Dimartino e Colapesce: «Non c’entriamo con l’itpop. Vogliamo disturbare»
Oggi esce I Mortali, l’album di Colapesce e Dimartino per la prima volta insieme che parla di adolescenza, morte, Sicilia. La nostra intervista
Di Dimartino e Colapesce si sente parlare da anni. Già come un duo tra l’altro perché oltre alle loro carriere da cantautori solisti hanno già scritto insieme per Marracash (Bravi a cadere, nell’ultimo album del rapper Persona) e per Levante (Lo stretto necessario in Magmamemoria). Quel che è certo è che non se ne parla abbastanza, perché il loro album in uscita oggi I mortali, è davvero un gioiello. In grado – tra l’altro – di mettere a tacere tutti coloro che pensano che la musica di oggi sia solo trap.
Già abbiamo segnalato la poesia di Luna Araba, singolo uscito a maggio insieme alla loro conterranea siciliana Carmen Consoli. Ad anticipare questo album “itinerante tra Como, Milano, Roma, la Sicilia e le chiamate Skype”, sono già usciti nei mesi scorsi L’ultimo giorno, Adolescenza nera e Rosa e Olindo.
In una videocall che ha triangolato un paese vicino a Siracusa (Colapesce), Palermo (Dimartino) e Milano, abbiamo chiacchierato di adolescenza, Sicilia, itpop e morte. Tutti temi che ritornano nel loro album comune e che hanno trattato senza alcuna banalità.
Facciamo un test: se vi dicessi che il vostro nuovo album contiene un sacco di “mine” e di “bombette” – e lo penso – cosa mi rispondereste?
Dimartino: Che… “Dovrei scrivere un pezzo per Mina”
Colapesce: “Tra sei mesi ti porto a cena”. Sono versi tratti dal primo pezzo Il prossimo semestre dove ironizziamo sui cliché del mondo della discografia (anche ovviamente le mine, ndr). L’ossessione per il pezzo fresh e per venire a vivere a Milano, per esempio. Il brano si rifà a sua volta a Il Merlo di Piero Ciampi dove lui chiede a un merlo di fischiettargli una melodia vincente per avere dei soldi per comprarsi lo champagne.
In un’epoca in cui si fa tutto in call, secondo voi stare a Milano è ancora importante?
Dimartino: Sì, perché è più facile incontrarsi. Vedo un limite alla scrittura a distanza e al telefono.
Colapesce: Io vivo a Milano (a parte in questo momento). A tratti mi piace, a tratti no. Certo, soprattutto perché è comodo per motivi lavorativi.
Anche se vi conoscete da anni che cosa vi ha fatto decidere di realizzare un album assieme proprio in questi mesi?
Colapesce: Non c’è stato un momento preciso ma in questi giorni abbiamo ripensato a quando ci siamo parlati per la prima volta. Era 10 anni fa nella piazza di Mazara del Vallo, dopo aver suonato ufficialmente sul palco ci siamo trovati a suonare insieme nella casbah ed è nata una grande stima reciproca. Sono anni che abbiamo in testa di fare un disco insieme e ora abbiamo trovato l’occasione per farlo.
Il tema dell’adolescenza è centrale in molte canzoni dell’album (Adolescenza nera, L’ultimo giorno, Majorana) e in questo momento pare che ci sia un enorme interesse nel descrivere questo periodo, soprattutto nelle serie TV. Molte sono veramente ben riuscite, penso a SKAM Italia su Netflix per esempio, come mai secondo voi?
C: Sì, anche nelle nostre canzoni soliste ne abbiamo parlato spesso perché è il periodo della vita in cui può capitarti la maggior parte delle cose inaspettate. Quindi la miglior fase di cui poter parlare. Infatti, la mia canzone preferita sull’argomento è Thirteen dei Big Star. Secondo me il mondo teen catapulta in una dimensione di pace anche gli adulti. Da qui si spiega il successo di serie come Stranger Things, Sex Education o Euphoria, dove si parla anche di droga ma non in maniera giudicante, come siamo sempre stati abituati.
D.: A me è piaciuta anche The End of the F***ing World con una colonna sonora strepitosa che può essere stata l’aggancio per tanti adulti. Io non credo però che sia un tema solo recente. C’è da dire però che il racconto di oggi è meno giudicante. E poi gli adolescenti ora stanno prendendo veramente potere! Prendiamo per esempio Greta che semplicemente parla di ciò di cui gli adulti ora non vogliono parlare: il cambiamento climatico. Ora gli adolescenti possono mettersi in contatto tra loro tramite la rete e possono farsi ascoltare.
È la parte della vita in cui ci sente immortali e da qui la sua importanza per il vostro discorso sulla mortalità?
D e C.: Esattamente. Sei all’apice della tua mortalità.
Che cosa è stata per voi l’adolescenza? Un periodo di pace come dicevate?
C. Nooo, ma che scherzi?! C’è una frase in Adolescenza nera che riassume bene il concetto di disagio: “Tutto perfetto nell’essere sbagliato”. E ancora “Adolescenza nera/splendida bufera” nel senso che è tutto meraviglioso nel ricordo ma poi quando la vivi provi dolori assurdi, soprattutto per due come noi che l’hanno trascorsa in paesini piccoli.
D.: Per noi è più facile parlarne adesso. È un pozzo da cui io prendo tantissima ispirazione ora. Credo che ci siano stati pomeriggi dei miei 16 che non valgono una settimana ora da 38enne! Ma anche adesso vedo la mia nipote 16enne che ha sofferto molto più di me per la situazione di lockdown. È stato un trauma per lei: è come se stesse perdendo tutti gli appuntamenti con la vita, rimandati a data da destinarsi. L’ho capita perfettamente.
Quali sono le più grandi differenze tra voi, cantautori contemporanei, e quello che viene definito oggi itpop? Non pensate che una frase come “non è che hai mangiato pollo” in Majorana avrebbero potuta scriverla anche quelli che vengono catalogati sotto questa etichetta?
C: Secondo me non c’è proprio molto che ci accomuna con l’itpop sia a livello di produzione che di testi. In primo luogo, noi controlliamo molto le nostre produzioni e a livello di scrittura non utilizziamo immagini molto rassicuranti. Preferiamo seguire un modello di songwriting più americano dove il testo è fondamentale. Ci piace l’idea di disturbare l’ascoltatore e ci sono proprio tanti versi come quello che hai citato tu. Per esempio “l’inglese che piscia sul mare” o “i bambini che fanno la gara di rutti”. Forse dipende anche dalla diversa fruizione di alcuni prodotti culturali e dal fatto che ci ascolta un pubblico più adulto. Credo che Calcutta o Carl Brave abbiano degli ascoltatori diversi. In realtà con questo disco abbiamo cercato di renderlo più pop e più fruibile possibile. Come avrebbe potuto essere Battiato negli anni ’80 contrapposto a Pupo.
Le citazioni nei suoni di grandi artisti internazionali come Tame Impala e Arcade Fire mi ricordano il lavoro che ha fatto anche Diodato che si è ispirato al brit-pop e Radiohead, alla fine ha vinto il festival di Sanremo e sta andando bene. È arrivato il momento giusto per un certo tipo di cantautori?
D: Credo che stiano finalmente avendo successo cantautori che portano avanti le loro scelte da anni senza seguire logiche commerciali. Per questo alla fine la coerenza e la sincerità pagano. Noi abbiamo avuto la fortuna di produrre dei dischi solo quando avevamo delle cose da dire. Se no, credo che non rimanga niente. Se penso a Come è profondo il mare pare l’ultimo disco, un testamento, e invece non era così.
C. Magari è un percorso più lungo ma la sincerità paga e il pubblico ti segue.
Voi artisti siciliani (musicisti, cantautori, scrittori) avete sicuramente una marcia in più che vi accomuna: una sensibilità e una capacità di racconto unica. Giuseppe Tomasi di Lampedusa però ne Il Gattopardo alla fine degli anni ‘50 diceva che “i siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti, la loro vanità è più forte della loro miseria”. Siete d’accordo?
C.: È ancora attualissimo purtroppo.
D.: Il Gattopardo è uno dei libri più attuali che esistano. Il concetto espresso per cui tutto deve cambiare perché nulla cambi è perfetto per questi tempi. Tomasi di Lampedusa diceva anche che i siciliani non se ne andranno mai dalla loro terra dopo i 20 anni perché si costruisce una crosta attorno a loro. C’è un pessimismo in lui nei confronti dei siciliani che noto anche io. In questo album io e Lorenzo (Lorenzo Urciullo, il vero nome di Colapesce, ndr) abbiamo parlato soprattutto dell’influenza che ha avuto sulla nostra scrittura Gesualdo Bufalino. È lo scrittore che ha raccontato l’isolitudine e che meglio incarna il rapporto con la morte di quest’Isola.
C. È stato uno dei fari del nostro disco per questa visione lucidissima della mortalità, dalla Diceria dell’Untore a La luce e il lutto.
D. Ma anche Vittorini poi: ogni volta che prendo il traghetto per la Sicilia mi viene in mente l’inizio di Conversazioni in Sicilia dove si legge la descrizione di quelli che sbucciano le arance! Gli scrittori siciliani hanno raccontato spesso la Sicilia come un luogo dell’anima, un posto filosofico senza una collocazione precisa.
C: Gli scrittori siciliani hanno un rapporto privilegiato con il racconto della morte. Se pensi a come si chiama anche il traghetto che ti porta in Sicilia: Caronte… (il trasportatore di anime destinate all’inferno, ndr). Lo hanno sempre fatto per rafforzare ancora di più il concetto di vita. Se ci pensi nel pop non si parla mai di morte. Per evitare di vendere troppi dischi abbiamo deciso di farlo (ride, ndr).
Per tornare a un aspetto concreto: anche se il tour ufficiale è stato rimandato farete qualche concerto quest’estate?
Forse in acustico, con poche persone ma davvero stiamo cercando di capire. È davvero ancora tutto troppo complicato.