Pop

La luce dopo il buio: ecco la “Golden Hour” di Tancredi. L’intervista

L’ex concorrente di “Amici”, dopo un periodo cupo ha ritrovato la serenità in un album che racconta, senza filtri, tutte le sue sfumature

Autore Benedetta Minoliti
  • Il20 Gennaio 2022
La luce dopo il buio: ecco la “Golden Hour” di Tancredi. L’intervista

Tancredi, foto ufficio stampa

Dopo un periodo di tristezza e negatività può sempre esserci una “Golden Hour”. A raccontarlo è Tancredi, nel suo nuovo Ep Golden Hour.

Nel suo nuovo progetto, composto da 8 tracce, il cantante milanese ha voluto raccontare i momenti di buio e di difficoltà, soffermandosi anche sui suoi rapporti personali. Si è così messo a nudo, con il desiderio di raccontare “la verità” ai suoi ascoltatori. Quella che vince sempre e che riesce a farci legare, e appassionare, a ciò che fanno i nostri artisti preferiti.


Abbiamo intervistato Tancredi su Zoom, per parlare del processo creativo di Golden Hour, ma non solo. L’intervista completa sarà disponibile sul prossimo numero del magazine.

Esatto, la serenità è arrivata dopo. Nel processo di lavorazione di Golden Hour c’è tanta tristezza e negatività. Anche per questo ho voluto curare molto la tracklist, perché le prime tracce hanno una concezione più negativa, per poi arrivare pian piano ad alleggerire tutto.


Tancredi
Tancredi, foto ufficio stampa

Da Groovy al Premio Nobel a Bob Dylan

No, errore mio! In realtà risale a un anno fa, solo che con tutte le cose che ho fatto mi sembra passato molto più tempo (ride, ndr.).

L’intro l’ho fatta un paio di settimane fa, quando ho ripreso in mano il pezzo. Il brano è nato nella mia casa in campagna, mentre ero lì con due amici. Mi è arrivata una prima bozza da Federico Nardelli, con solo la prima parte. Ho registrato col microfono scassato che avevo dietro, senza antipop, e ho avuto quel provino fino ad un paio di mesi fa. Quando poi sono tornato a casa mi sono reso conto che era molto pazza la prima parte, proprio fuori da me, un’esagerazione dell’essere artista. Quindi, ho provato a compensare, mettendo anche me come persona. In Groovy infatti il concetto chiave è il dualismo tra l’artista, sicuro di sé, e Tancredi, con tutte le sue debolezze e paure. Alla fine è venuto fuori un brano con una parte un po’ da pazzo e l’altra più introspettiva.

Non mi sono mai chiesto se sia giusto o sbagliato. Credo però che la musica sia una forma d’arte assolutamente equiparabile e complessa allo stesso modo della scrittura narrativa. Le canzoni di Bob Dylan sono delle vere e proprie poesie. Quindi, ti direi un cinquanta e cinquanta (ride, ndr.).

Tancredi: «La cosa più importante è fare musica perché vuoi, non perché devi»

Quando sono uscito durante le prime sessioni in studio avevo una visione “popolare” della musica che volevo fare, ma non in linea con quello che volevo realmente dire. Mi sono detto: “Io alla fine ho deciso di fare musica per sfogarmi, per ritirarmi dalla vita di tutti i giorni e analizzarmi dentro”. Quindi, ho capito che non volevo andare solo verso il pubblico senza essere vero, perché penso che loro vogliano sentire quello che ho da dire davvero, non il contrario.


Sono sempre andato in studio, analizzandomi e parlando di quello che mi girava per la testa. Non voglio palare di cose che non sono affini a me, e penso si senta. Non voglio essere orgoglioso della mia musica per forza, ma a questo giro credo si senta la verità nelle mie canzoni. Ed è questo l’obiettivo che mi sono dato con l’EP: non voglio sfondare il mercato, ma sentirmi soddisfatto e fare qualcosa che mi piacesse veramente.

Penso che in generale non si possa sempre vivere con troppo rigore e pesantezza. Quindi, ci sta il momento riflessivo, ma anche quello spensierato. Io ho sedato i miei demoni e sono più aperto a fare cose leggere, ma l’importante è che siano in linea con la mia persona. Credo che l’importante sia fare musica perché vuoi, non perchè devi. È lì che poi si sbaglia.

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