Jovanotti al Forum: «Sul palco si guarisce e il mio live è una festa contro questi tempi difficili»
Dopo le date di Pesaro, il PalaJova 2025 approda a Milano. «L’AI? La musica ha sempre seguito l’innovazione. L’intelligenza artificiale puoi usarla in modo creativo o farti usare dal lei. Sta lì la differenza»
Foto di Michele Maikid Lugaresi
Sul palco della Vitrifrigo Arena di Pesaro è sembrato a suo agio, come se nulla fosse successo. Eppure, a poche ore della prima all’Unipol Forum di Milano Jovanotti ha ammesso di aver avuto paura: «Prima del debutto ero spaventato. Avevo avuto delle buone sensazioni durante le prove, ma un conto è la sala, un conto è il palco». Lo show che Lorenzo ha preparato per il PalaJova 2025, come vi abbiamo raccontato, è un concerto che da quel punto di vista lo mette davvero alla prova. Essenziale, con un palco vuoto e rimepito solo da un’enorme band di quattordici solisti e dieci giganteschi fiori meccanici sul soffitto.
«Arrivo sempre che il giorno dopo mi devono rimontare, ma concerto dopo concerto, mi rendo conto di stare meglio. Sto riacquistando la memoria motoria artistica perché per due anni ho fatto solo fisioterapia. Il giorno dopo il debutto mi ha scritto Gianna Nannini e mi ha detto: “Sul palco bisogna stare perché sul palco si guarisce”» racconta il cantautore.
Jovanotti definisce questo il suo più bel concerto. Non in senso assoluto, ma la forma migliore che poteva scaturire dal suo presente. «Questo live è quello che mi rappresenta meglio al momento. Vivendo in un tempo di grandi polarizzazioni e nervosisimi, in questa emergenza permanente, abbiamo bisogno di essere forti e vitali». Ma non bisogna farsi ingannare. Questo bisogno d’allegria non è frutto del presente e della guarigione dopo l’incidente. «Avevo progettato questo show, con questa band e questo format prima della caduta in bici. La scenografia stessa non è dipesa dall’infortunio: l’idea dei fiori era già presente, dato che avremmo dovuto debuttare nella primavera del 2024. Avevo fatto già un disegno, ma con il team non sapevamo ancora come realizzarli. L’incidente ha solo posticipato tutto di un anno». Ad ispirarlo anche il diario dell’autrice olandese Etty Hillesum.
La cosa che lo fa stare meglio è la J-band, ispirata da Bruce Springsteen e da Prince. Tutto è suonato dal vivo, anche le parti di elettronica. «Non è un vanto, è un modo per far suonare gli arrangiamenti in maniera più organica. La tecnologia non mi ha mai spaventato. La musica ha seguito sempre le innovazioni, pensate ai sequencer negli anni Ottanta o all’autotune. Kanye West ci ha fatto dei capolavori». E a proposito di tecnologia, l’elemento migliore del suo show è l’utilizzo dell’AI in diretta che sul maxi schermo cambia il suo volto e quello degli spettatori. «L’intelligenza artificiale è una figata. Conta come la si sfrutta. Puoi usarla in maniera creativa o puoi farti usare dal lei. Sta tutta lì la differenza» spiega Jovanotti.
A Milano Jovanotti porta uno anche uno show di meme e cartoon
In un momento specifico della scaletta, quasi sul finire del concerto, c’è il singolo Fuorionda. Nel grande schermo alle spalle di Jovanotti compare tutto il mondo politico, raccontato attraverso i video social più virali. Un po’ come avviene nel ritornello della canzone. «È un modo per esorcizzare. Musk dice che “Chi controlla i meme controlla il mondo” e non ha tutti i torti. In politica non aiutano i più gli endorsement dei personaggi dello spettacolo, ormai sono i politici stessi i personaggi. Non è un giudizio, è una constatazione: oggi è più probabile che un video con i meloni lo faccia un candidato politico piuttosto che un artista».
L’altra grande componente visuale che torna più volte durante i concerti del PalaJova 2025 sono i cartoon. «Per me questo concerto colorato e pieno di rifermenti al mondo dei cartoon d’autore, da Miyazaki ai Muppets, è allegria» rivela Jovanotti. Tra tutti manca la star Topo Gigio, riportata in auge da Lucio Corsi a Sanremo. «Quando ho scritto A te l’avrei voluto nel videoclip. Dopo una lunga telefonata, non è andata in porto. Il motivo è che era un brano troppo intimo. Quando Lucio mi è venuto a trovare a Pesaro, lo conosco da anni, gli ho raccontato che ci avevo pensato anch’io. Un giorno magari mi piacerebbe fare un inedito con Topo Gigio». Ma sì sa, come ha sostiene lo stesso Jova, le canzoni sono premonizioni inconsce. Nascono e vanno dove vogliono loro.