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“La fine del mondo” di Baby Gang è finalmente l’inizio di una nuova era

All’Unipol Forum il rapper ha dimostrato per l’ennesima volta di non essere solo un artista, ma uno specchio scomodo, impietoso – e per questo necessario – di una generazione che ha solo una “colpa”: volere ciò che il mondo gli ha tolto e volerlo ad ogni costo. E ieri Zaccaria se lo è preso tutto

Autore Greta Valicenti
  • Il15 Dicembre 2024
“La fine del mondo” di Baby Gang è finalmente l’inizio di una nuova era

Baby Gang in concerto all'Unipol Forum a Milano, foto di Virginia Bettoja

Che dimensioni può avere un sogno? Se hai trascorso la maggior parte della tua giovanissima vita passando da una cella all’altra, senza mai “vedere né il mare né il cielo, ma solo galera, galera, galera” e fai parte di una generazione abbandonata e stigmatizzata, il cui solo fatto di esistere pare essere motivo di condanna senza appello, che “tiene solo una mentalité” indotta da un contesto sociale in cui si deve crescere troppo in fretta e in cui sopravvivere è l’unica cosa che conta, e a cui il mondo ha fatto credere che fosse impossibile fantasticare un futuro diverso da quello cui vorrebbe vederla predestinata, un sogno può essere la sola e più importante eccezione al non avere più nulla da perdere.

Baby Gang quel sogno lo ha immaginato per tanto tempo; lo ha atteso, acciuffato per un pelo, gli è scivolato tra le mani e alla fine, dopo una lunga odissea burocratica, lo ha raggiunto: ieri sera il suo primo concerto a Milano è diventato realtà. E quelle due ore trascorse tra le mura dell’Unipol Forum non sono state solo una cascata di affetto sincero verso Zaccaria, forse l’ultimo vero hip hop hero rimasto in questo Paese, ma con pochi dubbi una delle cose più politiche mai viste in Italia negli ultimi anni. Lo sono state perché la politica non è (solo) quella che viene esercitata nelle stanze del potere e quella anti-governo che gli artisti più coraggiosi fanno dai propri palchi. Lo sono state perché Baby Gang non ha bisogno di grandi proclami: la sua stessa esistenza è già politica, la sua parabola ascendente è già politica.

Baby Gang in concerto a Milano: il simbolo di una nuova Italia

Baby Gang non è solo un artista, ma un simbolo potentissimo di una nuova Italia. È uno specchio scomodo, impietoso e necessario di una società che ha fallito con i suoi giovani e che per questo qualcuno vorrebbe frantumare (“La realtà non fa schifo perché c’è Baby Gang, ma c’è Baby Gang perché la realtà fa schifo”, come disse Don Claudio Burgio), “il fottuto virus entrato nel tuo sistema” – per dirla come certi Sabotatori – per svelarne tutte le storture, e il portabandiera più rilevante del riscatto di coloro che come lui hanno una sola “colpa”: volere ciò che un mondo in fiamme – come quello rappresentato all’inizio dello show prima dell’entrata di Zaccaria sulle note di Marocchino sventolando fieramente la bandiera del suo Paese d’origine – gli ha tolto, e volerlo ad ogni costo.

“Oggi è come se è nato qualcuno e morto qualcuno, è come un compleanno per me”, dice Baby Gang durante il suo primo concerto a Milano, e in effetti la sensazione è quella di una rinascita, di una nuova vita dopo aver passato un inferno che non dimentica. Si chiude in una gabbia che si eleva durante Cella 2, come dei flashback compaiono spesso immagini di Baby dietro le sbarre, circondato dalle istituzioni raffigurate con volti animaleschi.

Qualcuno degli adulti presenti per accompagnare i figli adolescenti (“La mia vendetta è che i tuoi figli ascoltano i miei testi, e sognano di diventare quello che detesti”, diceva Marra in tempi non sospetti) potrebbe storcere il naso, ma non c’è da stupirsi: quella rappresentata non è altro che l’unica realtà che Baby Gang ha conosciuto, e la responsabilità è certamente più nostra come collettività che sua come individuo.

La scena riunita per celebrare un traguardo e un nuovo inizio

E come in ogni compleanno che si rispetti tutti sono accorsi per festeggiare. Così come la scena si era riunita nel suo ultimo album, L’angelo del male, allo stesso modo lo ha fatto sul palco dell’Unipol Forum e se spesso le ospitate sembrano più un dovere che altro, questa volta tutti appaiono davvero felici di esserci per celebrare la tanto auspicata (anche se non ancora del tutto finalizzata) libertà di Baby Gang, a cui rivolgono sinceri attestati di affetto.

Ci sono gli amici di sempre, quelli che Zaccaria si è tento sempre a fianco come Neima Ezza, Sacky (“Vedere uno di noi arrivare così in alto, davanti a tutto il mondo, mi ha riempito di orgoglio. Questa esperienza mi ha ricordato perché tutto questo è così importante, è la rivincita di chi viene dalla strada”, ha scritto nelle sue storie), Simba La Rue, J Lord e Il Ghost, con cui si riappacifica sul palco dopo tre anni di lontananza. Ci sono poi Ghali, Sfera Ebbasta, Tedua, Kid Yugi (“Ogni volta che ho cantato Paradiso Artificiale l’ho fatto dicendo Free Baby, oggi è la prima volta che non lo faccio e spero sia così per sempre”), Emis Killa, Geolier Fabri Fibra, Emma e a sorpresa anche Morad, tutti uniti nel sostenere e supportare Baby Gang.

Il finale a sorpresa

Prima che le luci si accendano, però, a Baby resta ancora una cosa da fare: fottere quel sistema da cui troppe volte è stato fottuto. I carabinieri entrano, lo costringono su una sedia, lo incappucciano per tentare di zittirlo e lo coprono con un telo per farlo sparire, ma ormai è troppo tardi per neutralizzarlo: Baby Gang è già lì, in cima agli spalti, in mezzo alla sua gente, libero come solo le anime che vogliono fare la rivoluzione sanno essere. Da quando da bambino dormiva sui treni a un Forum traboccante non è passato troppo tempo ma sono successe tante cose, e La fine del mondo altro non è che un nuovo inizio. Vola Baby, il mondo è tuo.

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