io però non ci sono mai stata. Sarà la mia prima esperienza sia come artista che come spettatrice.
Non mi piace fare i paragoni, ma alcuni ti hanno chiamato la Billie Eilish italiana, tu come reagisci quando senti cose di questo tipo?
Non mi piace essere targhettizzata ed etichettata. Io sono solo un testimone della mia musica, e quando la musica esce non è più mia, è di tutti. Io voglio solo essere me stessa.