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Studio 54: il leggendario disco-tempio di New York apriva i battenti 44 anni fa

Il 26 aprile del 1977 si tenne nella Grande Mela il gala di inaugurazione di uno dei club più celebri e iconici di sempre, frequentato da tutto il jet set dell’epoca

Autore Andrea Angeli Bufalini
  • Il26 Aprile 2021
Studio 54: il leggendario disco-tempio di New York apriva i battenti 44 anni fa

Lo storico logo dello Studio 54

È il 26 aprile 1977: una sterminata folla è accalcata, marciapiede e strada, davanti al n. 254 della 54th West di Manhattan e il traffico dell’intero block è in tilt. Tutti sono in spasmodica attesa per il gala di inaugurazione di quella che in un baleno diverrà la discoteca più famosa ed iconica, non solo della Grande Mela, ma di tutto il pianeta: lo Studio 54.

La crème de la crème, tra spettacolo, moda, cinema, arte e persino politica, inserita nell’esclusiva lista ad inviti stilata dalla P.R. Carmen D’Alessio, non si sottrarrà allo straordinario evento che sancirà l’inizio di una nuova nightlife-culture proiettata, da quello scorcio del decennio ’70, nel futuro.

L’onore di aprire le danze (e di passare alla storia) spetta al brano Devil’s Gun della band afroamericana C.J. & Co. Fu selezionato per l’occasione dal DJ Richie Kaczor, dominatore della pista da ballo (rigorosamente in parquet!) dall’alto della sua consolle (dove spesso alcuni VIP amavano stazionare).

Diana Ross, Steve Rubell e Richie Kaczor alla consolle dello Studio 54

«Allo Studio 54 mi piace suonare di tutto e quando, per finta, smetto di suonare, la folla urla impazzita» (Richie Kaczor)

Fondato da due illuminati imprenditori statunitensi, Steve Rubell e Ian Schrager, nella sede di un teatro divenuto poi uno studio televisivo, il ‘54’, tempio della imperante disco music, è la quintessenza delle meraviglie. Sfolgorante, sfarzoso, glamour e trasgressivo. La gente escogita per settimane il look adatto per accedere a questa Mecca del ballo e del divertimento. Ma la filosofia del ‘come in’, curata solitamente da Rubell in persona, consiste in una rigidissima e spietata selezione all’ingresso. Non conta il ‘cosa’ o ‘quanto’ indossi, ma ‘come’ lo indossi.

Lo sbarramento all’entrata non risparmia vittime illustri. A Nile Rodgers e Bernard Edwards degli Chic, la notte di San Silvestro del 1977, viene negato l’accesso allo Studio dove sta per esibirsi Grace Jones, perché non risulta il loro nome nella guest-list dell’artista. Furiosi, tornano nell’appartamento di Nile e, tra alcool e stupefacenti, incominciano ad intonare, a colpi di chitarra e basso, invettive contro lo Studio 54 del tipo: “fuck off 54”, fuck them”…., che, trasformate successivamente in Freak Out, Le Freak, C’est Chic, prenderanno la forma del loro mega hit da un milione di copie.

La pista da ballo dello Studio 54 dall’alto

«La chiave del successo dello Studio 54? La dittatura all’ingresso e la democrazia sul dancefloor» (Andy Wharol)

I fortunati eletti che riescono a valicare la soglia dell’agognato club non sono semplici spettatori, ma veri e propri menbri dello spettacolo catapultati sul dancefloor a ballare con disinvoltura accanto alle tante celebrità spesso ‘confuse’ tra la eterogenea folla composta da persone di ogni età, razza, fascia sociale ed orientamento sessuale.

Tutto il jet set dell’epoca si avventura almeno una volta nello Studio 54: i più assidui frequentatori sono, tra gli altri, Diana Ross, Debbie Harry, Andy Wharol, Elizabeth Taylor, Grace Jones, Elio Fiorucci, Liza Minnelli, Michael Jackson, Woody Allen, Cher, una ancora sconosciuta Madonna e Mick Jagger con sua moglie Bianca, la quale in occasione del suo trentaduesimo compleanno fa una memorabile entrata nel locale su un cavallo bianco trasportato a mano da un ballerino senza veli.

Summa degli eccessi, tra droghe, sesso e alcool, l’Olimpo delle discoteche chiude i battenti a soli 33 mesi dall’inaugurazione: i due proprietari vengono arrestati per evasione fiscale e nel controsoffitto del locale vengono scoperti sacchi colmi di banconote e cocaina. La prevedibile riapertura, per circa cinque anni, arriva nel settembre dell’81. Ma non è più lo stesso “Disco Inferno”.

Andrea Angeli Bufalini è giornalista, critico musicale e scrittore e da anni funzionario Rai nel settore radiofonico musicale. Ha realizzato assieme a Giovanni Savastano il prezioso volume bestseller pieno di illustrazioni: La Storia della Disco Music edito da Hoepli, da cui sono tratte le immagini di questo articolo.

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